Doppia conformità urbanistica ai fini della sanatoria

La Corte Costituzionale, con sentenza del 15 luglio numero 125, è tornata nuovamente sul tema della doppia conformità ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

La questione, stavolta, riguardava la legittimità dell’articolo 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), che consente il rilascio della concessione in sanatoria “… quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente”.

La norma regionale, in tal modo, non tiene conto del requisito della “doppia conformità” di cui all’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale, come noto, con riferimento alla tutela dell’uniformità della disciplina urbanistico-edilizia, prevede che il permesso di costruire in sanatoria si possa ottenere a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

La fattispecie da cui trae origine il giudizio di legittimità

Due cittadini hanno impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo di Trento, un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dall’amministrazione comunale in assenza del requisito della c.d. “doppia conformità” .

I ricorrenti, in particolare, con il primo e il secondo motivo di ricorso hanno denunciato a) la carenza dell’istruttoria per incompleta rappresentazione dello stato dei luoghi; b) il mancato rispetto della normativa in materia di distanze; c) la violazione dell’art. 135 della legge prov. Trento n. 1 del 2008, in quanto il permesso di costruire rilasciato, avrebbe sanato un intervento contrastante con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della realizzazione dell’intervento stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

Il Tar ha ritenuto che la cognizione del terzo motivo di ricorso presupponesse l’accertamento incidentale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, per contrasto con il requisito della “doppia conformità” .

Il contenuto dell’Ordinanza di rimessione

Il Giudice a quo, con ordinanza n. 189/2023, ha quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, nella parte in cui consente il rilascio della concessione edilizia in sanatoria “quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente”, dunque, anche in assenza della conformità alle norme urbanistiche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento edilizio (previsto invece dalla c.d. “doppia conformità”).

La questione è stata in particolare sollevata con riferimento all’art. 3 Cost. (sotto il duplice profilo della lesione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza), agli artt. 4 e 8 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige (che subordinano l’esercizio della potestà legislativa delle Province autonome in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe il requisito della cosiddetta “doppia conformità”).

Il Giudice remittente, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, ha rilevato che sebbene la disciplina del cosiddetto accertamento della conformità urbanistica rientri nella materia del “governo del territorio” – delegata alla competenza legislativa delle regioni – “… spetta al legislatore statale la scelta sull’an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l’articolazione e la specificazione di tali disposizioni” (in evidente continuità coi precedenti pronunciamenti della Consulta).

Per tali ragioni, ritenendo che la succitata disposizione sarebbe stata in contrasto sia con l’art. 3 Cost., “sotto il duplice profilo della violazione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza”, sia con il combinato disposto degli articoli 4 e 8 dello Statuto di autonomia della Regione Trentino – Alto Adige/Südtirol, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ove è previsto che “… lo statuto reg. Trentino-Alto Adige, infatti, subordinerebbe la potestà legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe anche il requisito della cosiddetta “doppia conformità” prescritto dall’art. 36 t.u. edilizia…”.

La posizione della Provincia (contraria a quella del Giudice a quo e favorevole alla legittimità della norma)

Avviato il giudizio di legittimità costituzionale, è intervenuta la Provincia autonoma di Trento, rilevando come la disposizione censurata avrebbe dovuto essere ricondotta alla propria competenza legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori (art. 8, numero 5, statuto reg. Trentino-Alto Adige), la quale “… implica necessariamente la possibilità […] di prevedere discipline differenziate volte ad adeguare gli istituti dell’ordinamento statale alla realtà del contesto provinciale nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”.

Ciò che ha consentito alla stessa, attraverso l’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, di disciplinare le ipotesi di abusi edilizi caratterizzati da una minore gravità “… in quanto contrastanti con la disciplina urbanistica solo al momento della realizzazione dell’opera, assicurando comunque l’efficacia deterrente delle sanzioni pecuniarie (per cui si prevede una maggiorazione del venti per cento)…”.

Con ciò, la Provincia, ha sostenuto che la disposizione censurata, consentendo la conservazione dell’opera abusiva conforme, sul presupposto che l’abuso non comporta un’alterazione dell’ordinato assetto del territorio risultante dalla pianificazione attuale, “… non dovrebbe essere vista come un’interpretazione estensiva della disciplina contenuta attualmente nell’articolo 36 del t.u. edilizia fino a farvi rientrare ipotesi nelle quali non sussiste la doppia conformità, bensì come la disciplina di una fattispecie diversa che, coerentemente con i principi del sistema, legittima solo per il futuro (a differenza della concessione in sanatoria che sana ora per allora) e solo con effetti amministrativi, la presenza di opere che, una volta demolite, potrebbero essere ricostruite in modo identico…”.

