La Corte Costituzionale dichiara illegittimo l'automatismo della revoca della patente in mancanza di aggravanti

Published On: 6 Maggio 2019Categories: Tutele, Varie

La Corte Costituzionale con la sentenza del 19 febbraio 2019 numero 88, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell’articolo 222 del Codice della strada, nella parte in cui non prevede che in caso di condanna per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli articoli 589-bis e 590-bis.

Da un lato, il rimettente Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento all’articolo 3, al secondo comma dell’articolo 25 e all’articolo 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-quater del codice penale, nella parte in cui prevede, in caso di omicidio stradale (art. 589-bis), il divieto di prevalenza e di equivalenza dell’attenuante speciale di cui al settimo comma di tale ultima disposizione, secondo cui “qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole la pena è diminuita fino alla metà“.
Secondo quest’ultimo giudice, tale norma condurrebbe ad un trattamento sanzionatorio di per sé irragionevole e sproporzionato, poiché il giudice – non potendo procedere ad un giudizio di prevalenza o di equivalenza della circostanza attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis del codice penale – sarebbe costretto ad applicare una pena minima di otto anni sulla quale operare la riduzione della circostanza attenuante, così da dover comminare la pena minima di quattro anni di reclusione, mentre, se tale divieto non operasse, ove l’attenuante fosse ritenuta prevalente sull’aggravante, potrebbe irrogare la pena minima di un anno di reclusione; ciò si porrebbe in contrasto anche con il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della pena, trattandosi di pena percepita come ingiusta dal reo.
In secondo luogo, anche il Tribunale di Torino, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 590-quater del codice penale, negli stessi termini, denunciando la sospetta violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione.
Tale ultimo Tribunale ha però ritenuto anche che i commi 2 e 3-ter dell’articolo 22 del Codice della strada – nella parte in cui prevedono che, in caso di condanna per il reato di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime, rispettivamente la revoca della patente di guida (comma 2) e l’impossibilità di conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca (comma 3-ter) – contrastino con l’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza, in quanto sottopone alla medesima sanzione accessoria della revoca della patente situazioni, la cui diversità emerge dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali, graduate in funzione del diverso disvalore sociale, ponendo sullo stesso piano tutte le ipotesi di lesioni gravi o gravissime (art. 590-bis del codice penale) e di omicidio stradale (art. 589-bis del codice penale).
Dopo aver dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza, la questione avente ad oggetto l’art. 222, comma 3-ter del Codice della strada, la Corte ha dichiarato altresì non fondate le censure relative all’articolo 590-quater del codice penale.
La Consulta preliminarmente ha ricostruito il quadro normativo, che prevede plurime ipotesi di divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti cosiddette privilegiate e circostanze attenuanti, rilevando come la disposizione censurata segni “un marcato irrigidimento della disciplina di contrasto di tali condotte lesive del bene della vita e dell’integrità fisica delle persone”.
