Mandataria in concordato con continuità aziendale: sollevata questione di legittimità costituzionale

Published On: 22 Novembre 2018Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Normativa, Tutele, Varie

Il Tar Lazio, con l’ordinanza del 29 ottobre 2018 numero 10398, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni normative che, nel sistema del vecchio codice dei contratti (d.lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a)), d’un canto, consentono la partecipazione alle gare pubbliche alle imprese singole sottoposte a concordato con continuità aziendale (di cui all’art. 186-bis della Legge fallimentare) ed ai raggruppamenti temporanei di imprese ove vi sia sottoposta una mandante, ma d’altro lato vietano  ai raggruppamenti temporanei di imprese di parteciparvi nel caso in cui sia la mandataria ad essere assoggettata a tale procedura.
Ad adire i Giudici romani, è stata la società mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese che aveva partecipato alla procedura di affidamento di un appalto di servizi (bandito dalla CONSIP s.p.a. e regolato dalle norme del vecchio codice dei contratti) che, nel corso della procedura,  si era purtroppo trovata coinvolta in una vicenda di crisi aziendale, e quindi sottoposta alla procedura di “concordato con continuità aziendale”.
A causa di ciò, l’intero raggruppamento di imprese era stato escluso dalla gara, sulla scorta del combinato disposto tra l’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 (che prevede una causa di esclusione dalla gara per quelle imprese “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di  concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”) e l’art. 186-bis, comma 6, della Legge fallimentare (secondo cui, per quanto qui interessa, “l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria”).
Il Tar Lazio, dopo aver ritenuto applicabili al caso di specie le norme del “vecchio” codice dei contratti pubblici (d.lgs 163/2006), ha passato in rassegna la normativa in questione, osservando che:

  • l’art. 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, al comma 1, lett. a), indica, tra i requisiti generali di  partecipazione prescritti, anche l’assenza di stato di fallimento, di liquidazione coatta e di concordato preventivo;
  • è consolidato in giurisprudenza il principio per cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica, in quanto, per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente, dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica” (cfr. ex multis Ad. Plen. 20 luglio 2015 n.8);
  • la disposizione del succitato articolo 38, può subire una deroga unicamente nelle ipotesi previste dall’articolo 186-bis, comma 6, della Legge Fallimentare, nei casi di sottoposizione a concordato preventivo di continuità da parte di un‘impresa singola oppure di impresa mandante di un raggruppamento temporaneo, e non anche qualora l’impresa sottoposta a detta procedura concorsuale sia quella capogruppo (la mandataria);
  • di conseguenza, la deroga in questione non può essere applicata al caso di specie, con conseguente legittima esclusione del raggruppamento di imprese la cui mandataria sia sottoposta a concordato preventivo di continuità.

I Giudici romani tuttavia rilevano che la pedissequa applicazione della richiamata normativa prevista dal vecchio codice dei contratti, faccia sorgere seri dubbi di ragionevolezza, dettati in primo luogo dalla ratio che – a parere della Sezione remittente – ispira la disciplina del concordato preventivo di continuità, quale istituto finalizzato ad “..incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino”, nella prospettiva di favorire “la continuazione dei contratti in corso”, conciliando così “le esigenze di salvaguardia delle imprese in crisi, nel quadro del sostegno e dell’impulso al sistema produttivo del Paese, tesi a fronteggiare la situazione generale di congiuntura economico-finanziaria e sociale, con le esigenze di pari spessore del conseguimento effettivo degli obiettivi di stabilità e di crescita”.
Alla luce di ciò, sarebbe quindi irragionevole escludere dalla gara un raggruppamento di imprese la cui mandataria sia stata, nelle mora della procedura, sottoposta a concordato preventivo di continuità, non rinvenendosi tratti distintivi rispetto alla situazione in cui sia coinvolta un’impresa mandante oppure un’impresa singola offerente.
Inoltre, la ritenuta irragionevolezza – che, secondo il TAR Lazio, determina anche la possibile violazione dell’art. 41 Cost., nel senso di ingiustificata limitazione della libertà di iniziativa economica, nonché del principio euro-unitario di concorrenza – sarebbe anche confermata dalla lettura dell’art. 80, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016(nuovo codice dei contratti), il quale stabilisce che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora:… b) l’operatore economico si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale”.
La summenzionata disciplina – la quale riveste carattere speciale e prevalente rispetto a quella dell’art. 186-bis della Legge fallimentare (disposizione che, infatti, non è più richiamata nel codice) – conferma infatti che, nell’attuale sistema delle gare pubbliche, la deroga al divieto di partecipazione valga indipendentemente da quale sia la posizione rivestita, all’interno del raggruppamento temporaneo, dall’impresa che è assoggettata a concordato con continuità aziendale.
Sicché, anche per tali ragioni, appare “..incongruo, irragionevole ed ingiustificato…” escludere un raggruppamento temporaneo di imprese per il sol fatto che l’impresa mandataria, in corso di gara, è stata soggetta alla procedura di concordato con continuità aziendale.
Pertanto, sulla scorta di tali considerazioni, il TAR Lazio ha ritenutorilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto fra l’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 e l’art. 186-bis, commi 5 e 6, del r.d. n. 267 del 1942 (introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. h), del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2013), per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 41 e 117, comma 2, lett. a), Cost., laddove consente la partecipazione alle gare pubbliche alle imprese singole, se sottoposte a concordato con continuità aziendale, ed ai raggruppamenti temporanei di imprese, ove vi sia sottoposta una mandante, ma la vieta ai raggruppamenti temporanei di imprese nel caso in cui sia la mandataria assoggettata a tale procedura..”, ed ha conseguentemente rimesso tale questione alla Corte Costituzionale.