Secondo la Provincia, infatti, sarebbe stata la “maggiore gravità del problema dell’abusivismo edilizio in altre regioni d’Italia (fino a 50,4 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate)” ad aver reso necessaria la previsione a livello statale di “strumenti di contrasto e prevenzione particolarmente severi”, tra i quali l’introduzione del “requisito della doppia conformità” che, secondo le deduzioni dell’interveniente, in un contesto quale quello provinciale non risulta essere necessario.

Pertanto, la disposizione censurata avrebbe assicurato il ragionevole contemperamento tra i diversi interessi in gioco, nel rispetto dei principi di idoneità, necessità e proporzionalità.

La decisione della Consulta

La Corte con la decisione in rassegna ha, preliminarmente, rilevato che la disposizione provinciale censurata, “… oltre ad aver costituito il presupposto per il rilascio della concessione in sanatoria, è stata oggetto anche di una specifica censura da parte dei ricorrenti, i quali ne hanno contestato l’applicazione da parte dell’amministrazione…”, ciò che quindi risulta essere sufficiente a dimostrare la sicura rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della definizione del giudizio a quo.

Quanto alla motivazione dell’ordinanza di rimessione, secondo la Consulta essa “… ha fatto adeguato riferimento ai principali orientamenti della giurisprudenza costituzionale relativi al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, richiamando anche quelle pronunce che si sono occupate di legislazioni in sanatoria adottate da regioni a statuto speciale (sentenza n. 232 del 2017)…”, ritenendone dunque la sua ammissibilità.

Nel merito, la Consulta ha ritenuto le questioni fondate per violazione degli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, evidenziando come sia necessario “… ai fini della “regolarizzazione” delle opere realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, «l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni “durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza” (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018 e n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio» (così, da ultimo, sentenza n. 93 del 2023)”.

Ciò, chiarendo che “…il principio della cosiddetta “doppia conformità”, «nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria, riveste importanza cruciale nella disciplina edilizia e, in quanto riconducibile alle norme fondamentali di riforma economico-sociale», vincola anche la potestà legislativa di regioni ad autonomia speciale a cui sia riconosciuta, a livello statutario, una competenza primaria in materia urbanistica (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2017)”.

La competenza legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» – continua la Consulta – deve essere esercitata proprio ai sensi dell’art. 4 dello Statuto Regionale “..in armonia con «i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e nel rispetto «delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica..”. 

Pertanto, la norma censurata, derogando al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, si pone in contrasto con l’articolo 36 del Testo Unico Edilizia che, invece, al comma 1, consente il rilascio della concessione in sanatoria “se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda…”.

Tale ultima disposizione infatti, continua la Consulta, mira ad assicurare sull’intero territorio nazionale “… l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali possono essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi: ciò, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia e, quindi, indipendentemente dalla concreta estensione del fenomeno dell’abusivismo nei singoli contesti territoriali. Pertanto, non può assumere alcun rilievo, ai fini della concreta applicazione del requisito della cosiddetta “doppia conformità”, il fatto che, nel territorio provinciale, l’abusivismo edilizio sarebbe di dimensioni «contenute», soprattutto se comparato con altre realtà regionali…”.

Sicchè, il requisito della c.d. doppia conformità deve trovare applicazione in tutte le regioni, indifferentemente dal fatto che si tratti di regioni a statuto ordinario o a statuto speciale.

In conclusione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008 per contrasto con gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, ritenendo assorbite le questioni sollevate in riferimento all’art. 3 Cost.

Il richiamo al decreto legge 69 del 2024 (c.d. Decreto Salva Casa)

La Corte infine, ha ritenuto che non incide sulla questione in esame la sopravvenuta vigenza dell’art. 1 del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), osservando che: a) la sua conversione é ancora pendente; b) tale intervento non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformita'”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità; c) in ogni caso tale decreto é sopravvenuto, sicché esso non si applica alla fattispecie sottoposta all’attenzione del rimettente, che quindi non ne deve fare applicazione.

Al riguardo, la Consulta ha ribadito che è compito dello Stato stabilire “… a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della cosiddetta “doppia conformità” debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi limitazioni alla sua concreta operatività”.

Sicchè, a tale disciplina statale, secondo la Consulta, “… dovranno conformarsi tanto le regioni a statuto ordinario, quanto le regioni a statuto speciale nell’esercizio delle rispettive competenze legislative: il che non avviene in relazione alla disposizione provinciale censurata, la quale deroga in via generalizzata al requisito della cosiddetta “doppia conformità”…”.

