Consenso informato: il medico è sempre responsabile quando manca

Se un intervento chirurgico non ha esito positivo ed il paziente lamenta un mancato consenso informato, è il paziente stesso a dover dimostrare che se fosse stato informato in maniera corretta non si sarebbe fatto operare, fermo restando il suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall’impossibilità di autodeterminarsi.
Partendo da questi presupposti, la Sezione Terza della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 15 maggio 2018 che qui si segnala, ha cassato con rinvio una sentenza  della Corte di Appello di Napoli, che aveva del tutto escluso il risarcimento dei danni richiesti dal paziente male informato, per la dedotta violazione da parte del medico  “dell’obbligo di renderlo edotto, tramite il consenso informato, del tipo di intervento, dei suoi rischi e delle possibili complicanze”, con ciò privandolo della possibilità di determinare consapevolmente il proprio comportamento.
Ad avviso della Terza Sezione, invece, solo quando si alleghi che la violazione dell’obbligo di acquisire il consenso informato abbia determinato (anche) un danno alla salute, è, peraltro, necessario dimostrare il nesso causale tra questo danno e quella violazione (cfr. Cass. 13/10/2017, n. 24074; Cass. 16/02/2016, n. 2998).
Di contro, ove si alleghi la lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, una tale prova non è necessaria.
La lesione del diritto all’autodeterminazione, infatti, gode di una presunzione relativa (id quod plerumque accidit) poiché  sono conseguenze dirette e “normali” (in termini di frequenza statistica) sia la sofferenza legata alla contrazione della libertà di disporre di se stessi, sia la perdita della possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte (non sottoporsi all’intervento, farsi operare in un momento successivo, scegliere un’altra struttura ritenuta più adeguata).
Di conseguenza, la Cassazione, nell’affermare come non sia necessario alcun ulteriore danno né alcuna specifica prova affinché sia dimostrata la lesione dei processi decisionali, con conseguente immediata risarcibilità del danno non patrimoniale, ha concluso nel senso che: se da un lato appare conforme a diritto la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno da lesione del diritto alla salute in tesi derivato dalla violazione dell’obbligo di acquisizione del consenso informato (in base all’accertamento – che costituisce oggetto di indagine di merito, non sindacabile in sede di legittimità – secondo il quale l’attore non aveva dato la prova che, ove fosse stato correttamente informato dei rischi e delle complicanze dell’intervento, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporvisi, né tale prova era emersa a livello presuntivo), dall’altro lato deve invece ritenersi censurabile la medesima decisione nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, sul rilievo che l’appellante non avesse indicato in nessun modo quali fossero stati, in concreto, i pregiudizi non patrimoniali, diversi da quello alla salute, da lui subiti in conseguenza della mancanza di adeguata informazione, né avesse chiarito in cosa fossero consistite le sofferenze fisiche e psichiche allegate quale conseguenza del deficit informativo.
 

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Consenso informato: il medico è sempre responsabile quando manca

Published On: 4 Giugno 2018

Se un intervento chirurgico non ha esito positivo ed il paziente lamenta un mancato consenso informato, è il paziente stesso a dover dimostrare che se fosse stato informato in maniera corretta non si sarebbe fatto operare, fermo restando il suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall’impossibilità di autodeterminarsi.
Partendo da questi presupposti, la Sezione Terza della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 15 maggio 2018 che qui si segnala, ha cassato con rinvio una sentenza  della Corte di Appello di Napoli, che aveva del tutto escluso il risarcimento dei danni richiesti dal paziente male informato, per la dedotta violazione da parte del medico  “dell’obbligo di renderlo edotto, tramite il consenso informato, del tipo di intervento, dei suoi rischi e delle possibili complicanze”, con ciò privandolo della possibilità di determinare consapevolmente il proprio comportamento.
Ad avviso della Terza Sezione, invece, solo quando si alleghi che la violazione dell’obbligo di acquisire il consenso informato abbia determinato (anche) un danno alla salute, è, peraltro, necessario dimostrare il nesso causale tra questo danno e quella violazione (cfr. Cass. 13/10/2017, n. 24074; Cass. 16/02/2016, n. 2998).
Di contro, ove si alleghi la lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, una tale prova non è necessaria.
La lesione del diritto all’autodeterminazione, infatti, gode di una presunzione relativa (id quod plerumque accidit) poiché  sono conseguenze dirette e “normali” (in termini di frequenza statistica) sia la sofferenza legata alla contrazione della libertà di disporre di se stessi, sia la perdita della possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte (non sottoporsi all’intervento, farsi operare in un momento successivo, scegliere un’altra struttura ritenuta più adeguata).
Di conseguenza, la Cassazione, nell’affermare come non sia necessario alcun ulteriore danno né alcuna specifica prova affinché sia dimostrata la lesione dei processi decisionali, con conseguente immediata risarcibilità del danno non patrimoniale, ha concluso nel senso che: se da un lato appare conforme a diritto la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno da lesione del diritto alla salute in tesi derivato dalla violazione dell’obbligo di acquisizione del consenso informato (in base all’accertamento – che costituisce oggetto di indagine di merito, non sindacabile in sede di legittimità – secondo il quale l’attore non aveva dato la prova che, ove fosse stato correttamente informato dei rischi e delle complicanze dell’intervento, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporvisi, né tale prova era emersa a livello presuntivo), dall’altro lato deve invece ritenersi censurabile la medesima decisione nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, sul rilievo che l’appellante non avesse indicato in nessun modo quali fossero stati, in concreto, i pregiudizi non patrimoniali, diversi da quello alla salute, da lui subiti in conseguenza della mancanza di adeguata informazione, né avesse chiarito in cosa fossero consistite le sofferenze fisiche e psichiche allegate quale conseguenza del deficit informativo.
 

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