Dal solaio al terrazzo, sino all’ordine di demolizione

La Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, con la sentenza del 18 gennaio 2022 numero 51, si è pronunciata sulla legittimità edilizia (o meno) di un terrazzo ricavato dalla realizzazione di un solaio in sopraelevazione ed in estensione di un balcone preesistente.

La vicenda da cui è scaturito il contenzioso

Nella fattispecie esaminata dal TAR Piemonte, un privato aveva acquistato un immobile già dotato d’un terrazzo realizzato dal precedente proprietario.

Quest’ultimo, tuttavia, aveva “ricavato” tale terrazzo, senza richiedere alcun previo titolo edilizio, ampliando il preesistente balcone, con la realizzazione di un solaio in sopraelevazione rispetto al tetto di un fabbricato confinante.

Il Comune, qualificando l’intervento in termini di “ristrutturazione edilizia eseguita in assenza di permesso di costruire”, ha ingiunto al ricorrente l’ordine di demolizione.

I motivi e gli argomenti dedotti in ricorso

L’ordinanza comunale di ingiunzione alla demolizione è stata quindi impugnata dinanzi al TAR Piemonte, deducendosene l’illegittimità – anche per difetto istruttorio e della motivazione, nonché per travisamento dei fatti – in quanto, secondo le tesi di parte ricorrente, il terrazzo non poteva ritenersi frutto di edificazione abusiva (poiché già contemplato negli elaborati grafici storici dello stabile alla stessa quota del suo balcone), la sopraelevazione era riconducibile ad attività di edilizia libera o, al più, alla categoria delle opere soggette alla comunicazione d’inizio lavori ed, in ogni caso, il Comune avrebbe dovuto considerare meritevole di tutela la sua legittima aspettativa al mantenimento dello stato dei luoghi come acquistati.

La decisione del Tribunale Amministrativo Regionale

Le contestazioni di parte ricorrente sono state tutte disattese dal Collegio giudicante, il quale ha ritenuto piuttosto di aderire alle tesi comunali, quanto alla consistenza ed al carico urbanistico ed edilizio dell’intervento realizzato senza titolo abilitativo.

E a fronte di ciò, il Collegio ha ritenuto che tale intervento non potesse essere ricondotto: né alla “attività edilizia libera ex art. 6, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, che contempla «gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio»”, in quanto “l’asserita eliminazione delle barriere architettoniche discenderebbe, in tesi del ricorrente, dall’eliminazione del dislivello tra il balcone e il terrazzo, mentre nel caso di specie il terrazzo è stato costituito ex novo, mediante sopraelevazione del tetto confinante e asportazione della ringhiera del balcone in modo da generare una ulteriore superficie calpestabile a servizio dell’abitazione del ricorrente e, così, alterando la sagoma dell’edificio”; né, parimenti, alle opere di edilizia libera di cui all’art. 6, comma 1, lett. e ter), d.p.r. 380/2001, “poiché, sebbene il vano sottostante il terrazzo è un locale vuoto, l’intervento complessivamente considerato non ha funzione di mera finitura di spazi esterni, bensì di creazione di una ulteriore superficie”; né, infine, agli “interventi residuali subordinati alla comunicazione d’inizio lavori (art. 6 bis d.p.r. 380/2001), ricorrendo nella fattispecie i caratteri tipici della ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), d.p.r. 380/2001 e, più nello specifico, nella ristrutturazione edilizia «pesante» di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, subordinata al rilascio del permesso di costruire…”.

Così argomentando, il Tribunale Amministrativo ha fatto pure propria quella giurisprudenza della Sezione Seconda del Consiglio di Stato del 14 novembre 2019 numero 7829 secondo cui “…«nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso, avvenuta trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, è necessario il permesso di costruire, non essendo realizzabile detta trasformazione tramite semplice s.c.i.a. né tramite comunicazione di inizio lavori ex art. 6, D.P.R. n. 380 del 2001»…”, posto che “…diversamente  dal solaio, la realizzazione di un terrazzo comporta un incremento di carico urbanistico, giacché modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo, rendendolo ontologicamente diverso da quello preesistente e, quindi, rientra nella ristrutturazione edilizia richiedente, ex art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, il rilascio del permesso di costruire (T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 3 luglio 2021, n. 1353; T.A.R. Latina, Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 870)…”.