La Corte ha proseguito, ripercorrendo le tappe dell’evoluzione legislativa, culminate con l’introduzione dei delitti di “omicidio stradale” (art. 589 bis codice penale) e “lesioni personali stradali gravi o gravissime” (art. 590 bis codice penale), fattispecie delittuose autonome accompagnate da plurime aggravanti “privilegiate” in quanto presidiate dalla clausola di esclusione della comparazione con le attenuanti (art. 590-quater codice penale); inoltre e al fine di mitigare il rigore della risposta sanzionatoria, il legislatore ha previsto, al settimo comma sia dell’art. 589-bis che dell’art. 590-bis del codice penale, “un’inedita attenuante ad effetto speciale del tutto particolare perché attiene all’efficienza causale e che vale – in via eccezionale – a derogare al principio dell’equivalenza delle concause (art. 41 c.p.)”.
Ciò posto, le questioni sono state dichiarate infondate poiché ad avviso della Corte, il censurato divieto di bilanciamento rientra “nell’ambito dell’esercizio non irragionevole della discrezionalità del legislatore che ha ritenuto, secondo una non sindacabile opzione politica in materia penale, di contrastare in modo più energico condotte gravemente lesive dell’incolumità delle persone, che negli ultimi anni hanno creato diffuso allarme sociale” e dunque “quando ricorrono particolari esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, quale il diritto fondamentale e personalissimo alla vita e all’integrità fisica, ben può il legislatore dare un diverso ordine al gioco delle circostanze richiedendo che vada calcolato prima l’aggravamento di pena di particolari circostanze”.
La Consulta ha invece dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’articolo 222 del Codice della strada.
La Corte, operando una ricostruzione della vigente normativa, ha ricordato che: a) ai sensi del primo comma dell’articolo 222 del Codice della strada, se da una violazione delle norme del codice stesso derivano danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente; b) ai sensi del secondo comma, quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente oscilla tra i quindici giorni e i tre mesi, mentre se la lesione personale colposa è grave o gravissima la sospensione della patente può giungere sino ai due anni; c) nel caso di omicidio colposo la sospensione è innalzata sino a quattro anni.
Il quarto periodo – riformulato dalla legge numero 41 del 2016 e oggetto di censura – prevede che in caso di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime consegue sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa la sospensione condizionale della pena; la Corte ha dunque censurato il prevedere indefettibilmente la medesima sanzione amministrativa – la revoca della patente di guida – a fronte di condotte che hanno un differente disvalore, pienamente rispecchiato dalla diversità della comminatoria edittale.
Nell’articolo 222 del Codice della strada invero, l’automatismo della risposta sanzionatoria può essere giustificato solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis che dall’articolo 590-bis codice penale – ossia porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589-bis sia dell’art. 590-bis o sotto l’effetto di stupefacenti; la Consulta ha sottolineato “al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa”.
In ipotesi simili pertanto, l’automatismo imposto dalla norma censurata deve cedere il passo al giudizio individualizzante del giudice, il quale “deve poter valutare le circostanze del caso ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in luogo della revoca della patente, la sospensione della stessa come previsto – e nei limiti fissati – dal secondo e dal terzo periodo del comma 2 dell’art. 222 cod. strada”.
Tale disposizione pertanto, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima e il giudice, secondo la gravità della condotta dell’agente e tenendo conto degli articoli 218 e 219 del Codice della strada, può disporre sia la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida sia quella della sospensione della stessa.

