Differenza dichiarativa su "gravi illeciti professionali" atipici

Published On: 19 Ottobre 2018Categories: Appalti Pubblici e Concessioni

E’ illegittimo il provvedimento di esclusione che sia disposto da una Stazione appaltante nei confronti della concorrente per la differenza dichiarativa riscontrata tra la prima autodichiarazione sull’inesistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 80, d.lgs. 50/2016, prodotta all’atto della presentazione della domanda di partecipazione e quella successivamente depositata, ai fini della regolarizzazione della documentazione, la quale integrativamente evidenzi una annotazione nel casellario informatico delle imprese presso l’Osservatorio dei contratti pubblici – relativa ad una risoluzione contrattuale, contestata giudizialmente – della quale la concorrente medesima non aveva contezza al momento della prima dichiarazione.
Ciò è quanto ha ritenuto la Prima Sezione interna del TAR Sicilia di Catania la quale, con la decisione del 17 ottobre 2018 n. 1961 – dopo aver aderito all’interpretazione, ormai prevalente presso la giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’elencazione dei gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, co. 5 lett. c) del d.lgs. 50/2016, debba intendersi come meramente esemplificativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955; Consiglio di Stato, parere del 3 novembre 2016, n. 2286; Cons. Stato, sez. V, ord. 3 maggio 2018, n. 2639; TAR Sicilia, 10 novembre 2017, n. 2548; TAR Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; TAR Puglia, sez. III 18 luglio 2017, n. 828; TAR Puglia, sez. stacca di Lecce, sez. III, 22 dicembre 2016 n. 1935; TAR Calabria, sez. I, 19 dicembre 2016, n. 1935) – ha ricostruito l’estensione degli obblighi dichiaratori incombenti sulle concorrenti, in combinato con l’art. 85, co. 1, lett. a), richiamandosi a quanto recentemente affermato dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione del 3 settembre 2018 n. 5136.
Con tale arresto, rammenta il Collegio decidente, si è in particolare rilevato come, seppure “l’ampia previsione del punto 4.2. delle Linee Guida applicabili ratione temporis potrebbe indurre a ritenere che nell’ambito del DGUE il concorrente dovesse auto-dichiarare non solo l’assenza o la sussistenza di gravi illeciti professionali, ma anche qualunque notizia che fosse astrattamente idonea a porre in dubbio l’integrità o affidabilità del concorrente, salva valutazione della stazione appaltante”, in realtà non possa trascurarsi il dato costituito dalla “tendenziale tipizzazione dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione, di cui all’art. 80, comma 5, lett. c)”, risultando di contro “..ragionevole pervenire in via interpretativa, all’affermazione che, al di là del riferimento contenuto nelle Linee Guida (peraltro non vincolanti: cfr. il già citato parere n. 2286/2016) alle “notizie” astrattamente idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, il relativo obbligo dichiarativo si venga comunque a specificare – mediante il rinvio che l’art. 85 fa alla disposizione dell’art. 80 – nel senso che l’operatore economico ha l’obbligo di autocertificare nel DGUE tutti i fatti tipicamente sintomatici della mancanza di integrità od affidabilità (tra cui in particolare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto solo quando “hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”); con il corollario che non ha invece l’obbligo di dichiarare altre “notizie” e ciò perché queste non sono “astrattamente” – cioè secondo il modello legale astratto delineato appunto dall’art. 80, comma 5, lett. c) – idonee allo scopo” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018 n. 5136)…”
Sennonchè, prosegue ancora il Collegio, “…sulla questione la Giurisprudenza, anche del Giudice di seconde cure (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 30/04/2018, n. 252) non è pacifica, tanto da aver determinato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 03/05/2018, n. 2639; Consiglio di Stato, sez. V, 23/08/2018, n. 5033) rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE prospettata per l’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. 50/16, la rilevanza della risoluzione contrattuale dovesse essere ritenuta sussistente nei soli casi in cui non è stata fatta oggetto di impugnazione giudiziale, evenienza qui non in rilievo…”.
Ciò premesso, il Collegio ha quindi ritenuto che nella peculiare vicenda sottoposta al suo esame – nella quale la concorrente, a fronte di un mero fatto (risoluzione contrattuale impugnata, la cui necessaria autodichiarazione è oggetto del rappresentato dibattito giurisprudenziale), una volta acquisita la certezza dell’annotazione (per parte della Giurisprudenza, per come va ribadito, non escludente) si è lealmente premurata di rendere la conseguente dichiarazione – trarre la conclusione che per tale mancata iniziale comunicazione, la concorrente dovesse essere esclusa appare contrario ai principi di lealtà e buona fede che devono caratterizzare il comportamento delle parti nel procedimento amministrativo e che, a parere del Collegio, sono stati invece rispettati dalla ricorrente.
E ciò, anche alla luce di quanto chiarito dal Consiglio di Stato, il quale con la decisione della Terza Sezione del 23 agosto 2018, n. 5040, nell’individuare il rapporto esistente fra le ipotesi espulsive individuate dalle lett. c) e f bis) del comma 5 dell’art. 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha chiarito che “…fermo restando che, da un punta di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera, il discrimen tra le due fattispecie sembra doversi incentrare sull’oggetto della dichiarazione, che assumerà rilievo, ai sensi e per gli effetti di cui alla lett. f-bis), nei soli casi di mancata rappresentazione di circostanze specifiche, facilmente e oggettivamente individuabili e direttamente qualificabili come cause di esclusione a norma della disciplina in commento, ricadendosi altrimenti – alle condizioni previste dalla corrispondete disposizione normativa – nella previsione di cui alla fattispecie prevista al comma 5, lett. c)..:”, rammentando ancora come “…quanto poi alle possibili ricadute si è ulteriormente chiarito in giurisprudenza (cfr. TAR Campania, Sez. IV n. 703 del 2018) che, in alcuni casi, la violazione degli obblighi dichiarativi refluisce nella categoria del cd. illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) che, come noto, annovera, tra le altre, anche la seguente fattispecie “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione“. In siffatta evenienza, l’accertamento del presupposto necessita di una adeguata valutazione e di una congrua motivazione da parte della stazione appaltante.
<<Al contempo, l’art. 80 cit., alla lettera f-bis), prevede che le stazioni appaltanti escludono “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
<<Come evidenziato dal CdS, in sede di parere (numero 02042/2017), licenziato a seguito dell’Adunanza del 14 settembre 2017, la differenza tra le due ipotesi è sostanziale, atteso che, nell’ipotesi di cui al comma 5, lett. c), la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante, mentre nel caso del comma 5, lett. f-bis), l’esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell’operatore economico>>.
Sulla scorta di tali coordinate, pertanto il Collegio ha ritenuto che, anche per effetto del soccorso istruttorio correttamente azionato dalla stazione appaltante, la seconda dichiarazione integrativa resa dalla concorrente, in quanto riferita a una circostanza la cui comunicazione rimane dubbia anche in giurisprudenza, non può concretizzare un’ipotesi di illecito professionale per omessa dichiarazione o per contrasto dichiarativo.

