Forma scritta “ad substantiam” per i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione

Published On: 30 Novembre 2023Categories: Professioni, Pubblica Amministrazione, Tutele

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 novembre 2023 numero 32337, si è pronunciata in tema di contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione, esprimendo un importante principio di diritto circa le modalità con cui può essere rispettata la necessaria forma scritta ad substantiam.

La Suprema Corte ha ritenuto che il requisito della forma scritta ad substantiam, infatti, possa intendersi rispettato anche nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in una convenzione anche se non sottoscritta dal Sindaco, sempre che sussistano determinati presupposti.

La vicenda 

Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna, una Giunta Regionale aveva approvato un Programma Integrato di Recupero del centro storico presentato proprio dal Comune parte in causa, concedendo all’ente locale un finanziamento per “edilizia sovvenzionata” e “recupero urbano”.

Su tale presupposto, il Comune aveva individuato cinque tecnici, tra cui il ricorrente, e aveva dunque redatto una convenzione, poi fatta sottoscrivere ai professionisti dal Segretario Comunale e recepita con deliberazione della Giunta Municipale.

I professionisti, a tal punto, avevano regolarmente adempiuto ai propri obblighi contrattuali, redigendo un progetto esecutivo successivamente approvato dalla Giunta e richiedendo il pagamento delle parcelle secondo quanto stabilito dalla convenzione.

Dei cinque tecnici, uno solo veniva regolarmente pagato senza necessità di richiedere l’avvio di una azione giudiziale, mentre tre dei restanti si erano visti costretti a richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo, giungendo poi a una transazione; nei fatti, solo il ricorrente rimaneva privato del pagamento dei compensi pattuiti.

Il giudizio di merito in primo e secondo grado

Con ricorso al Tribunale di primo grado, il tecnico ha chiesto l’accertamento dell’inadempienza del Comune al pagamento di quanto pattuito con la convenzione o, in subordine, l’accertamento dell’utilità della prestazione offerta ed eseguita, con conseguente condanna per azione di arricchimento senza causa, producendo la convenzione sottoscritta dal Segretario, la delibera di approvazione della medesima convenzione e la successiva approvazione del progetto esecutivo.

Il Comune, costituitosi tardivamente, ha invece richiesto il rigetto della domanda per indeterminatezza del petitum.

Il Tribunale, disattendendo la difesa dell’ente, ha accolto la domanda del ricorrente e riconosciuto la sussistenza del rapporto professionale, condannando il Comune al pagamento di quanto dovuto.

L’Ente locale, a tal punto, ha ritenuto di appellare la sentenza di merito, contestando la nullità del contratto per difetto della prova scritta (la convenzione, infatti, non era stata sottoscritta dal Sindaco).

La Corte di Appello di Roma, in effetti, ha dichiarato proprio tale nullità sostenendo l’assenza della prova scritta richiesta per legge ad substantiam nei rapporti tra pubblica amministrazione e professionista (rigettando anche la domanda di arricchimento senza causa per errori processuali).

Il giudizio di legittimità 

Il tecnico ha dunque ritenuto di ricorrere dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione, deducendo tre motivi.

Con il primo motivo ha denunciato la “…violazione e falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17 e degli artt. 1418,1325,1326 e 1350 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui la corte territoriale – dopo aver correttamente richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui “i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione debbono essere rivestiti della forma scritta ad substantiam”, e dopo aver correttamente rilevato che la “convenzione”, da lui prodotta in giudizio, non reca la firma del Sindaco, ma soltanto la firma dei 5 Tecnici – ha affermato che: “il geom R. non ha dato prova della sussistenza del contratto di conferimento dell’incarico professionale attraverso la produzione del relativo testo documentale, sottoscritta anche dal sindaco del Comune…”.

Sul punto, il ricorrente ha sostenuto che la convenzione, disciplinante puntualmente i termini del conferimento dell’incarico professionale, non è stata semplicemente sottoscritta dai professionisti ma, invece, è stata approvata (tramite allegazione in originale) dalla deliberazione della Giunta Municipale, che aveva non semplicemente “autorizzato” ma espressamente “conferito” l’incarico.

