Azione revocatoria ordinaria: presupposti e finalità

Published On: 8 Marzo 2023Categories: Diritto civile, Tutele

L’azione revocatoria ordinaria è disciplinata dagli articoli 2901 e seguenti del codice civile e si configura come uno strumento di salvaguardia della garanzia patrimoniale del creditore.

La ratio dell’azione revocatoria è, infatti, quella di consentire al creditore che venga dichiarato inefficace nei suoi confronti l’atto di disposizione, sia esso oneroso o gratuito, posto in essere dal debitore in frode alle sue ragioni, che abbia diminuito o anche reso difficile la soddisfazione del credito.

Tale atto, pertanto, verrà revocato e verrà ripristinata la situazione originaria, consentendo al creditore di poter validamente esperire le azioni esecutive necessarie per il recupero coattivo del credito.

L’azione revocatoria può essere di due differenti tipologie: ordinaria e fallimentare.

L’azione revocatoria ordinaria (articoli 2901 e ss. del codice civile) è quel rimedio attribuito al creditore nei confronti del debitore che, con atti di cessione a favore di un terzo, diminuisca o disperda le proprie risorse patrimoniali, rendendo difficoltoso o addirittura impossibile il recupero coattivo del credito.

L’azione revocatoria fallimentare, invece, è disciplinata dagli articoli 64 e seguenti della legge fallimentare e rappresenta lo strumento per mezzo del quale il curatore fallimentare – al fine di ricostituire il patrimonio del soggetto nei confronti del quale è stata pronunciata la sentenza di fallimento – può chiedere la revoca di determinati atti antecedenti la dichiarazione di fallimento compiuti dal medesimo ai danni dei creditori.

Sicché, la differenza tra i due istituti è sostanziale in quanto, la revocatoria ordinaria è posta a tutela delle ragioni del singolo creditore mentre quella fallimentare ha come fine quello di garantire la par condicio creditorum in favore di tutti i creditori del soggetto dichiarato fallito.

Presupposti dell’azione revocatoria ordinaria

Legittimato attivo è certamente il titolare di un diritto di credito, che non deve essere necessariamente liquido ed esigibile, ben potendo l’azione revocatoria ordinaria essere legittimamente esperita anche nei confronti di un credito sottoposto a condizione o a termine.

Legittimati passivi sono, invece, il debitore e il terzo destinatario dell’atto dispositivo.

Ai fini del corretto esercizio dell’azione revocatoria, oltre all’esistenza di un diritto di credito è necessario il compimento da parte del debitore di un atto di disposizione del proprio patrimonio che abbia arrecato un pregiudizio economico alle ragioni del creditore.

Tale atto può avere natura gratuita (ad es. una donazione) od onerosa (ad es. una compravendita).

Sono revocabili, pertanto, tutti quegli atti che: a) sottraggono il bene all’esecuzione forzata del creditore; b) attribuiscono una preferenza rispetto al creditore; c) comportano l’assunzione di una obbligazione che determini la riduzione della garanzia patrimoniale o la costituzione di diritti reali in favore di terzi.

Tale elenco, tuttavia, non è tassativo né esaustivo, potendo rientrare nella categoria degli atti soggetti a revocatoria anche quelli costitutivi di garanzie reali come il pegno e l’ipoteca o ancora, il conferimento di beni in una società ovvero tutti quei negozi giuridici che rendano anche semplicemente più difficoltoso il recupero del credito arrecando un pregiudizio alle ragioni del creditore.

Ulteriori presupposti dell’azione revocatoria ordinaria sono: a) l’eventus damni; b) il consilium fraudis ed infine, c) la scientia fraudis.

L’eventus damni è il pregiudizio arrecato al creditore dall’atto dispositivo posto in essere dal debitore, che ha determinato una riduzione effettiva e concreta delle garanzie patrimoniali, impedendo la soddisfazione delle ragioni creditizie.

Tale pregiudizio può anche essere meramente potenziale, essendo sufficiente a tal fine il mero pericolo di diminuzione delle garanzie di soddisfacimento del credito, che limiti la possibilità per il creditore di esperire validamente le azioni di recupero coattivo del proprio credito.

Il pregiudizio, sia esso concreto o meramente potenziale, deve essere esistente nel momento dell’atto dispositivo ed in ogni caso, attuale alla proposizione della domanda, non potendo assumere rilievo quegli atti dispositivi del debitore che nel momento in cui sono stati posti in essere non potevano arrecare danno al creditore.

Il consilium fraudis, invece, è la consapevolezza del debitore di arrecare un danno alle ragioni del creditore e si atteggia diversamente a seconda che l’atto dispositivo sia anteriore o successivo al sorgere del credito.