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Doppia conformità urbanistica ai fini della sanatoria

Published On: 19 Luglio 2024

La Corte Costituzionale, con sentenza del 15 luglio numero 125, è tornata nuovamente sul tema della doppia conformità ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

La questione, stavolta, riguardava la legittimità dell’articolo 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), che consente il rilascio della concessione in sanatoria “… quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente”.

La norma regionale, in tal modo, non tiene conto del requisito della “doppia conformità” di cui all’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale, come noto, con riferimento alla tutela dell’uniformità della disciplina urbanistico-edilizia, prevede che il permesso di costruire in sanatoria si possa ottenere a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

La fattispecie da cui trae origine il giudizio di legittimità

Due cittadini hanno impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo di Trento, un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dall’amministrazione comunale in assenza del requisito della c.d. “doppia conformità” .

I ricorrenti, in particolare, con il primo e il secondo motivo di ricorso hanno denunciato a) la carenza dell’istruttoria per incompleta rappresentazione dello stato dei luoghi; b) il mancato rispetto della normativa in materia di distanze; c) la violazione dell’art. 135 della legge prov. Trento n. 1 del 2008, in quanto il permesso di costruire rilasciato, avrebbe sanato un intervento contrastante con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della realizzazione dell’intervento stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

Il Tar ha ritenuto che la cognizione del terzo motivo di ricorso presupponesse l’accertamento incidentale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, per contrasto con il requisito della “doppia conformità” .

Il contenuto dell’Ordinanza di rimessione

Il Giudice a quo, con ordinanza n. 189/2023, ha quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, nella parte in cui consente il rilascio della concessione edilizia in sanatoria “quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente”, dunque, anche in assenza della conformità alle norme urbanistiche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento edilizio (previsto invece dalla c.d. “doppia conformità”).

La questione è stata in particolare sollevata con riferimento all’art. 3 Cost. (sotto il duplice profilo della lesione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza), agli artt. 4 e 8 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige (che subordinano l’esercizio della potestà legislativa delle Province autonome in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe il requisito della cosiddetta “doppia conformità”).

Il Giudice remittente, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, ha rilevato che sebbene la disciplina del cosiddetto accertamento della conformità urbanistica rientri nella materia del “governo del territorio” – delegata alla competenza legislativa delle regioni – “… spetta al legislatore statale la scelta sull’an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l’articolazione e la specificazione di tali disposizioni” (in evidente continuità coi precedenti pronunciamenti della Consulta).

Per tali ragioni, ritenendo che la succitata disposizione sarebbe stata in contrasto sia con l’art. 3 Cost., “sotto il duplice profilo della violazione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza”, sia con il combinato disposto degli articoli 4 e 8 dello Statuto di autonomia della Regione Trentino – Alto Adige/Südtirol, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ove è previsto che “… lo statuto reg. Trentino-Alto Adige, infatti, subordinerebbe la potestà legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe anche il requisito della cosiddetta “doppia conformità” prescritto dall’art. 36 t.u. edilizia…”.

La posizione della Provincia (contraria a quella del Giudice a quo e favorevole alla legittimità della norma)

Avviato il giudizio di legittimità costituzionale, è intervenuta la Provincia autonoma di Trento, rilevando come la disposizione censurata avrebbe dovuto essere ricondotta alla propria competenza legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori (art. 8, numero 5, statuto reg. Trentino-Alto Adige), la quale “… implica necessariamente la possibilità […] di prevedere discipline differenziate volte ad adeguare gli istituti dell’ordinamento statale alla realtà del contesto provinciale nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”.

Ciò che ha consentito alla stessa, attraverso l’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, di disciplinare le ipotesi di abusi edilizi caratterizzati da una minore gravità “… in quanto contrastanti con la disciplina urbanistica solo al momento della realizzazione dell’opera, assicurando comunque l’efficacia deterrente delle sanzioni pecuniarie (per cui si prevede una maggiorazione del venti per cento)…”.

Con ciò, la Provincia, ha sostenuto che la disposizione censurata, consentendo la conservazione dell’opera abusiva conforme, sul presupposto che l’abuso non comporta un’alterazione dell’ordinato assetto del territorio risultante dalla pianificazione attuale, “… non dovrebbe essere vista come un’interpretazione estensiva della disciplina contenuta attualmente nell’articolo 36 del t.u. edilizia fino a farvi rientrare ipotesi nelle quali non sussiste la doppia conformità, bensì come la disciplina di una fattispecie diversa che, coerentemente con i principi del sistema, legittima solo per il futuro (a differenza della concessione in sanatoria che sana ora per allora) e solo con effetti amministrativi, la presenza di opere che, una volta demolite, potrebbero essere ricostruite in modo identico…”.

