L’accesso difensivo in presenza di segreti tecnico-commerciali, fra vecchio e nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Published On: 8 Maggio 2024Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Normativa

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, l’accesso agli atti di gara, istituto cardine volto alla tutela del basilare principio di trasparenza dell’attività amministrativa, pur collocandosi nel solco della normativa precedente, di cui rievoca la struttura di fondo, appare assumere un volto rinnovato, specie per ciò che concerne i casi di esclusione dello stesso e le relative eccezioni, ossia i presupposti in presenza dei quali ne è consentito il superamento.

La nuova disciplina dell’istituto, contenuta agli articoli 35 e 36 del nuovo Codice Appalti (che abbiamo ricostruito in questo nostro precedente articolo), ridona vigore al risalente dibattito già formatosi attorno all’articolo 53, commi 5 e 6, del previgente d.lgs. n. 50 del 2016, sul bilanciamento tra le contrapposte, ed invero parimenti fondamentali, esigenze che rilevano rispetto alla “documentazione di gara”: la riservatezza degli operatori economici partecipanti, anche a tutela di eventuali segreti tecnico-commerciali presenti nelle offerte; la trasparenza dell’agire amministrativo e, infine, correlativamente, il diritto di difesa in giudizio di cui all’articolo 24 della Costituzione.

La tutela dei segreti tecnico-commerciali presenti nelle “offerte”: nuovo e vecchio codice a confronto

Per quanto qui interessa, il previgente d.lgs. 50 del 2016 affermava, al quinto comma, che “fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”; e aggiungeva, al successivo sesto comma, che “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

La nuova disciplina, contenuta nell’articolo 35, quarto comma, del d.lgs. 36 del 2023 – facendo sempre salva la disciplina dettata per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza – sancisce che “il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione: a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

In relazione alle ipotesi ora contemplate, il successivo quinto comma consente l’accesso al concorrente se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.

Dal raffronto tra le due disposizioni normative, è possibile evidenziare come, al di là delle piccole modifiche testuali, la normativa sul diritto di accesso agli atti di gara in presenza di un segreto tecnico-commerciale sia rimasta, nella sua sostanza, assolutamente invariata (mutando invece nei suoi aspetti procedimentali, come abbiamo descritto in questo nostro precedente articolo).

Peraltro, appare manifesto l’intento del legislatore di recepire e consolidare, a livello normativo, il prevalente orientamento giurisprudenziale già affermatosi in materia quanto al contemperamento tra i vari interessi coinvolti che, pertanto, è alquanto utile riproporre.

La prova ardua dell’effettiva esistenza di un segreto tecnico-commerciale

L’impresa, che abbia interesse a tenere celate le proprie informazioni riservate, ha l’onere precipuo di dimostrare l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di tutela (T.A.R. Milano, sezione I, 07/03/2022, numero 543). Occorre, più nello specifico, una sua manifestazione di interesse, nonché una motivata e comprovata dichiarazione, finalizzata, per l’appunto, a provare la reale consistenza della pretesa invocata (Consiglio di Stato, sezione V, 26/10/2020, numero 6463). Solo in presenza di una siffatta e robusta dimostrazione, l’impresa stessa avrà infatti la possibilità di invocare, a propria tutela, il limite all’ostensione.

La giurisprudenza ha chiarito in cosa tale prova debba concretamente consistere, precisandone il contenuto minimo, in assenza del quale non può esserci segreto positivamente tutelabile. Essa, in particolare, deve fare riferimento agli specifici caratteri di cui all’articolo 98 del Codice della Proprietà Industriale (T.A.R. Trentino-Alto Adige – Trento, sezione I, 19/04/2023, numero 59). Non bastano, dunque, asserzioni generiche, assolutamente indimostrate, circa la titolarità di un segreto tecnico-commerciale, ma è importante e necessario provare che le proprie informazioni aziendali siano: 1) segrete, ossia non generalmente note o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del settore; 2) dotate di valore economico, in quanto segrete; 3) sottoposte a misure tali da ritenersi ragionevolmente adeguate e idonee a mantenerle segrete (Tribunale Ancora, Sezione spec. Impresa, 30/09/2021, numero 1175).

Occorre, invero, notare come una prova di tal natura non sia affatto agevole, e infatti essa finisce spesso, nella prassi, col tradursi in una serie di affermazioni tautologiche, apodittiche e manifestamente generiche, spesso inidonee a ergersi a fondamento dell’invocato limite all’ostensibilità dei dati invocati come segreti.