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La Corte Costituzionale dichiara illegittimo l'automatismo della revoca della patente in mancanza di aggravanti

Published On: 6 Maggio 2019

La Corte Costituzionale con la sentenza del 19 febbraio 2019 numero 88, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell’articolo 222 del Codice della strada, nella parte in cui non prevede che in caso di condanna per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli articoli 589-bis e 590-bis.

Da un lato, il rimettente Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento all’articolo 3, al secondo comma dell’articolo 25 e all’articolo 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-quater del codice penale, nella parte in cui prevede, in caso di omicidio stradale (art. 589-bis), il divieto di prevalenza e di equivalenza dell’attenuante speciale di cui al settimo comma di tale ultima disposizione, secondo cui “qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole la pena è diminuita fino alla metà“.
Secondo quest’ultimo giudice, tale norma condurrebbe ad un trattamento sanzionatorio di per sé irragionevole e sproporzionato, poiché il giudice – non potendo procedere ad un giudizio di prevalenza o di equivalenza della circostanza attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis del codice penale – sarebbe costretto ad applicare una pena minima di otto anni sulla quale operare la riduzione della circostanza attenuante, così da dover comminare la pena minima di quattro anni di reclusione, mentre, se tale divieto non operasse, ove l’attenuante fosse ritenuta prevalente sull’aggravante, potrebbe irrogare la pena minima di un anno di reclusione; ciò si porrebbe in contrasto anche con il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della pena, trattandosi di pena percepita come ingiusta dal reo.
In secondo luogo, anche il Tribunale di Torino, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 590-quater del codice penale, negli stessi termini, denunciando la sospetta violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione.
Tale ultimo Tribunale ha però ritenuto anche che i commi 2 e 3-ter dell’articolo 22 del Codice della strada – nella parte in cui prevedono che, in caso di condanna per il reato di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime, rispettivamente la revoca della patente di guida (comma 2) e l’impossibilità di conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca (comma 3-ter) – contrastino con l’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza, in quanto sottopone alla medesima sanzione accessoria della revoca della patente situazioni, la cui diversità emerge dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali, graduate in funzione del diverso disvalore sociale, ponendo sullo stesso piano tutte le ipotesi di lesioni gravi o gravissime (art. 590-bis del codice penale) e di omicidio stradale (art. 589-bis del codice penale).
Dopo aver dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza, la questione avente ad oggetto l’art. 222, comma 3-ter del Codice della strada, la Corte ha dichiarato altresì non fondate le censure relative all’articolo 590-quater del codice penale.
La Consulta preliminarmente ha ricostruito il quadro normativo, che prevede plurime ipotesi di divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti cosiddette privilegiate e circostanze attenuanti, rilevando come la disposizione censurata segni “un marcato irrigidimento della disciplina di contrasto di tali condotte lesive del bene della vita e dell’integrità fisica delle persone”.
La Corte ha proseguito, ripercorrendo le tappe dell’evoluzione legislativa, culminate con l’introduzione dei delitti di “omicidio stradale” (art. 589 bis codice penale) e “lesioni personali stradali gravi o gravissime” (art. 590 bis codice penale), fattispecie delittuose autonome accompagnate da plurime aggravanti “privilegiate” in quanto presidiate dalla clausola di esclusione della comparazione con le attenuanti (art. 590-quater codice penale); inoltre e al fine di mitigare il rigore della risposta sanzionatoria, il legislatore ha previsto, al settimo comma sia dell’art. 589-bis che dell’art. 590-bis del codice penale, “un’inedita attenuante ad effetto speciale del tutto particolare perché attiene all’efficienza causale e che vale – in via eccezionale – a derogare al principio dell’equivalenza delle concause (art. 41 c.p.)”.
Ciò posto, le questioni sono state dichiarate infondate poiché ad avviso della Corte, il censurato divieto di bilanciamento rientra “nell’ambito dell’esercizio non irragionevole della discrezionalità del legislatore che ha ritenuto, secondo una non sindacabile opzione politica in materia penale, di contrastare in modo più energico condotte gravemente lesive dell’incolumità delle persone, che negli ultimi anni hanno creato diffuso allarme sociale” e dunque “quando ricorrono particolari esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, quale il diritto fondamentale e personalissimo alla vita e all’integrità fisica, ben può il legislatore dare un diverso ordine al gioco delle circostanze richiedendo che vada calcolato prima l’aggravamento di pena di particolari circostanze”.
La Consulta ha invece dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’articolo 222 del Codice della strada.
La Corte, operando una ricostruzione della vigente normativa, ha ricordato che: a) ai sensi del primo comma dell’articolo 222 del Codice della strada, se da una violazione delle norme del codice stesso derivano danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente; b) ai sensi del secondo comma, quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente oscilla tra i quindici giorni e i tre mesi, mentre se la lesione personale colposa è grave o gravissima la sospensione della patente può giungere sino ai due anni; c) nel caso di omicidio colposo la sospensione è innalzata sino a quattro anni.
Il quarto periodo – riformulato dalla legge numero 41 del 2016 e oggetto di censura – prevede che in caso di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime consegue sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa la sospensione condizionale della pena; la Corte ha dunque censurato il prevedere indefettibilmente la medesima sanzione amministrativa – la revoca della patente di guida – a fronte di condotte che hanno un differente disvalore, pienamente rispecchiato dalla diversità della comminatoria edittale.
Nell’articolo 222 del Codice della strada invero, l’automatismo della risposta sanzionatoria può essere giustificato solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis che dall’articolo 590-bis codice penale – ossia porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589-bis sia dell’art. 590-bis o sotto l’effetto di stupefacenti; la Consulta ha sottolineato “al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa”.
In ipotesi simili pertanto, l’automatismo imposto dalla norma censurata deve cedere il passo al giudizio individualizzante del giudice, il quale “deve poter valutare le circostanze del caso ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in luogo della revoca della patente, la sospensione della stessa come previsto – e nei limiti fissati – dal secondo e dal terzo periodo del comma 2 dell’art. 222 cod. strada”.
Tale disposizione pertanto, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima e il giudice, secondo la gravità della condotta dell’agente e tenendo conto degli articoli 218 e 219 del Codice della strada, può disporre sia la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida sia quella della sospensione della stessa.

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