Secondo la Provincia, infatti, sarebbe stata la “maggiore gravità del problema dell’abusivismo edilizio in altre regioni d’Italia (fino a 50,4 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate)” ad aver reso necessaria la previsione a livello statale di “strumenti di contrasto e prevenzione particolarmente severi”, tra i quali l’introduzione del “requisito della doppia conformità” che, secondo le deduzioni dell’interveniente, in un contesto quale quello provinciale non risulta essere necessario.

Pertanto, la disposizione censurata avrebbe assicurato il ragionevole contemperamento tra i diversi interessi in gioco, nel rispetto dei principi di idoneità, necessità e proporzionalità.

La decisione della Consulta

La Corte con la decisione in rassegna ha, preliminarmente, rilevato che la disposizione provinciale censurata, “… oltre ad aver costituito il presupposto per il rilascio della concessione in sanatoria, è stata oggetto anche di una specifica censura da parte dei ricorrenti, i quali ne hanno contestato l’applicazione da parte dell’amministrazione…”, ciò che quindi risulta essere sufficiente a dimostrare la sicura rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della definizione del giudizio a quo.

Quanto alla motivazione dell’ordinanza di rimessione, secondo la Consulta essa “… ha fatto adeguato riferimento ai principali orientamenti della giurisprudenza costituzionale relativi al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, richiamando anche quelle pronunce che si sono occupate di legislazioni in sanatoria adottate da regioni a statuto speciale (sentenza n. 232 del 2017)…”, ritenendone dunque la sua ammissibilità.

Nel merito, la Consulta ha ritenuto le questioni fondate per violazione degli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, evidenziando come sia necessario “… ai fini della “regolarizzazione” delle opere realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, «l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni “durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza” (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018 e n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio» (così, da ultimo, sentenza n. 93 del 2023)”.

Ciò, chiarendo che “…il principio della cosiddetta “doppia conformità”, «nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria, riveste importanza cruciale nella disciplina edilizia e, in quanto riconducibile alle norme fondamentali di riforma economico-sociale», vincola anche la potestà legislativa di regioni ad autonomia speciale a cui sia riconosciuta, a livello statutario, una competenza primaria in materia urbanistica (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2017)”.

La competenza legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» – continua la Consulta – deve essere esercitata proprio ai sensi dell’art. 4 dello Statuto Regionale “..in armonia con «i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e nel rispetto «delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica..”. 

Pertanto, la norma censurata, derogando al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, si pone in contrasto con l’articolo 36 del Testo Unico Edilizia che, invece, al comma 1, consente il rilascio della concessione in sanatoria “se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda…”.

Tale ultima disposizione infatti, continua la Consulta, mira ad assicurare sull’intero territorio nazionale “… l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali possono essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi: ciò, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia e, quindi, indipendentemente dalla concreta estensione del fenomeno dell’abusivismo nei singoli contesti territoriali. Pertanto, non può assumere alcun rilievo, ai fini della concreta applicazione del requisito della cosiddetta “doppia conformità”, il fatto che, nel territorio provinciale, l’abusivismo edilizio sarebbe di dimensioni «contenute», soprattutto se comparato con altre realtà regionali…”.

Sicchè, il requisito della c.d. doppia conformità deve trovare applicazione in tutte le regioni, indifferentemente dal fatto che si tratti di regioni a statuto ordinario o a statuto speciale.

In conclusione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008 per contrasto con gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, ritenendo assorbite le questioni sollevate in riferimento all’art. 3 Cost.

Il richiamo al decreto legge 69 del 2024 (c.d. Decreto Salva Casa)

La Corte infine, ha ritenuto che non incide sulla questione in esame la sopravvenuta vigenza dell’art. 1 del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), osservando che: a) la sua conversione é ancora pendente; b) tale intervento non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformita'”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità; c) in ogni caso tale decreto é sopravvenuto, sicché esso non si applica alla fattispecie sottoposta all’attenzione del rimettente, che quindi non ne deve fare applicazione.

Al riguardo, la Consulta ha ribadito che è compito dello Stato stabilire “… a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della cosiddetta “doppia conformità” debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi limitazioni alla sua concreta operatività”.

Sicchè, a tale disciplina statale, secondo la Consulta, “… dovranno conformarsi tanto le regioni a statuto ordinario, quanto le regioni a statuto speciale nell’esercizio delle rispettive competenze legislative: il che non avviene in relazione alla disposizione provinciale censurata, la quale deroga in via generalizzata al requisito della cosiddetta “doppia conformità”…”.

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