Prolungamento delle concessioni demaniali marittime a tutela della "buona fede"

E’ possibile il prolungamento (rectius: la proroga) di una concessione demaniale marittima nel caso di buona fede del concessionario.
In tal senso si esprime la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo  la quale, con la sentenza del 2 luglio 2018, n. 271 – dopo aver ricostruito le alterne sorti del cosiddetto “diritto di insistenza” – originariamente previsto dall’articolo 37 del Codice della Navigazione e poi soppresso dal decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla L. 26 febbraio 2010 n. 25, in quanto ritenuto inidoneo a garantire una procedura di selezione imparziale e trasparente (con conseguente violazione del Trattato di Roma e della Direttiva Bolkestein) – ha ritenuto di poter mitigare gli effetti della Direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), dando rilievo proprio alla buona fede del concessionario.
Il Collegio giudicante, in particolare, nell’accogliere il ricorso presentato dal titolare di uno stabilimento balneare che si era visto respingere la richiesta di prolungamento della concessione demaniale presentata (volta anche ad ammortizzare gli investimenti nel frattanto effettuati, ai sensi dell’art. 3, comma 4-bis, D.L. n. 400/1993, convertito in legge n. 494/1993), ha richiamato la celebre sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 luglio 2016, nella cause riunite C‑458/14 e C‑67/15, la quale, nel dichiarare il contrasto con l’ordinamento comunitario delle disposizioni nazionali che consentono la proroga generalizzata ed automatica delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2020 (cfr. art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, nella versione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo introdotto in sede di conversione con legge 17 dicembre 2012, n. 221), ha anche tenuto a precisare “…che una proroga ad una concessione demaniale è giustificata solo allorquando sia finalizzata a tutelare la buona fede del concessionario, ossia quando lo stesso abbia ottenuto una determinata concessione in un’epoca in cui “non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza..”.
Nel caso di specie, sia la concessione demaniale che gli investimenti effettuati dal titolare dello stabilimento risalivano ad epoca antecedente alla scadenza del termine di recepimento della Direttiva 2006/123/CE e pertanto, secondo la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiamata dal TAR abruzzese, la cessazione anticipata della concessione, per essere legittima, “..deve essere preceduta da un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuale a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico..”.
Da ciò è dunque derivato l’accoglimento del ricorso, ritenendosi sussistente il lamentato vizio di eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria, nonché il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati (con i quali era stata semplicemente affermata l’impossibilità di proroghe di concessioni demaniali oltre il termini del 31 dicembre 2020).
 

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Prolungamento delle concessioni demaniali marittime a tutela della "buona fede"

Published On: 31 Luglio 2018

E’ possibile il prolungamento (rectius: la proroga) di una concessione demaniale marittima nel caso di buona fede del concessionario.
In tal senso si esprime la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo  la quale, con la sentenza del 2 luglio 2018, n. 271 – dopo aver ricostruito le alterne sorti del cosiddetto “diritto di insistenza” – originariamente previsto dall’articolo 37 del Codice della Navigazione e poi soppresso dal decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla L. 26 febbraio 2010 n. 25, in quanto ritenuto inidoneo a garantire una procedura di selezione imparziale e trasparente (con conseguente violazione del Trattato di Roma e della Direttiva Bolkestein) – ha ritenuto di poter mitigare gli effetti della Direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), dando rilievo proprio alla buona fede del concessionario.
Il Collegio giudicante, in particolare, nell’accogliere il ricorso presentato dal titolare di uno stabilimento balneare che si era visto respingere la richiesta di prolungamento della concessione demaniale presentata (volta anche ad ammortizzare gli investimenti nel frattanto effettuati, ai sensi dell’art. 3, comma 4-bis, D.L. n. 400/1993, convertito in legge n. 494/1993), ha richiamato la celebre sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 luglio 2016, nella cause riunite C‑458/14 e C‑67/15, la quale, nel dichiarare il contrasto con l’ordinamento comunitario delle disposizioni nazionali che consentono la proroga generalizzata ed automatica delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2020 (cfr. art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, nella versione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo introdotto in sede di conversione con legge 17 dicembre 2012, n. 221), ha anche tenuto a precisare “…che una proroga ad una concessione demaniale è giustificata solo allorquando sia finalizzata a tutelare la buona fede del concessionario, ossia quando lo stesso abbia ottenuto una determinata concessione in un’epoca in cui “non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza..”.
Nel caso di specie, sia la concessione demaniale che gli investimenti effettuati dal titolare dello stabilimento risalivano ad epoca antecedente alla scadenza del termine di recepimento della Direttiva 2006/123/CE e pertanto, secondo la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiamata dal TAR abruzzese, la cessazione anticipata della concessione, per essere legittima, “..deve essere preceduta da un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuale a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico..”.
Da ciò è dunque derivato l’accoglimento del ricorso, ritenendosi sussistente il lamentato vizio di eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria, nonché il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati (con i quali era stata semplicemente affermata l’impossibilità di proroghe di concessioni demaniali oltre il termini del 31 dicembre 2020).
 

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