Diritto alle indennità nella retribuzione durante il periodo di ferie
La Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n.25850 del 27/09/2024, si esprime in materia di retribuzione dei lavoratori durante il periodo feriale, disponendo, conformemente all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che devono essere garantite condizioni economiche paragonabili a quelle del periodo lavorativo.
Fatti di causa
La pronuncia in esame nasce dal ricorso proposto da un datore di lavoro avverso la sentenza della Corte di Appello territorialmente competente che riconosceva il diritto di controparte (un lavoratore) di percepire, per ogni giorno di ferie, una retribuzione comprensiva dell’indennità perequativa, dell’indennità compensativa e dell’indennità di turno.
Nello specifico, la Corte territoriale, richiamando i princìpi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione in precedenti analoghi, chiariva che, tenuto conto dei criteri ermeneutici delineati dagli articoli 1362 e ss. e tutt’al più dell’orientamento della giurisprudenza eurocomunitaria, l’indennità perequativa/compensativa, essendo collegata allo svolgimento di mansioni che il lavoratore espleta in virtù del contratto di lavoro, rientra nella retribuzione da corrispondere anche nei periodi feriali.
A parere della Corte, inoltre, l’indennità di turno compensa l’esecuzione di turni flessibili e avvicendati (obbligatori per il lavoratore in questione in base al suo contratto di lavoro) e deve essere, di conseguenza, inclusa nella parte della retribuzione a lui spettante per ogni giorno di lavoro effettivo, assimilabile, di conseguenza a integrazioni collegate a qualifiche professionali, che la giurisprudenza europea impone di includere nel calcolo della retribuzione per il periodo di ferie.
Avverso tale decisione, il datore di lavoro proponeva ricorso per Cassazione denunciando “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in combinato disposto con l’art. 1363 c.c., in tema di interpretazione ermeneutica dei contratti collettivi aziendali, con contestuale illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha dedotto l’illegittimità dell’esclusione dell’indennità perequativa, compensativa e di turno dalle voci di retribuzione normale, quale parametro per la determinazione dell’indennità di ferie, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
A parere del ricorrente l’indennità perequativa/compensativa era determinata da voci legate a specifiche qualifiche dei lavoratori e da altre corrisposte solo in occasione dello svolgimento di mansioni con valore di rimborso spese.
Queste indennità, che includevano pregresse e varie indennità legate ad effettive e/o particolari prestazioni rese, secondo il ricorrente, erano state correttamente considerate assimilabili a quelle saltuarie e variabili, come previsto dal CCNL di riferimento.
Analoghe considerazioni valevano per l’indennità di turno, destinata a compensare lo sforzo di lavorare in giorni di riposo, legata alla effettiva presenza fisica del lavoratore sul luogo di lavoro.
Le statuizioni della Corte di Cassazione
Il Collegio, con la decisione in rassegna, ha preliminarmente chiarito, alla luce di specifiche pronunce della CGUE, che con “l’espressione «ferie annuali» retribuite contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, «deve essere mantenuta» la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria”.
Secondo il Collegio, infatti, una diminuzione della retribuzione potrebbe, contrastando con le prescrizioni e gli obiettivi del legislatore europeo, sollecitare il lavoratore a rinunciare al godimento delle ferie.
A tal proposito, il Collegio, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, ha ribadito che “la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE… comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo «status» personale e professionale del lavoratore” ed altresì che “con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie… si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo «status» personale e professionale del lavoratore”.
Ciò, richiamando fra l’altro una propria precedente pronuncia (Cass. 23/06/2022 n. 20216), nella quale veniva sancita la nullità di una disposizione collettiva che, in contrasto con le direttive comunitarie, negava ad un lavoratore in ferie una retribuzione paragonabile a quelle godute durante l’esercizio dell’attività lavorativa.
Sulla base dei richiami giurisprudenziali, il Collegio ha quindi ulteriormente chiarito che “l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo e in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale”.
Da tanto, è quindi derivato il rigetto del ricorso, con conseguente conferma della sentenza d’Appello che, come anticipato, condannava il datore di lavoro a riconoscere al lavoratore, per ciascun giorno di ferie, una retribuzione comprensiva dell’indennità perequativa, dell’indennità compensativa e dell’indennità di turno, pertanto assimilabile a quella percepita nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa.