L’esenzione dal canone per l’occupazione di suolo pubblico è cessata il 31 marzo 2022

Published On: 7 Novembre 2022Categories: Enti locali, Normativa

La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania, con la sentenza del 20 ottobre 2022 numero 2752, si è pronunciata sulla proroga dell’esenzione dal canone unico patrimoniale (CUP) – concessa dal governo giusta articolo 10 ter del decreto legge n. 21 del 2022 – ritenendo che il legislatore abbia espressamente ritenuto di non prorogare tale beneficio oltre il termine del 31 marzo 2022, salvo espressa previsione comunale (assente nel caso di specie).

La vicenda

Una trattoria del Comune di Aci Castello, dopo la chiusura forzata dovuta al lockdown, ha ripreso l’attività di ristorazione, beneficiando della possibilità – automatica e temporanea – di estendere il suolo pubblico “concesso” con altro ad esso limitrofo, al fine di garantire più facilmente il distanziamento richiesto dalla normativa emergenziale.

Tale previsione, contenuta negli articoli 9-ter, commi 4 e 5, del decreto legge n. 137 del 2020 (convertito con modificazione dalla legge n. 176 del 2020), ha stabilito che il beneficio sarebbe terminato il 30 settembre 2020 (con successiva proroga sino al 30 settembre 2022 dall’articolo 10 ter del decreto legge n. 21/22), comunque subordinandolo al pagamento del canone unico patrimoniale (cd. CUP ex COSAP).

L’articolo 181 del decreto legge n. 34 del 2020, tuttavia, ha esentato gli esercenti da tale canone sino al 30 ottobre 2020, termine poi successivamente prorogato sino al 31 marzo 2022 dall’articolo 1, commi 706 e 707 della Legge di Bilancio numero 234 del 2021.

Ciò che è accaduto è che l’esercente ha ritenuto prorogate sino al 30 settembre 2022 sia la concessione straordinaria che l’esenzione dal canone unico, mentre il Comune ha diversamente interpretato, valutando che l’esenzione fosse già scaduta il 31 marzo 2022.

Su questo presupposto, nel mese di maggio, il Comune di Aci Castello ha emesso un’ordinanza di “sospensione dell’autorizzazione SCIA per l’attività di somministrazione al pubblico di tipologia A ristorante-pizzeria e la contestuale chiusura dei locali […] per giorni cinque…”.

Il ristoratore ha impugnato il suddetto provvedimento, ritenendolo illegittimo, chiedendo altresì la tutela cautelare monocratica, concessa con decreto presidenziale e successivamente confermata anche con ordinanza collegiale.

Il primo motivo dedotto nel ricorso

Il ricorrente, con il primo motivo, ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 10 ter del decreto legge n. 21 del 2022, convertito con modificazione in legge n. 51 del 2022.

Il ristoratore, infatti, ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento “…a causa del mancato riconoscimento del proprio diritto alla proroga delle autorizzazione concernenti l’utilizzazione temporanea del suolo pubblico al 30 settembre 2022…“.

Il Tribunale, tuttavia, ha rigettato la prospettazione della ricorrente, accogliendo quella del Comune.

Il TAR, infatti, ha chiarito che “…dalla lettura del secondo comma dell’art. 10-ter del D.L. n. 21/2022 convertito, con modificazioni, in L. n. 51/2022 […] i pubblici esercizi hanno usufruito dell’esonero dal pagamento del CUP dal 1° maggio 2020 fino al 31 marzo 2022…” ma “…la previsione della mancanza di obbligo di pagamento del CUP per il periodo dal 01/06/2020 al 31/10/2020 all’interno della Determina di AREA 6 n. 105 del 30 maggio 2020 del Comune di Aci Castello non poteva in alcun modo ritenersi estesa (anche) al periodo dal 31/03/2022 al 30/09/2022…“.

In particolare, non avendo il ricorrente versato al Comune di Aci Castello il canone unico relativo all’occupazione di suolo pubblico, trascorsa la sospensione sopra ricordata, e non essendo configurabile alcuna violazione dell’articolo 10 ter del decreto legge n. 21/2022, il Tribunale ha rigettato tale primo motivo.

Il secondo motivo dedotto nel ricorso

Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la contraddittorietà tra il provvedimento impugnato e la concessione straordinaria ottenuta dallo stesso titolare nel 2020.

Il Tribunale ha rilevato, tuttavia, che tale atto non è mai stato prodotto in giudizio, per cui non è stato possibile nemmeno prendere in considerazione la censura.

