Risarcimento del danno da illegittima occupazione di immobile

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3428 del 27 maggio 2019, ha sancito che l’illegittima occupazione di immobile da parte della pubblica amministrazione – costituendo un illecito extracontrattuale –  comporta per il privato un danno in re ipsa, coincidente con la temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà (danno “conseguente”), id est con l’incisione sul contenuto proprio del diritto di proprietà (quello afferente alla sfera delle facoltà).
La controversia sottoposta all’esame del Supremo Consesso, ha riguardato in particolare la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalle proprietarie di un bene immobile illegittimamente occupato dall’amministrazione per oltre tre anni; le ricorrenti, avevano nello specifico richiesto di essere risarcite tanto per la perdita di godimento del bene, quanto per non aver potuto utilizzare le porzioni non occupate del proprio terreno.
In primo grado, il Tribunale Amministrativo – pur accertando l’illegittimità dell’occupazione – aveva rigettato la domanda risarcitoria delle ricorrenti per difetto di prova, ritenendo che il danno subìto dalle proprietarie per l’illegittima occupazione dell’immobile fosse ascrivibile nella categoria del “danno-conseguenza“, e quindi non risarcibile “..per il sol fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva altrui, occorrendo fornire la prova di una effettiva lesione del suo patrimonio, quantomeno allegando le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza..”.
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in esame, ha invece ritenuto di non poter condividere l’inquadramento del danno subito dal proprietario che ha perso il possesso del bene nella categoria del cd. “danno-conseguenza” (o, quantomeno, nell’accezione di tale categoria utilizzata dalla sentenza impugnata), rilevando che ..il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per perdita del godimento del bene si fonda sulla perdita della facoltà di godimento connessa al diritto di proprietà e, dunque, sulla perdita parziale del contenuto del diritto medesimo…”.
E’ per tale ragione che si può “..sia escludere la ricomprensione di tale tipologia di danno tra quelle rientranti nella categoria del “danno-conseguenza”, sia riaffermare che, in tale ipotesi, il danno è “in re ipsa” (previa definizione dell’esatto significato da attribuire a tale espressione), con la conseguenza che non incombe un particolare onere probatorio della sussistenza del medesimo a carico del proprietario, mentre incombe sull’amministrazione occupante l’onere di provare “che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile” (Cons. Stato, sez. IV, n. 897/2017 cit.), o, più propriamente, che una concreta e comprovata situazione del rapporto tra proprietario e bene (il cd. lato interno del diritto soggettivo di proprietà) possa far escludere la sussistenza del profilo di danno innanzi evocato…”.
A sostegno di tale ermeneusi, il Consiglio di Stato, ha richiamato:

  • la giurisprudenza amministrativa che riconosce comunque la sussistenza del diritto al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima (Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2016 n. 4636, ed ulteriore giurisprudenza ivi citata), la quale ha affermato che “..quanto alla determinazione del risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagione dell’occupazione illegittima, questo può essere calcolato – ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis t.u. espr. (cfr. da ultimo sul punto Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016 n. 329; 2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno..”;
  • la giurisprudenza della Cassazione (richiamata anche dalla pronuncia del Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2017 n. 897) che, in tema di danno da occupazione illegittima di un immobile, “..specificamente ricorre alla categoria del danno in re ipsa. Ricollega il danno alla perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile nell’esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale. L’esistenza di un danno costituisce, così, oggetto di una presunzione iuris tantum superabile ove si accerti che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile (da ultimo, Cass. n. 16670 del 2016, n. 20823 del 2015, n. 14222 del 2012)…” (conclusioni cui analogamente perviene la giurisprudenza amministrativa – cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, n. 4636 del 2016);
  • ed ancora la pronuncia del Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2018 n. 2670, secondo cui: “..spetta, inoltre, agli appellanti il risarcimento del danno causato dall’illegittima detenzione delle aree da parte del Comune, ovviamente per la porzione del terreno effettivamente occupata. Tale danno deve coprire il solo valore d’uso del bene dal momento della sua illegittima occupazione, cioè dal momento della scadenza del provvedimento di occupazione d’urgenza (cfr. art. 20 della legge n. 865 del 1971), e fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero fino alla restituzione dell’area o al suo legittimo acquisto, confluendo peraltro in tale ultima ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato, nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante (cfr. comma 3 del citato art. 42 bis, comma 3 del d.P.R. n. 327 del 2001)…”.