La valutazione di competenza della stazione appaltante

La prova ora descritta, di spettanza dell’impresa che invoca il limite all’ostensione, non è di per sé sufficiente ai fini dell’operatività del limite stesso, ma richiede, quale secondo step necessario, una valutazione e un giudizio di conferma da parte della stazione appaltante. A questa è infatti richiesto uno specifico, autonomo e discrezionale apprezzamento circa l’effettiva rilevanza del segreto invocato, sia per ciò che concerne il profilo della sua validità sia per ciò che attiene alla pertinenza delle argomentazioni e ragioni poste, dall’impresa vincitrice, a sostegno e fondamento dell’opposto diniego (T.A.R. Lombardia – Milano, sezione I, 07/03/2022, numero 543; T.A.R. Lombardia, sezione I, 22/06/2021, numero 1526; T.A.R. Campania, sezione II, 30/01/2020, numero 437). Pur trattandosi di un giudizio discrezionale, la stazione appaltante, nell’effettuare una siffatta indagine, non può in nessun caso discostarsi, ad avviso della giurisprudenza, dalla definizione normativa contenuta nel Codice della proprietà industriale, di cui all’articolo 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (T.A.R. Roma, sezione I, 11/08/2021, numero 9363; e inoltre, in senso conforme, T.A.R. Trento, sezione I, 19/04/2023, numero 59).

Il requisito della “stretta indispensabilità” ai fini della difesa in giudizio, nel caso di istanza di accesso

A fronte della previsione, oggi reiterata al comma 5 dell’articolo 35 del nuovo Codice Appalti, merita ancora di essere qui riportato quel consolidato filone giurisprudenziale per cui il concorrente che chieda di accedere agli atti di gara per “finalità difensive”, è anche tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza della propria richiesta, e cioè della sua “indispensabilità”.

Tale prova è certamente più agevole rispetto alla precedente, poiché chi intende agire in giudizio necessita inevitabilmente della conoscenza piena e completa della documentazione necessaria ad articolare compiutamente, e non “al buio”, le proprie difese in giudizio: “L’accesso, insomma, non è (o non è soltanto) uno strumento per difendersi in un processo: è, a monte, uno strumento per verificare se conviene iniziare il detto processo, che possibilità di esito vittorioso si hanno, come debba formularsi il petitum” (Consiglio di Stato, sezione IV, 28/01/2016, numero 326).

La giurisprudenza ha in più occasioni ribadito l’insufficienza della dimostrazione di un generico interesse alla tutela dei propri interessi richiedendo, piuttosto, la concreta necessità di utilizzare la documentazione “riservata” in uno specifico giudizio (Consiglio di Stato, sezione V, 26/10/2020, numero 6463). Si vuole, in tal modo, escludere un accesso meramente esplorativo, in quanto tale non consentito. Occorre, dunque, fornire la prova specifica e concreta della “indispensabilità” dell’accesso ai fini, appunto, della difesa in giudizio. Appare indiscutibile, sotto tale profilo, il recepimento, nell’attuale Codice dei Contratti Pubblici, del requisito in oggetto, il quale si traduce, in concreto, nella prova di un nesso diretto e inequivoco tra le esigenze difensive e i documenti di cui si richiede l’ostensione (T.A.R. Lazio, sezione V, 15/02/2022, numero 1872).

L’esercizio del diritto di difesa prevale sul sancito limite alla ostensibilità

Dimostrata e provata, in maniera stringente, l’esistenza di un nesso di strumentalità tra l’accesso agli atti di gara e la tutela giurisdizionale della posizione dell’impresa istante, il diritto alla piena ed effettiva tutela giurisdizionale non può che ritenersi prevalente rispetto al diritto alla riservatezza delle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta (T.A.R. Lombardia, Sezione I, numero 543/2022). Qualora venisse, infatti, negato l’accesso alla documentazione concernente l’offerta tecnica, l’impresa non aggiudicataria non avrebbe possibilità alcuna di prendere cognizione delle ragioni sottese all’attribuzione dei punteggi che hanno indotto l’impresa concorrente a conseguire la prima posizione nella graduatoria finale (T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, sezione II, 17/04/2023, numero 222), con conseguente venir meno della possibilità di tutelare la propria posizione.

