Cittadinanza italiana per naturalizzazione e requisito della permanenza nella Repubblica

Published On: 9 Dicembre 2024Categories: Normativa

Il TAR Lazio, Sezione Quinta Stralcio, con la recentissima sentenza n. 21587 del 2 dicembre 2024, si è pronunciato sulla “durata” e sulla “continuità” della permanenza nel territorio della Repubblica, quale requisito essenziale ai fini della concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, ai sensi dell’art. 9, co.1, lett. f), della L. 91/1992.

La fattispecie concreta

Come si evince dalla decisione in rassegna, il ricorrente ha presentato al Ministero dell’Interno un’istanza per la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, co.1, lett. f), della L. 91/1992.

Il Ministero, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/1990, ha rigettato la domanda con decreto, per la carenza del requisito della residenza legale continuativa.

Nella specie, il ricorrente, inizialmente iscritto all’Anagrafe Comunale, vi era stato ad un certo punto cancellato – con conseguente irreperibilità – salvo poi esservi nuovamente reinserito in un momento successivo.

I motivi di ricorso al TAR

Il ricorrente, pertanto, ha adito il TAR Lazio, chiedendo l’annullamento del decreto di rigetto per “violazione di eccesso di potere per mancata ed erronea valutazione dei presupposti, carenza di istruttoria e motivazione, illogicità e travisamento dei fatti; violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, lettera f) della L. 05/02/92, n. 91 e del d.p.r. n. 572 del 12/10/93”.

Ciò, lamentando in particolare di non aver potuto procedere tempestivamente al cambio di residenza per mere ragioni burocratiche e tentando ugualmente di dimostrare – grazie all’esibizione di elementi quali l’estratto conto INPS, le buste paga e il CUD – di essere stato effettivamente e ininterrottamente presente sul territorio nazionale, nonostante l’avvenuta cancellazione dall’Anagrafe Comunale.

La motivazione di rigetto del TAR 

Il Tribunale amministrativo, con la decisione in esame, nel definire nel merito la controversia, ha dichiarato il ricorso infondato.

Dopo aver affermato che, ai sensi dell’art. 9, lett. f), della L. 91/1992, il requisito della residenza almeno decennale rientra tra i presupposti indefettibili per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione, ha motivato la propria decisione mettendo in evidenza la ratio di tale normativa, con l’ausilio dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi in materia.

Innanzitutto, ha richiamato il principio secondo cui la norma, laddove prevede che la cittadinanza italiana possa essere concessa allo straniero che risieda legalmente nel territorio della Repubblica “da almeno” dieci anni, debba essere intesa nel senso che il decennio della residenza è requisito di fatto che deve perdurare anche dopo la maturazione del decennio, sino, dunque, al momento del giuramento.

In secondo luogo, ha affermato che la “durata” della permanenza sul suolo nazionale rileva nel procedimento di concessione della cittadinanza italiana quale indice di un legame tra lo straniero e il territorio del Paese ospitante. È proprio tale legame a costituire il presupposto e la ragione della naturalizzazione.

Infine, alla luce della ratio così esposta, ha statuito che “…ai fini della concessione della cittadinanza, non assume rilievo il tempo trascorso dallo straniero sul nostro territorio in posizione di mera “residenza abituale”, ma solo quello in “posizione di legalità” nel senso sopra delineato, in quanto “indicativo della piena integrazione nel tessuto nazionale da parte dell’aspirante cittadino” (Consiglio di Stato, sez. I, parere 30.11.92 n. 2482)…”.

Pertanto, ha escluso che il presupposto della residenza legale possa essere dimostrato attraverso prove diverse dalla certificazione anagrafica: l’art. 1 del DPR 362/1994 e l’art. 1, co.2, lett. a), del DPR 572/1993 prevede, infatti, che la prova della residenza possa essere fornita solo con riferimento alle risultanze dei Registri dell’Anagrafe dei residenti, non essendo consentita la surrogazione di tale elemento con indizi di carattere presuntivo o elementi sintomatici indiretti.

L’iscrizione anagrafica ininterrotta rappresenta un requisito ineludibile ai fini della richiesta di concessione della cittadinanza.

Da tanto, è quindi derivato il rigetto del ricorso, avendo il Tribunale ritenuto che il decreto di rigetto dell’Amministrazione fosse immune dai vizi denunciati, in quanto motivato sulla base delle risultanze anagrafiche.

Ultimi Articoli inseriti

Interventi ispettivi nell’ambito delle funzioni di controllo del Sistema Nazionale Protezione Ambiente (SNPA)

11 Dicembre 2024|Commenti disabilitati su Interventi ispettivi nell’ambito delle funzioni di controllo del Sistema Nazionale Protezione Ambiente (SNPA)

Il 6 dicembre 2024, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 286, il Decreto del Presidente della Repubblica numero 186 del 4 settembre 2024, avente ad oggetto il “Regolamento concernente disposizioni sul personale ispettivo del [...]

Cittadinanza italiana per naturalizzazione e requisito della permanenza nella Repubblica

9 Dicembre 2024|Commenti disabilitati su Cittadinanza italiana per naturalizzazione e requisito della permanenza nella Repubblica

Il TAR Lazio, Sezione Quinta Stralcio, con la recentissima sentenza n. 21587 del 2 dicembre 2024, si è pronunciato sulla “durata” e sulla “continuità” della permanenza nel territorio della Repubblica, quale requisito essenziale ai fini della [...]

Approvazione della graduatoria e diritto all’assunzione del vincitore

5 Dicembre 2024|Commenti disabilitati su Approvazione della graduatoria e diritto all’assunzione del vincitore

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la recente ordinanza numero 28330 del 4 novembre 2024, ha affermato importanti princìpi in materia di concorsi per l’accesso al pubblico impiego, in particolare soffermandosi sull’esistenza o [...]

About the Author: Laura Montenero

Condividi

Cittadinanza italiana per naturalizzazione e requisito della permanenza nella Repubblica

Published On: 9 Dicembre 2024

Il TAR Lazio, Sezione Quinta Stralcio, con la recentissima sentenza n. 21587 del 2 dicembre 2024, si è pronunciato sulla “durata” e sulla “continuità” della permanenza nel territorio della Repubblica, quale requisito essenziale ai fini della concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, ai sensi dell’art. 9, co.1, lett. f), della L. 91/1992.

La fattispecie concreta

Come si evince dalla decisione in rassegna, il ricorrente ha presentato al Ministero dell’Interno un’istanza per la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, co.1, lett. f), della L. 91/1992.

Il Ministero, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/1990, ha rigettato la domanda con decreto, per la carenza del requisito della residenza legale continuativa.

Nella specie, il ricorrente, inizialmente iscritto all’Anagrafe Comunale, vi era stato ad un certo punto cancellato – con conseguente irreperibilità – salvo poi esservi nuovamente reinserito in un momento successivo.

I motivi di ricorso al TAR

Il ricorrente, pertanto, ha adito il TAR Lazio, chiedendo l’annullamento del decreto di rigetto per “violazione di eccesso di potere per mancata ed erronea valutazione dei presupposti, carenza di istruttoria e motivazione, illogicità e travisamento dei fatti; violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, lettera f) della L. 05/02/92, n. 91 e del d.p.r. n. 572 del 12/10/93”.

Ciò, lamentando in particolare di non aver potuto procedere tempestivamente al cambio di residenza per mere ragioni burocratiche e tentando ugualmente di dimostrare – grazie all’esibizione di elementi quali l’estratto conto INPS, le buste paga e il CUD – di essere stato effettivamente e ininterrottamente presente sul territorio nazionale, nonostante l’avvenuta cancellazione dall’Anagrafe Comunale.

La motivazione di rigetto del TAR 

Il Tribunale amministrativo, con la decisione in esame, nel definire nel merito la controversia, ha dichiarato il ricorso infondato.

Dopo aver affermato che, ai sensi dell’art. 9, lett. f), della L. 91/1992, il requisito della residenza almeno decennale rientra tra i presupposti indefettibili per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione, ha motivato la propria decisione mettendo in evidenza la ratio di tale normativa, con l’ausilio dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi in materia.

Innanzitutto, ha richiamato il principio secondo cui la norma, laddove prevede che la cittadinanza italiana possa essere concessa allo straniero che risieda legalmente nel territorio della Repubblica “da almeno” dieci anni, debba essere intesa nel senso che il decennio della residenza è requisito di fatto che deve perdurare anche dopo la maturazione del decennio, sino, dunque, al momento del giuramento.

In secondo luogo, ha affermato che la “durata” della permanenza sul suolo nazionale rileva nel procedimento di concessione della cittadinanza italiana quale indice di un legame tra lo straniero e il territorio del Paese ospitante. È proprio tale legame a costituire il presupposto e la ragione della naturalizzazione.

Infine, alla luce della ratio così esposta, ha statuito che “…ai fini della concessione della cittadinanza, non assume rilievo il tempo trascorso dallo straniero sul nostro territorio in posizione di mera “residenza abituale”, ma solo quello in “posizione di legalità” nel senso sopra delineato, in quanto “indicativo della piena integrazione nel tessuto nazionale da parte dell’aspirante cittadino” (Consiglio di Stato, sez. I, parere 30.11.92 n. 2482)…”.

Pertanto, ha escluso che il presupposto della residenza legale possa essere dimostrato attraverso prove diverse dalla certificazione anagrafica: l’art. 1 del DPR 362/1994 e l’art. 1, co.2, lett. a), del DPR 572/1993 prevede, infatti, che la prova della residenza possa essere fornita solo con riferimento alle risultanze dei Registri dell’Anagrafe dei residenti, non essendo consentita la surrogazione di tale elemento con indizi di carattere presuntivo o elementi sintomatici indiretti.

L’iscrizione anagrafica ininterrotta rappresenta un requisito ineludibile ai fini della richiesta di concessione della cittadinanza.

Da tanto, è quindi derivato il rigetto del ricorso, avendo il Tribunale ritenuto che il decreto di rigetto dell’Amministrazione fosse immune dai vizi denunciati, in quanto motivato sulla base delle risultanze anagrafiche.

About the Author: Laura Montenero