I Giudici di Palazzo Spada, hanno sul punto precisato come, in generale, “..ogni danno è “conseguenza” di un evento e, in quanto tale, da questo, sia pure in misura diversa, distinguibile..”. Tale distinzione “..dipende dalla natura dell’illecito (contrattuale o extracontrattuale), ovvero a seconda che il danno di cui si postula il risarcimento sia subìto dalla posizione giuridica del soggetto nella cui sfera subiettiva si è prodotto l’evento, ovvero da altro soggetto a questi legato da relazioni contrattuali o, comunque, rilevanti per l’ordinamento e da questo protette…”.

Il problema, dunque “..non consiste nella configurazione ontologica del danno (che – naturalisticamente – costituisce sempre una perdita nell’ambito di una situazione soggettiva, come affermato da Corte Cost., n. 372/1994 cit.), ma attiene alla natura della situazione soggettiva ed al rapporto che intercorre tra questa e l’evento lesivo..”.

Ed è proprio per questo che si pone un problema di prova “..che però non discende dalla natura del danno (danno-evento o danno-conseguenza), ma che si propone come strettamente connesso alla sussistenza/conformazione e titolarità di una posizione soggettiva che si assume lesa…” .

In questo contesto, assumono ben diversa valenza i diritti patrimoniali rispetto a quelli non patrimoniali (occorrendo per questi ultimi dimostrare, non tanto l’esistenza della lesione, ma la sussistenza ontologica del diritto e, laddove l’evento si realizzi nella sfera giuridica di altro soggetto, occorre provare la sussistenza di una lesione ulteriore nella propria sfera giuridica di soggetto titolare di un diritto non patrimoniale, pur astrattamente riconosciuto).

Così come, pur nella sfera dei diritti patrimoniali, a fronte della natura dell’illecito, può apparire plausibile che “..il danno derivante da una occupazione di immobile protratta oltre il termine contrattualmente stabilito si caratterizzi diversamente da quello derivante da una occupazione effetto di illecito extracontrattuale:

  1. nel primo caso, la lesione attiene innanzi tutto al diritto alla restituzione del proprio bene per effetto dell’inadempimento contrattuale dell’obbligazione restitutoria, mentre la lesione consistente nella perdita della facoltà di godimento del bene costituisce una ipotesi di danno “ulteriore”;
  2. nel secondo caso, la lesione (unica) attiene direttamente al contenuto stesso della posizione soggettiva (facoltà di godimento del bene)…”

Sicchè, “..affermare che vi è necessità di “prova” della lesione subita, in quest’ultima ipotesi, non discende dalla “natura” del danno (cioè dal suo rapporto con l’evento), ma dal preciso contenuto della posizione giuridica sulla quale l’evento lesivo si assume abbia inciso, se, cioè, la “perdita” attenga alle facoltà di godimento ovvero ai poteri di disposizione: con la conseguenza che, mentre nel primo caso, per la natura stessa della “facoltà”, la prova della perdita è offerta dall’evento in sé considerato (ed in questo senso, sinteticamente, può affermarsi che il danno è “in re ipsa”), nel secondo caso, per la diversa struttura del “potere” (natura che ne postula un esercizio in concreto e non solo una mera “disponibilità”), occorre la prova della lesione “ulteriore” subita da questa “altra” sfera del diritto di proprietà…”.

Sulla scorta di tali premesse quindi, i Giudici di Palazzo Spada hanno affermato come al caso di specie non potesse farsi applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza né in materia di risarcibilità del danno per lesione di diritti non patrimoniali né in relazione a fenomeni di occupazione illegittima derivante da inadempimento contrattuale, in quanto la vicenda di cui si discute ha ad oggetto una diversa situazione giuridica, e cioè il diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale del terzo (nel caso di specie, della pubblica amministrazione).

Ed invero, nel caso in esame, il danno subito dal titolare del diritto (id est la perdita di facoltà di godimento del bene) “coincide” con l’evento illecitamente prodotto essendo “..conseguenza diretta del comportamento attivo di occupazione del suolo e dell’evento “occupazione”, poiché essa discende dal medesimo nesso di causalità che lega condotta ed evento, e non abbisognando di un nesso di causalità ulteriore, che richiede una ulteriore allegazione probatoria, finisce con il coincidere, percettivamente, con quest’ultimo…“, sicché è possibile affermare che “..nel caso di occupazione illegittima il danno è “in re ipsa”, poiché esso coincide con la temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà (danno “conseguente”, nel senso innanzi descritto), id est con l’incisione sul contenuto proprio del diritto di proprietà (quello afferente alla sfera delle facoltà)..”.
 