La singolare pronuncia del T.A.R. Lazio – Roma numero 9363 del 2021, ponendo sulla bilancia i contrapposti interessi in rilievo, la tutela dei segreti tecnico-commerciali da un lato e il diritto all’accesso difensivo dall’altro, riconosce assoluta prevalenza al secondo, sul presupposto che non si tratterebbe di “valori di eguale dignità”. Il segreto tecnico-commerciale trova, infatti, la propria tutela in fonti di rango primario (si richiamano, a tal proposito, gli articoli 98 e seguenti del Codice della Proprietà Industriale e l’articolo 53, comma 5, del d.lgs. 50/2016 – oggi contenuto nell’articolo 35, comma 4, del d.lgs. 36 del 2023), mentre il diritto all’accesso difensivo trova riconoscimento, oltre che in norme di rango primario (si vedano gli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990 e, nella specifica materia degli Appalti, l’articolo 53, comma 6, del d.lgs. 50/2016 – oggi contenuto nell’articolo 35, comma 5, del d.lgs. 36 del 2023), direttamente nella nostra Carta Costituzionale (articolo 24) e godrebbe, proprio a motivo di ciò, di una tutela costituzionalmente “rafforzata”.

A venire in rilievo non è solo l’articolo 24 della nostra Costituzione, bensì anche l’articolo 97 della Carta medesima, il quale detta i princìpi fondamentali che devono ispirare l’azione amministrativa, a tutela dei valori della democraticità, dell’efficienza e dell’imparzialità, i quali non possono che essere assicurati in ogni ambito dell’azione stessa e, a maggior rigore, in materia di procedure ad evidenza pubblica, ove l’ottenimento del miglior risultato nella competizione risponde ad un interesse pubblico e generale.

Si richiama, altresì, la decisione numero 4 del 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo cui “La pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’articolo 116 c.p.a. non devono (…) svolgere alcuna ultronea valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso. Un diverso ragionamento reintrodurrebbe nella disciplina dell’accesso difensivo e, soprattutto, nella sua pratica applicazione limiti e preclusioni che, invece, non sono contemplati dalla legge, la quale ha già previsto (…) adeguati criteri per valutare la situazione legittimante all’accesso difensivo e per effettuare il bilanciamento tra gli interessi contrapposti all’ostensione del documento o alla riservatezza”.

Ci sono tutti i presupposti per ritenere che il segreto tecnico-commerciale, ammesso che esista davvero e che l’impresa vincitrice riesca a fornire una dimostrazione concreta e motivata della sua esistenza, appaia inevitabilmente destinato a fare un passo indietro quando a venire in rilievo sia l’esercizio del fondamentale diritto di difesa.

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L’accesso difensivo in presenza di segreti tecnico-commerciali, fra vecchio e nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Published On: 8 Maggio 2024

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, l’accesso agli atti di gara, istituto cardine volto alla tutela del basilare principio di trasparenza dell’attività amministrativa, pur collocandosi nel solco della normativa precedente, di cui rievoca la struttura di fondo, appare assumere un volto rinnovato, specie per ciò che concerne i casi di esclusione dello stesso e le relative eccezioni, ossia i presupposti in presenza dei quali ne è consentito il superamento.

La nuova disciplina dell’istituto, contenuta agli articoli 35 e 36 del nuovo Codice Appalti (che abbiamo ricostruito in questo nostro precedente articolo), ridona vigore al risalente dibattito già formatosi attorno all’articolo 53, commi 5 e 6, del previgente d.lgs. n. 50 del 2016, sul bilanciamento tra le contrapposte, ed invero parimenti fondamentali, esigenze che rilevano rispetto alla “documentazione di gara”: la riservatezza degli operatori economici partecipanti, anche a tutela di eventuali segreti tecnico-commerciali presenti nelle offerte; la trasparenza dell’agire amministrativo e, infine, correlativamente, il diritto di difesa in giudizio di cui all’articolo 24 della Costituzione.

La tutela dei segreti tecnico-commerciali presenti nelle “offerte”: nuovo e vecchio codice a confronto

Per quanto qui interessa, il previgente d.lgs. 50 del 2016 affermava, al quinto comma, che “fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”; e aggiungeva, al successivo sesto comma, che “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

La nuova disciplina, contenuta nell’articolo 35, quarto comma, del d.lgs. 36 del 2023 – facendo sempre salva la disciplina dettata per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza – sancisce che “il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione: a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

In relazione alle ipotesi ora contemplate, il successivo quinto comma consente l’accesso al concorrente se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.

Dal raffronto tra le due disposizioni normative, è possibile evidenziare come, al di là delle piccole modifiche testuali, la normativa sul diritto di accesso agli atti di gara in presenza di un segreto tecnico-commerciale sia rimasta, nella sua sostanza, assolutamente invariata (mutando invece nei suoi aspetti procedimentali, come abbiamo descritto in questo nostro precedente articolo).

