Corte Costituzionale su legge Pinto: è possibile chiedere l’equo indennizzo per la “lentezza” del giudizio anche prima del giudicato

Published On: 9 Maggio 2018Categories: Diritti fondamentali della persona, Tutele, Varie

Con la sentenza numero 88 del 26 aprile 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 89/2001 (Legge Pinto), nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto, qualora sia già maturato l’irragionevole ritardo.
In particolare, la Corte Costituzionale ha rilevato che – nel disporre che la domanda volta all’equo indennizzo possa essere proposta solo dopo il passaggio in giudicato del provvedimento che definisce il giudizio da cui essa scaturisce – il succitato articolo 4 della legge Pinto non offre alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare.
Ed infatti, rinviare alla conclusione del procedimento presupposto l’attivazione dello strumento volto a rimediare alla lesione dell’interesse a veder definite in un tempo ragionevole le istanze di giustizia, significa inevitabilmente sovvertire la ratio per la quale la normativa è stata concepita, connotando di irragionevolezza la disciplina (id est la “prevenzione” e l’indennizzo dei ritardi causati dalla lentezza della giustizia).
Pertanto la Corte censura la succitata disposizione, con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo (articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai principi sanciti negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, precisando al contempo che:
a) da un lato, sarà compito del legislatore provvedere a integrare il testo così modificato, in modo da rendere maggiormente funzionale la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo;
b) dall’altro lato, spetterà ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione.
Sicché in conclusione:
– la domanda di equa riparazione potrà essere proposta anche in pendenza del procedimento presupposto, una volta maturato il ritardo (cfr. anche sentenza Corte Costituzionale numero 3 del 1997);
– l’an e il quantum del risarcimento saranno comunque determinati all’esito del giudizio in cui l’eccessivo ritardo è maturato (cfr. anche sentenza della Corte Costituzionale numero 30 del 2014).

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Corte Costituzionale su legge Pinto: è possibile chiedere l’equo indennizzo per la “lentezza” del giudizio anche prima del giudicato

Published On: 9 Maggio 2018

Con la sentenza numero 88 del 26 aprile 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 89/2001 (Legge Pinto), nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto, qualora sia già maturato l’irragionevole ritardo.
In particolare, la Corte Costituzionale ha rilevato che – nel disporre che la domanda volta all’equo indennizzo possa essere proposta solo dopo il passaggio in giudicato del provvedimento che definisce il giudizio da cui essa scaturisce – il succitato articolo 4 della legge Pinto non offre alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare.
Ed infatti, rinviare alla conclusione del procedimento presupposto l’attivazione dello strumento volto a rimediare alla lesione dell’interesse a veder definite in un tempo ragionevole le istanze di giustizia, significa inevitabilmente sovvertire la ratio per la quale la normativa è stata concepita, connotando di irragionevolezza la disciplina (id est la “prevenzione” e l’indennizzo dei ritardi causati dalla lentezza della giustizia).
Pertanto la Corte censura la succitata disposizione, con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo (articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai principi sanciti negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, precisando al contempo che:
a) da un lato, sarà compito del legislatore provvedere a integrare il testo così modificato, in modo da rendere maggiormente funzionale la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo;
b) dall’altro lato, spetterà ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione.
Sicché in conclusione:
– la domanda di equa riparazione potrà essere proposta anche in pendenza del procedimento presupposto, una volta maturato il ritardo (cfr. anche sentenza Corte Costituzionale numero 3 del 1997);
– l’an e il quantum del risarcimento saranno comunque determinati all’esito del giudizio in cui l’eccessivo ritardo è maturato (cfr. anche sentenza della Corte Costituzionale numero 30 del 2014).

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