Nel primo caso, il consilium fraudis verrà individuato nella predeterminazione del debitore finalizzata a diminuire le garanzie patrimoniali in pregiudizio alle ragioni del creditore; nel secondo caso, invece, tale presupposto si identificherà con la consapevolezza in capo al debitore di avere arrecato un danno al creditore, facendo venire meno la possibilità di soddisfacimento del credito.

La scientia fraudis, infine, è l’atteggiamento psicologico del terzo (se l’atto coinvolge anche quest’ultimo ed è anteriore al sorgere del credito) che è a conoscenza dell’intenzione del debitore di diminuire le proprie garanzie patrimoniali in danno del creditore e partecipa fraudolentemente a tale progetto. Si parla, invece, di scientia damni se l’atto dispositivo è successivo al sorgere del credito, identificandosi in questo caso con la consapevolezza del terzo di aver arrecato un pregiudizio alle ragioni del creditore.

È bene ricordare che è il creditore che agisce in revocazione ad essere onerato di provare l’esistenza dei succitati presupposti, mentre grava sul debitore l’onere di dimostrare di essere in grado con il patrimonio residuo o con altre risorse di soddisfare il credito.

Finalità dell’azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria ordinaria si prescrive in cinque anni dal compimento dell’atto dispositivo in frode al creditore, ai sensi dell’articolo 2903 del codice civile.

Tale norma è stata più volte interpretata dalla giurisprudenza, che ha ormai pacificamente precisato che la prescrizione decorre dal momento in cui dell’atto dispositivo posto in essere dal debitore sia stata data pubblicità ai terzi, in quanto è solo da questo momento che il diritto del creditore può essere fatto valere, ai sensi dell’art. 2935 c.c.

La finalità dell’azione revocatoria ordinaria è quella di ottenere una dichiarazione di inefficacia dell’atto dispositivo compiuto dal debitore, in tal modo consentendo al creditore che ha agito in giudizio di esperire validamente le necessarie azioni esecutive per il recupero coattivo del proprio credito.

La sentenza che definisce il giudizio di revocazione ha, pertanto, natura costitutiva in quanto modifica una situazione giuridica preesistente, privando di efficacia atti dispositivi compiuti in frode alle ragioni del creditore procedente e determinando la ricostituzione del patrimonio del debitore e delle garanzie ad esso connesse.

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Azione revocatoria ordinaria: presupposti e finalità

Published On: 8 Marzo 2023

L’azione revocatoria ordinaria è disciplinata dagli articoli 2901 e seguenti del codice civile e si configura come uno strumento di salvaguardia della garanzia patrimoniale del creditore.

La ratio dell’azione revocatoria è, infatti, quella di consentire al creditore che venga dichiarato inefficace nei suoi confronti l’atto di disposizione, sia esso oneroso o gratuito, posto in essere dal debitore in frode alle sue ragioni, che abbia diminuito o anche reso difficile la soddisfazione del credito.

Tale atto, pertanto, verrà revocato e verrà ripristinata la situazione originaria, consentendo al creditore di poter validamente esperire le azioni esecutive necessarie per il recupero coattivo del credito.

L’azione revocatoria può essere di due differenti tipologie: ordinaria e fallimentare.

L’azione revocatoria ordinaria (articoli 2901 e ss. del codice civile) è quel rimedio attribuito al creditore nei confronti del debitore che, con atti di cessione a favore di un terzo, diminuisca o disperda le proprie risorse patrimoniali, rendendo difficoltoso o addirittura impossibile il recupero coattivo del credito.

L’azione revocatoria fallimentare, invece, è disciplinata dagli articoli 64 e seguenti della legge fallimentare e rappresenta lo strumento per mezzo del quale il curatore fallimentare – al fine di ricostituire il patrimonio del soggetto nei confronti del quale è stata pronunciata la sentenza di fallimento – può chiedere la revoca di determinati atti antecedenti la dichiarazione di fallimento compiuti dal medesimo ai danni dei creditori.

Sicché, la differenza tra i due istituti è sostanziale in quanto, la revocatoria ordinaria è posta a tutela delle ragioni del singolo creditore mentre quella fallimentare ha come fine quello di garantire la par condicio creditorum in favore di tutti i creditori del soggetto dichiarato fallito.

Presupposti dell’azione revocatoria ordinaria

Legittimato attivo è certamente il titolare di un diritto di credito, che non deve essere necessariamente liquido ed esigibile, ben potendo l’azione revocatoria ordinaria essere legittimamente esperita anche nei confronti di un credito sottoposto a condizione o a termine.

Legittimati passivi sono, invece, il debitore e il terzo destinatario dell’atto dispositivo.