Gli altri motivi di ricorso

Il ricorrente, infine,  ha contestato i vizi di eccesso di potere per illogicità manifesta e travisamento dei fatti, che il Tribunale ha più correttamente chiarito trattarsi di asserite violazioni del principio di proporzionalità.

Il ristoratore, infatti, ha sostenuto che “la sospensione di un’attività precedentemente autorizzata implica che l’amministrazione, previa approfondita comparazione degli interessi pubblici e privati in gioco, debba adottare, e intensamente motivare, la soluzione comportante il minor pregiudizio possibile per il destinatario del provvedimento. La comparazione degli interessi deve essere effettuata all’interno di un’adeguata, puntuale e rigorosa istruttoria, la quale consente all’ente di correttamente valutare e interpretare la situazione concreta, affinché il provvedimento emesso sia sorretto da idonee motivazioni. Tale comparazione di interessi, a maggior ragione nella presente fattispecie, deve tener conto della frammentarietà e, a volte, lacunosità della normativa emergenziale che non può ritorcersi sul “cittadino” ma che deve essere sempre interpretata alla luce della ratio di favorire il rilancio dell’economia del Paese e il superamento della crisi più grave del secolo in corso“.

Il TAR, tuttavia, ha obiettato che “…la “frammentarietà e, a volte, lacunosità della normativa emergenziale” non è un argomento che possa essere utilmente speso per censurare la legittimità di una sanzione comminata a norma del comma 16 dell’art. 3 della L. n. 94/2009, piuttosto che in forza dei certamente più che criptici (oltre che di dubbia costituzionalità…) DD.LL. o DD.PP.CC.MM. adottati nel periodo pandemico. Del resto, la “comparazione degli interessi” che a dire del ricorrente sarebbe stata pretermessa dal Comune intimato era stata effettuata più a monte dallo stesso legislatore, il quale aveva (già) individuato una misura minima della sanzione sub specie temporis (sospensione dell’attività per 5 giorni), al di sotto della quale l’Amministrazione intimata non sarebbe comunque potuta andare“.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania, pertanto, ha riconosciuto che l’occupazione del suolo pubblico è avvenuta – dopo il  31 marzo 2022 – sine titulo a causa del mancato pagamento del canone unico, e conseguentemente integralmente rigettato il ricorso, condannando il ricorrente alle refusione delle spese processuali.

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L’esenzione dal canone per l’occupazione di suolo pubblico è cessata il 31 marzo 2022

Published On: 7 Novembre 2022

La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania, con la sentenza del 20 ottobre 2022 numero 2752, si è pronunciata sulla proroga dell’esenzione dal canone unico patrimoniale (CUP) – concessa dal governo giusta articolo 10 ter del decreto legge n. 21 del 2022 – ritenendo che il legislatore abbia espressamente ritenuto di non prorogare tale beneficio oltre il termine del 31 marzo 2022, salvo espressa previsione comunale (assente nel caso di specie).

La vicenda

Una trattoria del Comune di Aci Castello, dopo la chiusura forzata dovuta al lockdown, ha ripreso l’attività di ristorazione, beneficiando della possibilità – automatica e temporanea – di estendere il suolo pubblico “concesso” con altro ad esso limitrofo, al fine di garantire più facilmente il distanziamento richiesto dalla normativa emergenziale.

Tale previsione, contenuta negli articoli 9-ter, commi 4 e 5, del decreto legge n. 137 del 2020 (convertito con modificazione dalla legge n. 176 del 2020), ha stabilito che il beneficio sarebbe terminato il 30 settembre 2020 (con successiva proroga sino al 30 settembre 2022 dall’articolo 10 ter del decreto legge n. 21/22), comunque subordinandolo al pagamento del canone unico patrimoniale (cd. CUP ex COSAP).

L’articolo 181 del decreto legge n. 34 del 2020, tuttavia, ha esentato gli esercenti da tale canone sino al 30 ottobre 2020, termine poi successivamente prorogato sino al 31 marzo 2022 dall’articolo 1, commi 706 e 707 della Legge di Bilancio numero 234 del 2021.

Ciò che è accaduto è che l’esercente ha ritenuto prorogate sino al 30 settembre 2022 sia la concessione straordinaria che l’esenzione dal canone unico, mentre il Comune ha diversamente interpretato, valutando che l’esenzione fosse già scaduta il 31 marzo 2022.

Su questo presupposto, nel mese di maggio, il Comune di Aci Castello ha emesso un’ordinanza di “sospensione dell’autorizzazione SCIA per l’attività di somministrazione al pubblico di tipologia A ristorante-pizzeria e la contestuale chiusura dei locali […] per giorni cinque…”.