Peraltro, appare manifesto l’intento del legislatore di recepire e consolidare, a livello normativo, il prevalente orientamento giurisprudenziale già affermatosi in materia quanto al contemperamento tra i vari interessi coinvolti che, pertanto, è alquanto utile riproporre.

La prova ardua dell’effettiva esistenza di un segreto tecnico-commerciale

L’impresa, che abbia interesse a tenere celate le proprie informazioni riservate, ha l’onere precipuo di dimostrare l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di tutela (T.A.R. Milano, sezione I, 07/03/2022, numero 543). Occorre, più nello specifico, una sua manifestazione di interesse, nonché una motivata e comprovata dichiarazione, finalizzata, per l’appunto, a provare la reale consistenza della pretesa invocata (Consiglio di Stato, sezione V, 26/10/2020, numero 6463). Solo in presenza di una siffatta e robusta dimostrazione, l’impresa stessa avrà infatti la possibilità di invocare, a propria tutela, il limite all’ostensione.

La giurisprudenza ha chiarito in cosa tale prova debba concretamente consistere, precisandone il contenuto minimo, in assenza del quale non può esserci segreto positivamente tutelabile. Essa, in particolare, deve fare riferimento agli specifici caratteri di cui all’articolo 98 del Codice della Proprietà Industriale (T.A.R. Trentino-Alto Adige – Trento, sezione I, 19/04/2023, numero 59). Non bastano, dunque, asserzioni generiche, assolutamente indimostrate, circa la titolarità di un segreto tecnico-commerciale, ma è importante e necessario provare che le proprie informazioni aziendali siano: 1) segrete, ossia non generalmente note o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del settore; 2) dotate di valore economico, in quanto segrete; 3) sottoposte a misure tali da ritenersi ragionevolmente adeguate e idonee a mantenerle segrete (Tribunale Ancora, Sezione spec. Impresa, 30/09/2021, numero 1175).

Occorre, invero, notare come una prova di tal natura non sia affatto agevole, e infatti essa finisce spesso, nella prassi, col tradursi in una serie di affermazioni tautologiche, apodittiche e manifestamente generiche, spesso inidonee a ergersi a fondamento dell’invocato limite all’ostensibilità dei dati invocati come segreti.

La valutazione di competenza della stazione appaltante

La prova ora descritta, di spettanza dell’impresa che invoca il limite all’ostensione, non è di per sé sufficiente ai fini dell’operatività del limite stesso, ma richiede, quale secondo step necessario, una valutazione e un giudizio di conferma da parte della stazione appaltante. A questa è infatti richiesto uno specifico, autonomo e discrezionale apprezzamento circa l’effettiva rilevanza del segreto invocato, sia per ciò che concerne il profilo della sua validità sia per ciò che attiene alla pertinenza delle argomentazioni e ragioni poste, dall’impresa vincitrice, a sostegno e fondamento dell’opposto diniego (T.A.R. Lombardia – Milano, sezione I, 07/03/2022, numero 543; T.A.R. Lombardia, sezione I, 22/06/2021, numero 1526; T.A.R. Campania, sezione II, 30/01/2020, numero 437). Pur trattandosi di un giudizio discrezionale, la stazione appaltante, nell’effettuare una siffatta indagine, non può in nessun caso discostarsi, ad avviso della giurisprudenza, dalla definizione normativa contenuta nel Codice della proprietà industriale, di cui all’articolo 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (T.A.R. Roma, sezione I, 11/08/2021, numero 9363; e inoltre, in senso conforme, T.A.R. Trento, sezione I, 19/04/2023, numero 59).

Il requisito della “stretta indispensabilità” ai fini della difesa in giudizio, nel caso di istanza di accesso

A fronte della previsione, oggi reiterata al comma 5 dell’articolo 35 del nuovo Codice Appalti, merita ancora di essere qui riportato quel consolidato filone giurisprudenziale per cui il concorrente che chieda di accedere agli atti di gara per “finalità difensive”, è anche tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza della propria richiesta, e cioè della sua “indispensabilità”.

Tale prova è certamente più agevole rispetto alla precedente, poiché chi intende agire in giudizio necessita inevitabilmente della conoscenza piena e completa della documentazione necessaria ad articolare compiutamente, e non “al buio”, le proprie difese in giudizio: “L’accesso, insomma, non è (o non è soltanto) uno strumento per difendersi in un processo: è, a monte, uno strumento per verificare se conviene iniziare il detto processo, che possibilità di esito vittorioso si hanno, come debba formularsi il petitum” (Consiglio di Stato, sezione IV, 28/01/2016, numero 326).

