La Corte Europea dei diritti dell’uomo si pronuncia sulla indennità giudiziaria speciale per i magistrati in congedo di maternità obbligatorio

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza del 22 maggio 2018 (Anna Maria Cristaldi contro l’Italia), ha considerato legittima e non discriminatoria l’esclusione del diritto all’indennità giudiziaria speciale di cui all’articolo 3, comma 1, della legge n. 27 del 1981, prevista per i magistrati ordinari che hanno usufruito del congedo di maternità obbligatorio, fino al 31 dicembre 2004 (esclusione venuta meno, dal 1° gennaio 2005, per effetto della legge numero 311 del 30 dicembre 2004 – c.d. Finanziaria 2005).
Nel caso di specie, la ricorrente – magistrato ordinario, che era stata in congedo di maternità obbligatorio in epoca antecedente all’entrata in vigore della citata legge Finanziaria del 2005 ed aveva comunque percepito, anche durante tale periodo, tale indennità speciale – ha dapprima instaurato un contenzioso amministrativo avverso la richiesta di restituzione che era stata avanzata dal dipartimento provinciale del ministero dell’Economia, sostenendo che l’originaria versione del citato art. 3, nella parte in cui escludeva l’indennità giudiziaria speciale durante il congedo di maternità, costituisse una discriminazione indiretta basata sul sesso (risultando non solo incostituzionale, ma anche contrastante con l’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).
Non trovando la tesi di parte ricorrente accoglimento dinanzi al Giudice nazionale, si è quindi proposto ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo, la quale tuttavia ha confermato la legittimità delle disposizioni nazionali contestate, escludendo la sussistenza della lamentata discriminazione, contraria all’articolo 14 della Convenzione.
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte EDU, ampiamente richiamata nella decisione in rassegna, “…affinché si ponga un problema rispetto all’articolo 14 della Convenzione deve esserci una disparità di trattamento tra persone che si trovano in situazioni analoghe o equiparabili, tenuto conto degli elementi caratteristici della loro situazione nel contesto determinato…”.
Sicchè – osserva la Corte – “…nel contesto specifico del caso di specie… dato lo scopo e le condizioni dell’indennità in questione, la situazione della ricorrente… non era equiparabile a quella dei suoi colleghi, uomini o donne, che esercitavano effettivamente le loro funzioni. Per quanto riguarda il fatto che la sua assenza fosse dovuta alla sua maternità e, dunque, legata al suo sesso, la Corte osserva che, secondo i giudici nazionali, l’indennità in questione era destinata a compensare gli oneri che i magistrati ordinari devono sostenere nell’esercizio della loro attività professionale. La Corte ritiene dunque che, in questo contesto, anche tenendo conto che si trattava di un congedo di maternità, la situazione della ricorrente fosse caratterizzata dal mancato esercizio delle funzioni. La disposizione contestata non operava dunque distinzioni sulla base del sesso...”.
“…Durante questo periodo..” – continua la Corte – “…a differenza dei suoi colleghi, uomini e donne, che lavoravano a tempo pieno e dovevano sostenere gli oneri legati all’esercizio delle loro funzioni giudiziarie, la ricorrente ha continuato a percepire il suo stipendio ad eccezione dell’indennità speciale… dunque, la perdita di detta indennità speciale durante l’assenza dal lavoro, indipendentemente dal tipo di assenza, non sarebbe di natura tale da causare una perdita reale per l’interessata…”.
In conclusione, la Corte EDU  ha ritenuto che non costituisce una discriminazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 14 della CEDU e 1 del Protocollo addizionale, il fatto che il magistrato in congedo di maternità obbligatorio, a differenza dei colleghi in attività di servizio, non benefici dell’ indennità giudiziaria speciale.

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La Corte Europea dei diritti dell’uomo si pronuncia sulla indennità giudiziaria speciale per i magistrati in congedo di maternità obbligatorio

Published On: 27 Luglio 2018

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza del 22 maggio 2018 (Anna Maria Cristaldi contro l’Italia), ha considerato legittima e non discriminatoria l’esclusione del diritto all’indennità giudiziaria speciale di cui all’articolo 3, comma 1, della legge n. 27 del 1981, prevista per i magistrati ordinari che hanno usufruito del congedo di maternità obbligatorio, fino al 31 dicembre 2004 (esclusione venuta meno, dal 1° gennaio 2005, per effetto della legge numero 311 del 30 dicembre 2004 – c.d. Finanziaria 2005).
Nel caso di specie, la ricorrente – magistrato ordinario, che era stata in congedo di maternità obbligatorio in epoca antecedente all’entrata in vigore della citata legge Finanziaria del 2005 ed aveva comunque percepito, anche durante tale periodo, tale indennità speciale – ha dapprima instaurato un contenzioso amministrativo avverso la richiesta di restituzione che era stata avanzata dal dipartimento provinciale del ministero dell’Economia, sostenendo che l’originaria versione del citato art. 3, nella parte in cui escludeva l’indennità giudiziaria speciale durante il congedo di maternità, costituisse una discriminazione indiretta basata sul sesso (risultando non solo incostituzionale, ma anche contrastante con l’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).
Non trovando la tesi di parte ricorrente accoglimento dinanzi al Giudice nazionale, si è quindi proposto ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo, la quale tuttavia ha confermato la legittimità delle disposizioni nazionali contestate, escludendo la sussistenza della lamentata discriminazione, contraria all’articolo 14 della Convenzione.
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte EDU, ampiamente richiamata nella decisione in rassegna, “…affinché si ponga un problema rispetto all’articolo 14 della Convenzione deve esserci una disparità di trattamento tra persone che si trovano in situazioni analoghe o equiparabili, tenuto conto degli elementi caratteristici della loro situazione nel contesto determinato…”.
Sicchè – osserva la Corte – “…nel contesto specifico del caso di specie… dato lo scopo e le condizioni dell’indennità in questione, la situazione della ricorrente… non era equiparabile a quella dei suoi colleghi, uomini o donne, che esercitavano effettivamente le loro funzioni. Per quanto riguarda il fatto che la sua assenza fosse dovuta alla sua maternità e, dunque, legata al suo sesso, la Corte osserva che, secondo i giudici nazionali, l’indennità in questione era destinata a compensare gli oneri che i magistrati ordinari devono sostenere nell’esercizio della loro attività professionale. La Corte ritiene dunque che, in questo contesto, anche tenendo conto che si trattava di un congedo di maternità, la situazione della ricorrente fosse caratterizzata dal mancato esercizio delle funzioni. La disposizione contestata non operava dunque distinzioni sulla base del sesso...”.
“…Durante questo periodo..” – continua la Corte – “…a differenza dei suoi colleghi, uomini e donne, che lavoravano a tempo pieno e dovevano sostenere gli oneri legati all’esercizio delle loro funzioni giudiziarie, la ricorrente ha continuato a percepire il suo stipendio ad eccezione dell’indennità speciale… dunque, la perdita di detta indennità speciale durante l’assenza dal lavoro, indipendentemente dal tipo di assenza, non sarebbe di natura tale da causare una perdita reale per l’interessata…”.
In conclusione, la Corte EDU  ha ritenuto che non costituisce una discriminazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 14 della CEDU e 1 del Protocollo addizionale, il fatto che il magistrato in congedo di maternità obbligatorio, a differenza dei colleghi in attività di servizio, non benefici dell’ indennità giudiziaria speciale.

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