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Differenza dichiarativa su "gravi illeciti professionali" atipici

Published On: 19 Ottobre 2018

E’ illegittimo il provvedimento di esclusione che sia disposto da una Stazione appaltante nei confronti della concorrente per la differenza dichiarativa riscontrata tra la prima autodichiarazione sull’inesistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 80, d.lgs. 50/2016, prodotta all’atto della presentazione della domanda di partecipazione e quella successivamente depositata, ai fini della regolarizzazione della documentazione, la quale integrativamente evidenzi una annotazione nel casellario informatico delle imprese presso l’Osservatorio dei contratti pubblici – relativa ad una risoluzione contrattuale, contestata giudizialmente – della quale la concorrente medesima non aveva contezza al momento della prima dichiarazione.
Ciò è quanto ha ritenuto la Prima Sezione interna del TAR Sicilia di Catania la quale, con la decisione del 17 ottobre 2018 n. 1961 – dopo aver aderito all’interpretazione, ormai prevalente presso la giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’elencazione dei gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, co. 5 lett. c) del d.lgs. 50/2016, debba intendersi come meramente esemplificativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955; Consiglio di Stato, parere del 3 novembre 2016, n. 2286; Cons. Stato, sez. V, ord. 3 maggio 2018, n. 2639; TAR Sicilia, 10 novembre 2017, n. 2548; TAR Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; TAR Puglia, sez. III 18 luglio 2017, n. 828; TAR Puglia, sez. stacca di Lecce, sez. III, 22 dicembre 2016 n. 1935; TAR Calabria, sez. I, 19 dicembre 2016, n. 1935) – ha ricostruito l’estensione degli obblighi dichiaratori incombenti sulle concorrenti, in combinato con l’art. 85, co. 1, lett. a), richiamandosi a quanto recentemente affermato dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione del 3 settembre 2018 n. 5136.
Con tale arresto, rammenta il Collegio decidente, si è in particolare rilevato come, seppure “l’ampia previsione del punto 4.2. delle Linee Guida applicabili ratione temporis potrebbe indurre a ritenere che nell’ambito del DGUE il concorrente dovesse auto-dichiarare non solo l’assenza o la sussistenza di gravi illeciti professionali, ma anche qualunque notizia che fosse astrattamente idonea a porre in dubbio l’integrità o affidabilità del concorrente, salva valutazione della stazione appaltante”, in realtà non possa trascurarsi il dato costituito dalla “tendenziale tipizzazione dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione, di cui all’art. 80, comma 5, lett. c)”, risultando di contro “..ragionevole pervenire in via interpretativa, all’affermazione che, al di là del riferimento contenuto nelle Linee Guida (peraltro non vincolanti: cfr. il già citato parere n. 2286/2016) alle “notizie” astrattamente idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, il relativo obbligo dichiarativo si venga comunque a specificare – mediante il rinvio che l’art. 85 fa alla disposizione dell’art. 80 – nel senso che l’operatore economico ha l’obbligo di autocertificare nel DGUE tutti i fatti tipicamente sintomatici della mancanza di integrità od affidabilità (tra cui in particolare le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto solo quando “hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”); con il corollario che non ha invece l’obbligo di dichiarare altre “notizie” e ciò perché queste non sono “astrattamente” – cioè secondo il modello legale astratto delineato appunto dall’art. 80, comma 5, lett. c) – idonee allo scopo” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018 n. 5136)…”
Sennonchè, prosegue ancora il Collegio, “…sulla questione la Giurisprudenza, anche del Giudice di seconde cure (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 30/04/2018, n. 252) non è pacifica, tanto da aver determinato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 03/05/2018, n. 2639; Consiglio di Stato, sez. V, 23/08/2018, n. 5033) rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE prospettata per l’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. 50/16, la rilevanza della risoluzione contrattuale dovesse essere ritenuta sussistente nei soli casi in cui non è stata fatta oggetto di impugnazione giudiziale, evenienza qui non in rilievo…”.
Ciò premesso, il Collegio ha quindi ritenuto che nella peculiare vicenda sottoposta al suo esame – nella quale la concorrente, a fronte di un mero fatto (risoluzione contrattuale impugnata, la cui necessaria autodichiarazione è oggetto del rappresentato dibattito giurisprudenziale), una volta acquisita la certezza dell’annotazione (per parte della Giurisprudenza, per come va ribadito, non escludente) si è lealmente premurata di rendere la conseguente dichiarazione – trarre la conclusione che per tale mancata iniziale comunicazione, la concorrente dovesse essere esclusa appare contrario ai principi di lealtà e buona fede che devono caratterizzare il comportamento delle parti nel procedimento amministrativo e che, a parere del Collegio, sono stati invece rispettati dalla ricorrente.
E ciò, anche alla luce di quanto chiarito dal Consiglio di Stato, il quale con la decisione della Terza Sezione del 23 agosto 2018, n. 5040, nell’individuare il rapporto esistente fra le ipotesi espulsive individuate dalle lett. c) e f bis) del comma 5 dell’art. 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha chiarito che “…fermo restando che, da un punta di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera, il discrimen tra le due fattispecie sembra doversi incentrare sull’oggetto della dichiarazione, che assumerà rilievo, ai sensi e per gli effetti di cui alla lett. f-bis), nei soli casi di mancata rappresentazione di circostanze specifiche, facilmente e oggettivamente individuabili e direttamente qualificabili come cause di esclusione a norma della disciplina in commento, ricadendosi altrimenti – alle condizioni previste dalla corrispondete disposizione normativa – nella previsione di cui alla fattispecie prevista al comma 5, lett. c)..:”, rammentando ancora come “…quanto poi alle possibili ricadute si è ulteriormente chiarito in giurisprudenza (cfr. TAR Campania, Sez. IV n. 703 del 2018) che, in alcuni casi, la violazione degli obblighi dichiarativi refluisce nella categoria del cd. illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) che, come noto, annovera, tra le altre, anche la seguente fattispecie “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione“. In siffatta evenienza, l’accertamento del presupposto necessita di una adeguata valutazione e di una congrua motivazione da parte della stazione appaltante.
<<Al contempo, l’art. 80 cit., alla lettera f-bis), prevede che le stazioni appaltanti escludono “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
<<Come evidenziato dal CdS, in sede di parere (numero 02042/2017), licenziato a seguito dell’Adunanza del 14 settembre 2017, la differenza tra le due ipotesi è sostanziale, atteso che, nell’ipotesi di cui al comma 5, lett. c), la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante, mentre nel caso del comma 5, lett. f-bis), l’esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell’operatore economico>>.
Sulla scorta di tali coordinate, pertanto il Collegio ha ritenuto che, anche per effetto del soccorso istruttorio correttamente azionato dalla stazione appaltante, la seconda dichiarazione integrativa resa dalla concorrente, in quanto riferita a una circostanza la cui comunicazione rimane dubbia anche in giurisprudenza, non può concretizzare un’ipotesi di illecito professionale per omessa dichiarazione o per contrasto dichiarativo.

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