Quanto poi alla paventata lesione del legittimo affidamento del ricorrente circa la consistenza del bene al momento dell’acquisto, il Giudice Amministrativo, proprio evidenziando la natura e le caratteristiche tipiche del provvedimento demolitorio, ha ritenuto totalmente irrilevante che l’intervento edilizio non fosse stato eseguito dal ricorrente (bensì dai suoi danti causa) e, richiamando una pacifica e consolidata giurisprudenza sul punto, ha statuito che “…l’ordine di demolizione di opere abusive, avendo carattere reale, può essere irrogato, oltre che nei confronti del responsabile, anche nei confronti dell’attuale proprietario del bene estraneo all’abuso (ex multis, tra le ultime, T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 24 novembre 2021, n. 2108; TA.R. Roma, Sez. II, 25 giugno 2021, n. 7654; T.A.R. Cagliari, Sez. I, 21 maggio 2021, n. 362; T.A.R. Potenza, Sez. I, 14 maggio 2021, n. 382)…”.

Infine, il Collegio ha ritenuto infondata anche la censura inerente al difetto di motivazione della misura demolitoria contestata e sulla scorta d’un costante indirizzo giurisprudenziale ha ribadito: “…poiché il provvedimento è rigorosamente vincolato ai presupposti di legge, esso è sufficientemente motivato con la descrizione delle opere abusive e il richiamo alla loro accertata abusività (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4319; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 21 aprile 2021, n. 2531) e non richiede l’esplicazione delle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso, neppure laddove l’ingiunzione intervenga a distanza di tempo dalla sua realizzazione, il titolare attuale non ne sia responsabile e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2021, n. 5704)…”.

Conclusione

Sulla scorta di tali considerazioni, la Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha ricondotto le opere in questione alla categoria tipica della “ristrutturazione edilizia pesante” – quindi, subordinate al rilascio del permesso di costruire, poiché notevolmente incidenti sul carico urbanistico – ed ha considerato “…corretta la misura demolitoria disposta dal Comune ai sensi dell’art. 33, comma 1, d.p.r. 380/2001…”, rigettando il ricorso.

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Dal solaio al terrazzo, sino all’ordine di demolizione

Published On: 14 Febbraio 2022

La Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, con la sentenza del 18 gennaio 2022 numero 51, si è pronunciata sulla legittimità edilizia (o meno) di un terrazzo ricavato dalla realizzazione di un solaio in sopraelevazione ed in estensione di un balcone preesistente.

La vicenda da cui è scaturito il contenzioso

Nella fattispecie esaminata dal TAR Piemonte, un privato aveva acquistato un immobile già dotato d’un terrazzo realizzato dal precedente proprietario.

Quest’ultimo, tuttavia, aveva “ricavato” tale terrazzo, senza richiedere alcun previo titolo edilizio, ampliando il preesistente balcone, con la realizzazione di un solaio in sopraelevazione rispetto al tetto di un fabbricato confinante.

Il Comune, qualificando l’intervento in termini di “ristrutturazione edilizia eseguita in assenza di permesso di costruire”, ha ingiunto al ricorrente l’ordine di demolizione.

I motivi e gli argomenti dedotti in ricorso

L’ordinanza comunale di ingiunzione alla demolizione è stata quindi impugnata dinanzi al TAR Piemonte, deducendosene l’illegittimità – anche per difetto istruttorio e della motivazione, nonché per travisamento dei fatti – in quanto, secondo le tesi di parte ricorrente, il terrazzo non poteva ritenersi frutto di edificazione abusiva (poiché già contemplato negli elaborati grafici storici dello stabile alla stessa quota del suo balcone), la sopraelevazione era riconducibile ad attività di edilizia libera o, al più, alla categoria delle opere soggette alla comunicazione d’inizio lavori ed, in ogni caso, il Comune avrebbe dovuto considerare meritevole di tutela la sua legittima aspettativa al mantenimento dello stato dei luoghi come acquistati.

La decisione del Tribunale Amministrativo Regionale

Le contestazioni di parte ricorrente sono state tutte disattese dal Collegio giudicante, il quale ha ritenuto piuttosto di aderire alle tesi comunali, quanto alla consistenza ed al carico urbanistico ed edilizio dell’intervento realizzato senza titolo abilitativo.