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Risarcimento del danno da illegittima occupazione di immobile

Published On: 20 Giugno 2019

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3428 del 27 maggio 2019, ha sancito che l’illegittima occupazione di immobile da parte della pubblica amministrazione – costituendo un illecito extracontrattuale –  comporta per il privato un danno in re ipsa, coincidente con la temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà (danno “conseguente”), id est con l’incisione sul contenuto proprio del diritto di proprietà (quello afferente alla sfera delle facoltà).
La controversia sottoposta all’esame del Supremo Consesso, ha riguardato in particolare la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalle proprietarie di un bene immobile illegittimamente occupato dall’amministrazione per oltre tre anni; le ricorrenti, avevano nello specifico richiesto di essere risarcite tanto per la perdita di godimento del bene, quanto per non aver potuto utilizzare le porzioni non occupate del proprio terreno.
In primo grado, il Tribunale Amministrativo – pur accertando l’illegittimità dell’occupazione – aveva rigettato la domanda risarcitoria delle ricorrenti per difetto di prova, ritenendo che il danno subìto dalle proprietarie per l’illegittima occupazione dell’immobile fosse ascrivibile nella categoria del “danno-conseguenza“, e quindi non risarcibile “..per il sol fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva altrui, occorrendo fornire la prova di una effettiva lesione del suo patrimonio, quantomeno allegando le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza..”.
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in esame, ha invece ritenuto di non poter condividere l’inquadramento del danno subito dal proprietario che ha perso il possesso del bene nella categoria del cd. “danno-conseguenza” (o, quantomeno, nell’accezione di tale categoria utilizzata dalla sentenza impugnata), rilevando che ..il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per perdita del godimento del bene si fonda sulla perdita della facoltà di godimento connessa al diritto di proprietà e, dunque, sulla perdita parziale del contenuto del diritto medesimo…”.
E’ per tale ragione che si può “..sia escludere la ricomprensione di tale tipologia di danno tra quelle rientranti nella categoria del “danno-conseguenza”, sia riaffermare che, in tale ipotesi, il danno è “in re ipsa” (previa definizione dell’esatto significato da attribuire a tale espressione), con la conseguenza che non incombe un particolare onere probatorio della sussistenza del medesimo a carico del proprietario, mentre incombe sull’amministrazione occupante l’onere di provare “che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile” (Cons. Stato, sez. IV, n. 897/2017 cit.), o, più propriamente, che una concreta e comprovata situazione del rapporto tra proprietario e bene (il cd. lato interno del diritto soggettivo di proprietà) possa far escludere la sussistenza del profilo di danno innanzi evocato…”.
A sostegno di tale ermeneusi, il Consiglio di Stato, ha richiamato:

  • la giurisprudenza amministrativa che riconosce comunque la sussistenza del diritto al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima (Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2016 n. 4636, ed ulteriore giurisprudenza ivi citata), la quale ha affermato che “..quanto alla determinazione del risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagione dell’occupazione illegittima, questo può essere calcolato – ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis t.u. espr. (cfr. da ultimo sul punto Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016 n. 329; 2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno..”;
  • la giurisprudenza della Cassazione (richiamata anche dalla pronuncia del Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2017 n. 897) che, in tema di danno da occupazione illegittima di un immobile, “..specificamente ricorre alla categoria del danno in re ipsa. Ricollega il danno alla perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile nell’esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale. L’esistenza di un danno costituisce, così, oggetto di una presunzione iuris tantum superabile ove si accerti che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile (da ultimo, Cass. n. 16670 del 2016, n. 20823 del 2015, n. 14222 del 2012)…” (conclusioni cui analogamente perviene la giurisprudenza amministrativa – cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, n. 4636 del 2016);
  • ed ancora la pronuncia del Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2018 n. 2670, secondo cui: “..spetta, inoltre, agli appellanti il risarcimento del danno causato dall’illegittima detenzione delle aree da parte del Comune, ovviamente per la porzione del terreno effettivamente occupata. Tale danno deve coprire il solo valore d’uso del bene dal momento della sua illegittima occupazione, cioè dal momento della scadenza del provvedimento di occupazione d’urgenza (cfr. art. 20 della legge n. 865 del 1971), e fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero fino alla restituzione dell’area o al suo legittimo acquisto, confluendo peraltro in tale ultima ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato, nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante (cfr. comma 3 del citato art. 42 bis, comma 3 del d.P.R. n. 327 del 2001)…”.