Su tali circostanze, ha sostenuto la realizzazione di un unico complesso atto, formato dalla “proposta” sottoscritta dai tecnici (ndr. la convenzione) e dall’accettazione sottoscritta dalla Giunta Comunale presieduta dal Sindaco (ndr. la delibera), con piena soddisfazione dei requisiti previsti dalla legge.

Il Comune, infatti, non ha mai eccepito agli altri quattro tecnici incaricati la nullità del contratto, costituendo dunque i pagamenti a loro favore, piena prova della sua esistenza.

I successivi motivi non necessitano di essere esposti, per quanto qui di interesse, risultando il primo effettivamente assorbente di tutte le questioni.

La decisione della Corte di Cassazione

Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto fondato, poiché “…è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 7478/2020, n. 25631/2017 e n. 12540/2016) il principio per cui I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta e accettazione tra assenti (salva l’ipotesi eccezionale prevista ex lege di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione – sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi – di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo a un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti…”.

La forma scritta ad substantiam, richiesta anche ove la pubblica amministrazione agisca iure privatorum, deve tradursi nella redazione, a pena di nullità, di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’Ente interessato nei confronti dei terzi “…dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere…”.

La Corte di Appello, pertanto, avrebbe dovuto rilevare che in effetti la convenzione fosse correttamente stata predisposta dal Comune, sottoscritta dai professionisti e successivamente approvata e allegata alla Deliberazione di Giunta Comunale (presieduta dal Sindaco), secondo una procedura di conclusione del contratto assolutamente corretta e capace di garantire, secondo la ratio della norma, il “regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia dei professionisti che della collettività”.

Il Collegio in definitiva, accogliendo il ricorso, ha affermato che “… in tema di contratti stipulati da un professionista con un Comune, il requisito della forma scritta ad substantiam è da intendersi rispettato nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in convenzione non sottoscritta dal Sindaco, sempre che detta convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l’incarico. In tal caso, infatti, si forma un unico contestuale atto, costituito dalla proposta sottoscritta dal professionista (la convenzione, per l’appunto) e dalla relativa accettazione (la delibera di giunta, di conferimento dell’incarico)…”.

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Forma scritta “ad substantiam” per i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione

Published On: 30 Novembre 2023

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 novembre 2023 numero 32337, si è pronunciata in tema di contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione, esprimendo un importante principio di diritto circa le modalità con cui può essere rispettata la necessaria forma scritta ad substantiam.

La Suprema Corte ha ritenuto che il requisito della forma scritta ad substantiam, infatti, possa intendersi rispettato anche nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in una convenzione anche se non sottoscritta dal Sindaco, sempre che sussistano determinati presupposti.

La vicenda 

Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna, una Giunta Regionale aveva approvato un Programma Integrato di Recupero del centro storico presentato proprio dal Comune parte in causa, concedendo all’ente locale un finanziamento per “edilizia sovvenzionata” e “recupero urbano”.

Su tale presupposto, il Comune aveva individuato cinque tecnici, tra cui il ricorrente, e aveva dunque redatto una convenzione, poi fatta sottoscrivere ai professionisti dal Segretario Comunale e recepita con deliberazione della Giunta Municipale.

I professionisti, a tal punto, avevano regolarmente adempiuto ai propri obblighi contrattuali, redigendo un progetto esecutivo successivamente approvato dalla Giunta e richiedendo il pagamento delle parcelle secondo quanto stabilito dalla convenzione.

Dei cinque tecnici, uno solo veniva regolarmente pagato senza necessità di richiedere l’avvio di una azione giudiziale, mentre tre dei restanti si erano visti costretti a richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo, giungendo poi a una transazione; nei fatti, solo il ricorrente rimaneva privato del pagamento dei compensi pattuiti.

Il giudizio di merito in primo e secondo grado

Con ricorso al Tribunale di primo grado, il tecnico ha chiesto l’accertamento dell’inadempienza del Comune al pagamento di quanto pattuito con la convenzione o, in subordine, l’accertamento dell’utilità della prestazione offerta ed eseguita, con conseguente condanna per azione di arricchimento senza causa, producendo la convenzione sottoscritta dal Segretario, la delibera di approvazione della medesima convenzione e la successiva approvazione del progetto esecutivo.