E a fronte di ciò, il Collegio ha ritenuto che tale intervento non potesse essere ricondotto: né alla “attività edilizia libera ex art. 6, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, che contempla «gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio»”, in quanto “l’asserita eliminazione delle barriere architettoniche discenderebbe, in tesi del ricorrente, dall’eliminazione del dislivello tra il balcone e il terrazzo, mentre nel caso di specie il terrazzo è stato costituito ex novo, mediante sopraelevazione del tetto confinante e asportazione della ringhiera del balcone in modo da generare una ulteriore superficie calpestabile a servizio dell’abitazione del ricorrente e, così, alterando la sagoma dell’edificio”; né, parimenti, alle opere di edilizia libera di cui all’art. 6, comma 1, lett. e ter), d.p.r. 380/2001, “poiché, sebbene il vano sottostante il terrazzo è un locale vuoto, l’intervento complessivamente considerato non ha funzione di mera finitura di spazi esterni, bensì di creazione di una ulteriore superficie”; né, infine, agli “interventi residuali subordinati alla comunicazione d’inizio lavori (art. 6 bis d.p.r. 380/2001), ricorrendo nella fattispecie i caratteri tipici della ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), d.p.r. 380/2001 e, più nello specifico, nella ristrutturazione edilizia «pesante» di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, subordinata al rilascio del permesso di costruire…”.

Così argomentando, il Tribunale Amministrativo ha fatto pure propria quella giurisprudenza della Sezione Seconda del Consiglio di Stato del 14 novembre 2019 numero 7829 secondo cui “…«nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso, avvenuta trasformando un solaio di copertura, per cui non è prevista la praticabilità, in terrazzo, è necessario il permesso di costruire, non essendo realizzabile detta trasformazione tramite semplice s.c.i.a. né tramite comunicazione di inizio lavori ex art. 6, D.P.R. n. 380 del 2001»…”, posto che “…diversamente  dal solaio, la realizzazione di un terrazzo comporta un incremento di carico urbanistico, giacché modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo, rendendolo ontologicamente diverso da quello preesistente e, quindi, rientra nella ristrutturazione edilizia richiedente, ex art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001, il rilascio del permesso di costruire (T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 3 luglio 2021, n. 1353; T.A.R. Latina, Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 870)…”.

Quanto poi alla paventata lesione del legittimo affidamento del ricorrente circa la consistenza del bene al momento dell’acquisto, il Giudice Amministrativo, proprio evidenziando la natura e le caratteristiche tipiche del provvedimento demolitorio, ha ritenuto totalmente irrilevante che l’intervento edilizio non fosse stato eseguito dal ricorrente (bensì dai suoi danti causa) e, richiamando una pacifica e consolidata giurisprudenza sul punto, ha statuito che “…l’ordine di demolizione di opere abusive, avendo carattere reale, può essere irrogato, oltre che nei confronti del responsabile, anche nei confronti dell’attuale proprietario del bene estraneo all’abuso (ex multis, tra le ultime, T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 24 novembre 2021, n. 2108; TA.R. Roma, Sez. II, 25 giugno 2021, n. 7654; T.A.R. Cagliari, Sez. I, 21 maggio 2021, n. 362; T.A.R. Potenza, Sez. I, 14 maggio 2021, n. 382)…”.

Infine, il Collegio ha ritenuto infondata anche la censura inerente al difetto di motivazione della misura demolitoria contestata e sulla scorta d’un costante indirizzo giurisprudenziale ha ribadito: “…poiché il provvedimento è rigorosamente vincolato ai presupposti di legge, esso è sufficientemente motivato con la descrizione delle opere abusive e il richiamo alla loro accertata abusività (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4319; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 21 aprile 2021, n. 2531) e non richiede l’esplicazione delle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso, neppure laddove l’ingiunzione intervenga a distanza di tempo dalla sua realizzazione, il titolare attuale non ne sia responsabile e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2021, n. 5704)…”.

Conclusione

Sulla scorta di tali considerazioni, la Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha ricondotto le opere in questione alla categoria tipica della “ristrutturazione edilizia pesante” – quindi, subordinate al rilascio del permesso di costruire, poiché notevolmente incidenti sul carico urbanistico – ed ha considerato “…corretta la misura demolitoria disposta dal Comune ai sensi dell’art. 33, comma 1, d.p.r. 380/2001…”, rigettando il ricorso.

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