Ai fini del corretto esercizio dell’azione revocatoria, oltre all’esistenza di un diritto di credito è necessario il compimento da parte del debitore di un atto di disposizione del proprio patrimonio che abbia arrecato un pregiudizio economico alle ragioni del creditore.

Tale atto può avere natura gratuita (ad es. una donazione) od onerosa (ad es. una compravendita).

Sono revocabili, pertanto, tutti quegli atti che: a) sottraggono il bene all’esecuzione forzata del creditore; b) attribuiscono una preferenza rispetto al creditore; c) comportano l’assunzione di una obbligazione che determini la riduzione della garanzia patrimoniale o la costituzione di diritti reali in favore di terzi.

Tale elenco, tuttavia, non è tassativo né esaustivo, potendo rientrare nella categoria degli atti soggetti a revocatoria anche quelli costitutivi di garanzie reali come il pegno e l’ipoteca o ancora, il conferimento di beni in una società ovvero tutti quei negozi giuridici che rendano anche semplicemente più difficoltoso il recupero del credito arrecando un pregiudizio alle ragioni del creditore.

Ulteriori presupposti dell’azione revocatoria ordinaria sono: a) l’eventus damni; b) il consilium fraudis ed infine, c) la scientia fraudis.

L’eventus damni è il pregiudizio arrecato al creditore dall’atto dispositivo posto in essere dal debitore, che ha determinato una riduzione effettiva e concreta delle garanzie patrimoniali, impedendo la soddisfazione delle ragioni creditizie.

Tale pregiudizio può anche essere meramente potenziale, essendo sufficiente a tal fine il mero pericolo di diminuzione delle garanzie di soddisfacimento del credito, che limiti la possibilità per il creditore di esperire validamente le azioni di recupero coattivo del proprio credito.

Il pregiudizio, sia esso concreto o meramente potenziale, deve essere esistente nel momento dell’atto dispositivo ed in ogni caso, attuale alla proposizione della domanda, non potendo assumere rilievo quegli atti dispositivi del debitore che nel momento in cui sono stati posti in essere non potevano arrecare danno al creditore.

Il consilium fraudis, invece, è la consapevolezza del debitore di arrecare un danno alle ragioni del creditore e si atteggia diversamente a seconda che l’atto dispositivo sia anteriore o successivo al sorgere del credito.

Nel primo caso, il consilium fraudis verrà individuato nella predeterminazione del debitore finalizzata a diminuire le garanzie patrimoniali in pregiudizio alle ragioni del creditore; nel secondo caso, invece, tale presupposto si identificherà con la consapevolezza in capo al debitore di avere arrecato un danno al creditore, facendo venire meno la possibilità di soddisfacimento del credito.

La scientia fraudis, infine, è l’atteggiamento psicologico del terzo (se l’atto coinvolge anche quest’ultimo ed è anteriore al sorgere del credito) che è a conoscenza dell’intenzione del debitore di diminuire le proprie garanzie patrimoniali in danno del creditore e partecipa fraudolentemente a tale progetto. Si parla, invece, di scientia damni se l’atto dispositivo è successivo al sorgere del credito, identificandosi in questo caso con la consapevolezza del terzo di aver arrecato un pregiudizio alle ragioni del creditore.

È bene ricordare che è il creditore che agisce in revocazione ad essere onerato di provare l’esistenza dei succitati presupposti, mentre grava sul debitore l’onere di dimostrare di essere in grado con il patrimonio residuo o con altre risorse di soddisfare il credito.

Finalità dell’azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria ordinaria si prescrive in cinque anni dal compimento dell’atto dispositivo in frode al creditore, ai sensi dell’articolo 2903 del codice civile.

Tale norma è stata più volte interpretata dalla giurisprudenza, che ha ormai pacificamente precisato che la prescrizione decorre dal momento in cui dell’atto dispositivo posto in essere dal debitore sia stata data pubblicità ai terzi, in quanto è solo da questo momento che il diritto del creditore può essere fatto valere, ai sensi dell’art. 2935 c.c.

La finalità dell’azione revocatoria ordinaria è quella di ottenere una dichiarazione di inefficacia dell’atto dispositivo compiuto dal debitore, in tal modo consentendo al creditore che ha agito in giudizio di esperire validamente le necessarie azioni esecutive per il recupero coattivo del proprio credito.

La sentenza che definisce il giudizio di revocazione ha, pertanto, natura costitutiva in quanto modifica una situazione giuridica preesistente, privando di efficacia atti dispositivi compiuti in frode alle ragioni del creditore procedente e determinando la ricostituzione del patrimonio del debitore e delle garanzie ad esso connesse.

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