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Published On: 22 Novembre 2018

Il Tar Lazio, con l’ordinanza del 29 ottobre 2018 numero 10398, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni normative che, nel sistema del vecchio codice dei contratti (d.lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a)), d’un canto, consentono la partecipazione alle gare pubbliche alle imprese singole sottoposte a concordato con continuità aziendale (di cui all’art. 186-bis della Legge fallimentare) ed ai raggruppamenti temporanei di imprese ove vi sia sottoposta una mandante, ma d’altro lato vietano  ai raggruppamenti temporanei di imprese di parteciparvi nel caso in cui sia la mandataria ad essere assoggettata a tale procedura.
Ad adire i Giudici romani, è stata la società mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese che aveva partecipato alla procedura di affidamento di un appalto di servizi (bandito dalla CONSIP s.p.a. e regolato dalle norme del vecchio codice dei contratti) che, nel corso della procedura,  si era purtroppo trovata coinvolta in una vicenda di crisi aziendale, e quindi sottoposta alla procedura di “concordato con continuità aziendale”.
A causa di ciò, l’intero raggruppamento di imprese era stato escluso dalla gara, sulla scorta del combinato disposto tra l’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 (che prevede una causa di esclusione dalla gara per quelle imprese “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di  concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”) e l’art. 186-bis, comma 6, della Legge fallimentare (secondo cui, per quanto qui interessa, “l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria”).
Il Tar Lazio, dopo aver ritenuto applicabili al caso di specie le norme del “vecchio” codice dei contratti pubblici (d.lgs 163/2006), ha passato in rassegna la normativa in questione, osservando che:

  • l’art. 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, al comma 1, lett. a), indica, tra i requisiti generali di  partecipazione prescritti, anche l’assenza di stato di fallimento, di liquidazione coatta e di concordato preventivo;
  • è consolidato in giurisprudenza il principio per cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica, in quanto, per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente, dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica” (cfr. ex multis Ad. Plen. 20 luglio 2015 n.8);
  • la disposizione del succitato articolo 38, può subire una deroga unicamente nelle ipotesi previste dall’articolo 186-bis, comma 6, della Legge Fallimentare, nei casi di sottoposizione a concordato preventivo di continuità da parte di un‘impresa singola oppure di impresa mandante di un raggruppamento temporaneo, e non anche qualora l’impresa sottoposta a detta procedura concorsuale sia quella capogruppo (la mandataria);
  • di conseguenza, la deroga in questione non può essere applicata al caso di specie, con conseguente legittima esclusione del raggruppamento di imprese la cui mandataria sia sottoposta a concordato preventivo di continuità.

I Giudici romani tuttavia rilevano che la pedissequa applicazione della richiamata normativa prevista dal vecchio codice dei contratti, faccia sorgere seri dubbi di ragionevolezza, dettati in primo luogo dalla ratio che – a parere della Sezione remittente – ispira la disciplina del concordato preventivo di continuità, quale istituto finalizzato ad “..incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino”, nella prospettiva di favorire “la continuazione dei contratti in corso”, conciliando così “le esigenze di salvaguardia delle imprese in crisi, nel quadro del sostegno e dell’impulso al sistema produttivo del Paese, tesi a fronteggiare la situazione generale di congiuntura economico-finanziaria e sociale, con le esigenze di pari spessore del conseguimento effettivo degli obiettivi di stabilità e di crescita”.
Alla luce di ciò, sarebbe quindi irragionevole escludere dalla gara un raggruppamento di imprese la cui mandataria sia stata, nelle mora della procedura, sottoposta a concordato preventivo di continuità, non rinvenendosi tratti distintivi rispetto alla situazione in cui sia coinvolta un’impresa mandante oppure un’impresa singola offerente.
Inoltre, la ritenuta irragionevolezza – che, secondo il TAR Lazio, determina anche la possibile violazione dell’art. 41 Cost., nel senso di ingiustificata limitazione della libertà di iniziativa economica, nonché del principio euro-unitario di concorrenza – sarebbe anche confermata dalla lettura dell’art. 80, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016(nuovo codice dei contratti), il quale stabilisce che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora:… b) l’operatore economico si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale”.
La summenzionata disciplina – la quale riveste carattere speciale e prevalente rispetto a quella dell’art. 186-bis della Legge fallimentare (disposizione che, infatti, non è più richiamata nel codice) – conferma infatti che, nell’attuale sistema delle gare pubbliche, la deroga al divieto di partecipazione valga indipendentemente da quale sia la posizione rivestita, all’interno del raggruppamento temporaneo, dall’impresa che è assoggettata a concordato con continuità aziendale.
Sicché, anche per tali ragioni, appare “..incongruo, irragionevole ed ingiustificato…” escludere un raggruppamento temporaneo di imprese per il sol fatto che l’impresa mandataria, in corso di gara, è stata soggetta alla procedura di concordato con continuità aziendale.
Pertanto, sulla scorta di tali considerazioni, il TAR Lazio ha ritenutorilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto fra l’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 e l’art. 186-bis, commi 5 e 6, del r.d. n. 267 del 1942 (introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. h), del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2013), per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 41 e 117, comma 2, lett. a), Cost., laddove consente la partecipazione alle gare pubbliche alle imprese singole, se sottoposte a concordato con continuità aziendale, ed ai raggruppamenti temporanei di imprese, ove vi sia sottoposta una mandante, ma la vieta ai raggruppamenti temporanei di imprese nel caso in cui sia la mandataria assoggettata a tale procedura..”, ed ha conseguentemente rimesso tale questione alla Corte Costituzionale.

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