Anonimato nel concorso di progettazione a procedura aperta
La decisione numero 5712 del 7 maggio 2019 del TAR del Lazio indica gli elementi utili a valutare il rispetto della regola dell’anonimato, ed in particolare la riconoscibilità di un elaborato e la riconducibilità al suo autore in un concorso di progettazione a procedura aperta, precisando come – qualora un preteso segno di riconoscimento sia imputabile al concorrente – sono due gli elementi da cui eventualmente evincere la violazione della regola dell’anonimato: l’idoneità del segno di riconoscimento ed il suo utilizzo intenzionale (Cons. Stato, Sez. III, 17.7.18, n. 4331).
Il Tribunale in particolare, ha ritenuto illegittima la esclusione di un raggruppamento di concorrenti, disposta per avere la Commissione giudicatrice rilevato, sulla testata delle tavole delle proposte progettuali, presunti elementi riconoscitivi (quali titoli, motti e loghi) che avrebbero potuto ricondurre alla paternità della proposta progettuale, per la ragione che – come la giurisprudenza non ha mancato di precisare – ciò che rileva non è tanto l’identificabilità diretta dell’autore dell’elaborato, attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’ “astratta idoneità” del segno a fungere da elemento di identificazione. Tale presupposto ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta (ex multis e per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 12.11.15, n. 5137 e TAR Sardegna, Sez. I, 23.1.19, n. 51), in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato. A ciò deve aggiungersi il riscontro della presenza anche dell’“elemento intenzionale”, inteso come desumibile a provare in modo inequivoco la volontà cosciente del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 17.1.14, n. 202).
La regola dell’anonimato, specifica infatti il Tribunale, non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l’invalidità delle prove (ovvero l’esclusione da una procedura a evidenza pubblica per violazione dell’art. 155 del Codice) ogni volta che sussista una mera, astratta, possibilità di riconoscimento. Se così fosse, non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario (ri)conosca una particolare modalità di stesura previamente conosciuta, per cui deve emergere, in più, l’elemento dell’intenzionalità, che va desunta, per via indiretta o presuntiva, dalla natura in sé dell’elemento riconoscibile e dalla sua suscettività “oggettiva” di comportare la riferibilità dell’elaborato stesso a un determinato soggetto.
D’altra parte, considera ancora la decisione, il giudizio sulla rilevanza dell’elemento anomalo e sulla sua portata viziante deve tener conto anche del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa (Cons. Stato, n. 4331/18 cit.)