I Giudici di Palazzo Spada, hanno sul punto precisato come, in generale, “..ogni danno è “conseguenza” di un evento e, in quanto tale, da questo, sia pure in misura diversa, distinguibile..”. Tale distinzione “..dipende dalla natura dell’illecito (contrattuale o extracontrattuale), ovvero a seconda che il danno di cui si postula il risarcimento sia subìto dalla posizione giuridica del soggetto nella cui sfera subiettiva si è prodotto l’evento, ovvero da altro soggetto a questi legato da relazioni contrattuali o, comunque, rilevanti per l’ordinamento e da questo protette…”.

Il problema, dunque “..non consiste nella configurazione ontologica del danno (che – naturalisticamente – costituisce sempre una perdita nell’ambito di una situazione soggettiva, come affermato da Corte Cost., n. 372/1994 cit.), ma attiene alla natura della situazione soggettiva ed al rapporto che intercorre tra questa e l’evento lesivo..”.

Ed è proprio per questo che si pone un problema di prova “..che però non discende dalla natura del danno (danno-evento o danno-conseguenza), ma che si propone come strettamente connesso alla sussistenza/conformazione e titolarità di una posizione soggettiva che si assume lesa…” .

In questo contesto, assumono ben diversa valenza i diritti patrimoniali rispetto a quelli non patrimoniali (occorrendo per questi ultimi dimostrare, non tanto l’esistenza della lesione, ma la sussistenza ontologica del diritto e, laddove l’evento si realizzi nella sfera giuridica di altro soggetto, occorre provare la sussistenza di una lesione ulteriore nella propria sfera giuridica di soggetto titolare di un diritto non patrimoniale, pur astrattamente riconosciuto).

Così come, pur nella sfera dei diritti patrimoniali, a fronte della natura dell’illecito, può apparire plausibile che “..il danno derivante da una occupazione di immobile protratta oltre il termine contrattualmente stabilito si caratterizzi diversamente da quello derivante da una occupazione effetto di illecito extracontrattuale:

  1. nel primo caso, la lesione attiene innanzi tutto al diritto alla restituzione del proprio bene per effetto dell’inadempimento contrattuale dell’obbligazione restitutoria, mentre la lesione consistente nella perdita della facoltà di godimento del bene costituisce una ipotesi di danno “ulteriore”;
  2. nel secondo caso, la lesione (unica) attiene direttamente al contenuto stesso della posizione soggettiva (facoltà di godimento del bene)…”

Sicchè, “..affermare che vi è necessità di “prova” della lesione subita, in quest’ultima ipotesi, non discende dalla “natura” del danno (cioè dal suo rapporto con l’evento), ma dal preciso contenuto della posizione giuridica sulla quale l’evento lesivo si assume abbia inciso, se, cioè, la “perdita” attenga alle facoltà di godimento ovvero ai poteri di disposizione: con la conseguenza che, mentre nel primo caso, per la natura stessa della “facoltà”, la prova della perdita è offerta dall’evento in sé considerato (ed in questo senso, sinteticamente, può affermarsi che il danno è “in re ipsa”), nel secondo caso, per la diversa struttura del “potere” (natura che ne postula un esercizio in concreto e non solo una mera “disponibilità”), occorre la prova della lesione “ulteriore” subita da questa “altra” sfera del diritto di proprietà…”.

Sulla scorta di tali premesse quindi, i Giudici di Palazzo Spada hanno affermato come al caso di specie non potesse farsi applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza né in materia di risarcibilità del danno per lesione di diritti non patrimoniali né in relazione a fenomeni di occupazione illegittima derivante da inadempimento contrattuale, in quanto la vicenda di cui si discute ha ad oggetto una diversa situazione giuridica, e cioè il diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale del terzo (nel caso di specie, della pubblica amministrazione).

Ed invero, nel caso in esame, il danno subito dal titolare del diritto (id est la perdita di facoltà di godimento del bene) “coincide” con l’evento illecitamente prodotto essendo “..conseguenza diretta del comportamento attivo di occupazione del suolo e dell’evento “occupazione”, poiché essa discende dal medesimo nesso di causalità che lega condotta ed evento, e non abbisognando di un nesso di causalità ulteriore, che richiede una ulteriore allegazione probatoria, finisce con il coincidere, percettivamente, con quest’ultimo…“, sicché è possibile affermare che “..nel caso di occupazione illegittima il danno è “in re ipsa”, poiché esso coincide con la temporanea perdita della facoltà di godimento inerente al diritto di proprietà (danno “conseguente”, nel senso innanzi descritto), id est con l’incisione sul contenuto proprio del diritto di proprietà (quello afferente alla sfera delle facoltà)..”.
 

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