Il Comune, costituitosi tardivamente, ha invece richiesto il rigetto della domanda per indeterminatezza del petitum.

Il Tribunale, disattendendo la difesa dell’ente, ha accolto la domanda del ricorrente e riconosciuto la sussistenza del rapporto professionale, condannando il Comune al pagamento di quanto dovuto.

L’Ente locale, a tal punto, ha ritenuto di appellare la sentenza di merito, contestando la nullità del contratto per difetto della prova scritta (la convenzione, infatti, non era stata sottoscritta dal Sindaco).

La Corte di Appello di Roma, in effetti, ha dichiarato proprio tale nullità sostenendo l’assenza della prova scritta richiesta per legge ad substantiam nei rapporti tra pubblica amministrazione e professionista (rigettando anche la domanda di arricchimento senza causa per errori processuali).

Il giudizio di legittimità 

Il tecnico ha dunque ritenuto di ricorrere dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione, deducendo tre motivi.

Con il primo motivo ha denunciato la “…violazione e falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17 e degli artt. 1418,1325,1326 e 1350 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui la corte territoriale – dopo aver correttamente richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui “i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione debbono essere rivestiti della forma scritta ad substantiam”, e dopo aver correttamente rilevato che la “convenzione”, da lui prodotta in giudizio, non reca la firma del Sindaco, ma soltanto la firma dei 5 Tecnici – ha affermato che: “il geom R. non ha dato prova della sussistenza del contratto di conferimento dell’incarico professionale attraverso la produzione del relativo testo documentale, sottoscritta anche dal sindaco del Comune…”.

Sul punto, il ricorrente ha sostenuto che la convenzione, disciplinante puntualmente i termini del conferimento dell’incarico professionale, non è stata semplicemente sottoscritta dai professionisti ma, invece, è stata approvata (tramite allegazione in originale) dalla deliberazione della Giunta Municipale, che aveva non semplicemente “autorizzato” ma espressamente “conferito” l’incarico.

Su tali circostanze, ha sostenuto la realizzazione di un unico complesso atto, formato dalla “proposta” sottoscritta dai tecnici (ndr. la convenzione) e dall’accettazione sottoscritta dalla Giunta Comunale presieduta dal Sindaco (ndr. la delibera), con piena soddisfazione dei requisiti previsti dalla legge.

Il Comune, infatti, non ha mai eccepito agli altri quattro tecnici incaricati la nullità del contratto, costituendo dunque i pagamenti a loro favore, piena prova della sua esistenza.

I successivi motivi non necessitano di essere esposti, per quanto qui di interesse, risultando il primo effettivamente assorbente di tutte le questioni.

La decisione della Corte di Cassazione

Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto fondato, poiché “…è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 7478/2020, n. 25631/2017 e n. 12540/2016) il principio per cui I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta e accettazione tra assenti (salva l’ipotesi eccezionale prevista ex lege di contratti conclusi con ditte commerciali), mentre tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di cd. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione – sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi – di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo a un rapporto di locazione) sia stato concordato dalle parti…”.

La forma scritta ad substantiam, richiesta anche ove la pubblica amministrazione agisca iure privatorum, deve tradursi nella redazione, a pena di nullità, di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’Ente interessato nei confronti dei terzi “…dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere…”.

La Corte di Appello, pertanto, avrebbe dovuto rilevare che in effetti la convenzione fosse correttamente stata predisposta dal Comune, sottoscritta dai professionisti e successivamente approvata e allegata alla Deliberazione di Giunta Comunale (presieduta dal Sindaco), secondo una procedura di conclusione del contratto assolutamente corretta e capace di garantire, secondo la ratio della norma, il “regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia dei professionisti che della collettività”.

Il Collegio in definitiva, accogliendo il ricorso, ha affermato che “… in tema di contratti stipulati da un professionista con un Comune, il requisito della forma scritta ad substantiam è da intendersi rispettato nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in convenzione non sottoscritta dal Sindaco, sempre che detta convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l’incarico. In tal caso, infatti, si forma un unico contestuale atto, costituito dalla proposta sottoscritta dal professionista (la convenzione, per l’appunto) e dalla relativa accettazione (la delibera di giunta, di conferimento dell’incarico)…”.

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