Il ristoratore ha impugnato il suddetto provvedimento, ritenendolo illegittimo, chiedendo altresì la tutela cautelare monocratica, concessa con decreto presidenziale e successivamente confermata anche con ordinanza collegiale.

Il primo motivo dedotto nel ricorso

Il ricorrente, con il primo motivo, ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 10 ter del decreto legge n. 21 del 2022, convertito con modificazione in legge n. 51 del 2022.

Il ristoratore, infatti, ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento “…a causa del mancato riconoscimento del proprio diritto alla proroga delle autorizzazione concernenti l’utilizzazione temporanea del suolo pubblico al 30 settembre 2022…“.

Il Tribunale, tuttavia, ha rigettato la prospettazione della ricorrente, accogliendo quella del Comune.

Il TAR, infatti, ha chiarito che “…dalla lettura del secondo comma dell’art. 10-ter del D.L. n. 21/2022 convertito, con modificazioni, in L. n. 51/2022 […] i pubblici esercizi hanno usufruito dell’esonero dal pagamento del CUP dal 1° maggio 2020 fino al 31 marzo 2022…” ma “…la previsione della mancanza di obbligo di pagamento del CUP per il periodo dal 01/06/2020 al 31/10/2020 all’interno della Determina di AREA 6 n. 105 del 30 maggio 2020 del Comune di Aci Castello non poteva in alcun modo ritenersi estesa (anche) al periodo dal 31/03/2022 al 30/09/2022…“.

In particolare, non avendo il ricorrente versato al Comune di Aci Castello il canone unico relativo all’occupazione di suolo pubblico, trascorsa la sospensione sopra ricordata, e non essendo configurabile alcuna violazione dell’articolo 10 ter del decreto legge n. 21/2022, il Tribunale ha rigettato tale primo motivo.

Il secondo motivo dedotto nel ricorso

Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la contraddittorietà tra il provvedimento impugnato e la concessione straordinaria ottenuta dallo stesso titolare nel 2020.

Il Tribunale ha rilevato, tuttavia, che tale atto non è mai stato prodotto in giudizio, per cui non è stato possibile nemmeno prendere in considerazione la censura.

Gli altri motivi di ricorso

Il ricorrente, infine,  ha contestato i vizi di eccesso di potere per illogicità manifesta e travisamento dei fatti, che il Tribunale ha più correttamente chiarito trattarsi di asserite violazioni del principio di proporzionalità.

Il ristoratore, infatti, ha sostenuto che “la sospensione di un’attività precedentemente autorizzata implica che l’amministrazione, previa approfondita comparazione degli interessi pubblici e privati in gioco, debba adottare, e intensamente motivare, la soluzione comportante il minor pregiudizio possibile per il destinatario del provvedimento. La comparazione degli interessi deve essere effettuata all’interno di un’adeguata, puntuale e rigorosa istruttoria, la quale consente all’ente di correttamente valutare e interpretare la situazione concreta, affinché il provvedimento emesso sia sorretto da idonee motivazioni. Tale comparazione di interessi, a maggior ragione nella presente fattispecie, deve tener conto della frammentarietà e, a volte, lacunosità della normativa emergenziale che non può ritorcersi sul “cittadino” ma che deve essere sempre interpretata alla luce della ratio di favorire il rilancio dell’economia del Paese e il superamento della crisi più grave del secolo in corso“.

Il TAR, tuttavia, ha obiettato che “…la “frammentarietà e, a volte, lacunosità della normativa emergenziale” non è un argomento che possa essere utilmente speso per censurare la legittimità di una sanzione comminata a norma del comma 16 dell’art. 3 della L. n. 94/2009, piuttosto che in forza dei certamente più che criptici (oltre che di dubbia costituzionalità…) DD.LL. o DD.PP.CC.MM. adottati nel periodo pandemico. Del resto, la “comparazione degli interessi” che a dire del ricorrente sarebbe stata pretermessa dal Comune intimato era stata effettuata più a monte dallo stesso legislatore, il quale aveva (già) individuato una misura minima della sanzione sub specie temporis (sospensione dell’attività per 5 giorni), al di sotto della quale l’Amministrazione intimata non sarebbe comunque potuta andare“.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania, pertanto, ha riconosciuto che l’occupazione del suolo pubblico è avvenuta – dopo il  31 marzo 2022 – sine titulo a causa del mancato pagamento del canone unico, e conseguentemente integralmente rigettato il ricorso, condannando il ricorrente alle refusione delle spese processuali.

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