La giurisprudenza ha in più occasioni ribadito l’insufficienza della dimostrazione di un generico interesse alla tutela dei propri interessi richiedendo, piuttosto, la concreta necessità di utilizzare la documentazione “riservata” in uno specifico giudizio (Consiglio di Stato, sezione V, 26/10/2020, numero 6463). Si vuole, in tal modo, escludere un accesso meramente esplorativo, in quanto tale non consentito. Occorre, dunque, fornire la prova specifica e concreta della “indispensabilità” dell’accesso ai fini, appunto, della difesa in giudizio. Appare indiscutibile, sotto tale profilo, il recepimento, nell’attuale Codice dei Contratti Pubblici, del requisito in oggetto, il quale si traduce, in concreto, nella prova di un nesso diretto e inequivoco tra le esigenze difensive e i documenti di cui si richiede l’ostensione (T.A.R. Lazio, sezione V, 15/02/2022, numero 1872).

L’esercizio del diritto di difesa prevale sul sancito limite alla ostensibilità

Dimostrata e provata, in maniera stringente, l’esistenza di un nesso di strumentalità tra l’accesso agli atti di gara e la tutela giurisdizionale della posizione dell’impresa istante, il diritto alla piena ed effettiva tutela giurisdizionale non può che ritenersi prevalente rispetto al diritto alla riservatezza delle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta (T.A.R. Lombardia, Sezione I, numero 543/2022). Qualora venisse, infatti, negato l’accesso alla documentazione concernente l’offerta tecnica, l’impresa non aggiudicataria non avrebbe possibilità alcuna di prendere cognizione delle ragioni sottese all’attribuzione dei punteggi che hanno indotto l’impresa concorrente a conseguire la prima posizione nella graduatoria finale (T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, sezione II, 17/04/2023, numero 222), con conseguente venir meno della possibilità di tutelare la propria posizione.

La singolare pronuncia del T.A.R. Lazio – Roma numero 9363 del 2021, ponendo sulla bilancia i contrapposti interessi in rilievo, la tutela dei segreti tecnico-commerciali da un lato e il diritto all’accesso difensivo dall’altro, riconosce assoluta prevalenza al secondo, sul presupposto che non si tratterebbe di “valori di eguale dignità”. Il segreto tecnico-commerciale trova, infatti, la propria tutela in fonti di rango primario (si richiamano, a tal proposito, gli articoli 98 e seguenti del Codice della Proprietà Industriale e l’articolo 53, comma 5, del d.lgs. 50/2016 – oggi contenuto nell’articolo 35, comma 4, del d.lgs. 36 del 2023), mentre il diritto all’accesso difensivo trova riconoscimento, oltre che in norme di rango primario (si vedano gli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990 e, nella specifica materia degli Appalti, l’articolo 53, comma 6, del d.lgs. 50/2016 – oggi contenuto nell’articolo 35, comma 5, del d.lgs. 36 del 2023), direttamente nella nostra Carta Costituzionale (articolo 24) e godrebbe, proprio a motivo di ciò, di una tutela costituzionalmente “rafforzata”.

A venire in rilievo non è solo l’articolo 24 della nostra Costituzione, bensì anche l’articolo 97 della Carta medesima, il quale detta i princìpi fondamentali che devono ispirare l’azione amministrativa, a tutela dei valori della democraticità, dell’efficienza e dell’imparzialità, i quali non possono che essere assicurati in ogni ambito dell’azione stessa e, a maggior rigore, in materia di procedure ad evidenza pubblica, ove l’ottenimento del miglior risultato nella competizione risponde ad un interesse pubblico e generale.

Si richiama, altresì, la decisione numero 4 del 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo cui “La pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’articolo 116 c.p.a. non devono (…) svolgere alcuna ultronea valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso. Un diverso ragionamento reintrodurrebbe nella disciplina dell’accesso difensivo e, soprattutto, nella sua pratica applicazione limiti e preclusioni che, invece, non sono contemplati dalla legge, la quale ha già previsto (…) adeguati criteri per valutare la situazione legittimante all’accesso difensivo e per effettuare il bilanciamento tra gli interessi contrapposti all’ostensione del documento o alla riservatezza”.

Ci sono tutti i presupposti per ritenere che il segreto tecnico-commerciale, ammesso che esista davvero e che l’impresa vincitrice riesca a fornire una dimostrazione concreta e motivata della sua esistenza, appaia inevitabilmente destinato a fare un passo indietro quando a venire in rilievo sia l’esercizio del fondamentale diritto di difesa.

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