Collegio Consultivo Tecnico: a che punto siamo ?
L’art. 6 del Decreto Legge 76/2020 (DL Semplificazioni), convertito con Legge 120/2020 (in GURI n. 228 del 14.09.2020), ha reintrodotto – con alcune rilevanti innovazioni – l’istituto del Collegio Consultivo Tecnico (CCT), reputandolo strategico in funzione degli obbiettivi di rilancio, semplificazione e deflazione del contenzioso perseguiti nella difficile congiuntura economico-sociale segnata dall’emergenza sanitaria da COVID-19.
Precedenti normativi
L’istituto in rassegna era già previsto, come facoltativo e con funzione anche transattiva, fra i Rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale dall’art. 207 del Codice dei Contratti Pubblici di cui al decreto legislativo 50/2016, venendo mantenuto – sulla scorta della direttiva di cui all’art.1, comma 1, lett. aaa) della legge delega 11/2016 – nonostante l’Adunanza Speciale del Consiglio di Stato avesse suggerito di eliminarlo nel parere 855/2016, reso sul relativo schema di decreto legislativo.
Abrogato dal decreto legislativo 56/2017, esso è stato reintrodotto con modifiche e valenza temporanea, solo due anni dopo, dal Decreto Legge 32/2019 (DL Sblocca Cantieri), convertito con Legge 55/2019.
Quadro normativo attuale: casi, funzioni e natura
L’art. 6 del DL Semplificazioni – nell’abrogare le disposizioni dello Sblocca Cantieri (v. comma 9) e senza alcuna organica novella al Codice – ha ridisegnato l’istituto, individuando tre tipologie di CCT.
La costituzione del Collegio Consultivo Tecnico può essere:
- Obbligatoria per la fase di esecuzione, fino al 31.12.2021, in relazione a tutti i contratti di lavori pubblici di importo pari o superiore alle soglie comunitarie, che siano da affidare o già affidati, con la funzione di “risoluzione delle controversie e delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto” (comma 1) ovvero per l’adozione delle decisioni in tema di sospensione dei lavori di cui al precedente art. 5;
- Facoltativa per la fase di esecuzione, su base volontaria/negoziale, in relazione ai contratti di affidamento di lavori pubblici c.d. sotto-soglia, con tutte o alcune soltanto delle medesime funzioni assolte dal CCT obbligatorio (comma 4);
- Facoltativa nella fase antecedente all’esecuzione, per ogni tipologia di contratto di lavori pubblici (sotto o sopra-soglia), con la funzione di “risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito, nonché la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, e dei criteri di selezione e di aggiudicazione” (comma 5).
Nelle tre evenienze, il Collegio Consultivo svolge funzioni di assistenza e consulenza in due momenti cruciali ai fini della speditezza delle commesse pubbliche:quello che precede e prepara la gara, avuto riguardo alla corretta impostazione della sua regolamentazione, anche per i profili tecnici e giuridici; e quello dell’esecuzione, ove – notoriamente – innumerevoli sono gli impedimenti che si frappongono alla celere e piana realizzazione delle opere pubbliche.
Nel caso sub a), l’istituto si connota di indubbi caratteri di specialità e ibridazione che valgono ad assimilarlo a un vero e proprio metodo alternativo di risoluzione delle controversie (c.d. ADR, Alternative Dispute Resolutions). Ciò, anche in ragione del peculiare valore giuridico delle decisioni in tal caso assunte che hanno invero natura di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c. “salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”, ai sensi del quarto periodo del comma 3 (v. sul punto, in termini anche critici, C. Volpe, “Il Collegio consultivo tecnico. Un istituto ancora dagli incerti confini”; ANAC, nel testo recante “Analisi delle disposizioni del D.L. n. 76/2020 in materia di contratti pubblici” dell’agosto 2020).
Quadro normativo attuale: composizione, nomina, funzionamento e scioglimento
Il Collegio Consultivo è formato – a scelta della Stazione appaltante – da tre o da cinque componenti, a seconda della complessità dell’opera o dell’eterogeneità delle professionalità richieste (nel qual caso, è posto a carico della Stazione appaltante uno specifico onere di motivazione).
In ogni caso, tutti i componenti devono essere “dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera” e avere diversa estrazione professionale.
Possono infatti farne parte ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti delle concessioni e degli investimenti pubblici, “anche in relazione allo specifico oggetto del contratto e alla specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM), maturata per effetto del conseguimento di un dottorato di ricerca, oppure che siano in grado di dimostrare un’esperienza pratica e professionale di almeno dieci anni nel settore di riferimento”.
I componenti possono essere scelti di comune accordo fra le parti che possono altresì “concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti e che il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, sia scelto dai componenti di nomina di parte”.
In mancanza di accordo sul presidente, l’art. 6, comma 2, ne prevede il potere di nomina “entro i successivi cinque giorni” in capo al Ministero delle infrastrutture (per le opere di interesse nazionale), alle regioni, alle province autonome o alle città metropolitane (per le opere di rispettivo interesse).
Il Collegio s’intende costituito con la designazione del terzo o del quinto componente e – potendo operare anche in “videoconferenza o con qualsiasi altro collegamento da remoto” – ha facoltà di procedere ad audizioni informali o vere e proprie convocazioni delle parti in contraddittorio.
Esso decide a maggioranza, entro quindici giorni dai quesiti – o venti, in caso di “particolari esigenze istruttorie” – con determinazioni recanti una “succinta motivazione”, “che può essere integrata nei successivi quindici giorni, sottoscritta dalla maggioranza dei componenti”.
Lo scioglimento del Collegio può darsi: nei casi di costituzione obbligatoria, al termine dell’esecuzione ovvero, dal 31.12.2021, “in qualsiasi momento su accordo delle parti”; nei casi di costituzione facoltativa, “su accordo delle parti anche in data anteriore al termine di esecuzione del contratto”.
Cosa è stato fatto e cosa resta da fare
Dopo la conferma dell’istituto ad opera della legge di conversione, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, nel dicembre 2020, ha esitato delle “Linee Guida per l’omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico di cui agli articoli 5 e 6 del d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120”, fornendo interessanti chiarimenti e direttive anche in tema di compensi ed incompatibilità.
Dal canto suo, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha elaborato un documento con l’intento di fornire un supporto operativo e delle prime indicazioni alle stazioni appaltanti per la gestione e l’applicazione dell’istituto e ANAC, che pure ha sollevato perplessità sulla trasparenza e pubblicità delle procedure pubblicistica di nomina dei presidenti e componenti dei CCT, ha iniziato a ricevere i primi quesiti in materia (v. delibera n.209 del 09.03.2021, in tema di incompatibilità dei consulenti tecnici d’ufficio).
Quindi, ma solo da ultimo, il Ministero delle Infrastrutture ha mandato in GURI (n.11 del 09.02.2021), un apposito avviso per raccogliere “Manifestazioni di interesse per la formazione di un elenco di soggetti qualificati per la nomina di presidenti del collegio consultivo tecnico”, per “favorire, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza, la partecipazione e la consultazione del maggior numero di curricula nell’ambito della procedura di nomina di competenza del Ministero”.
Allo stesso modo, alcune stazioni appaltanti hanno ritenuto di avviare procedure pubbliche e trasparenti per la creazione di appositi elenchi di professionisti cui attingere per la nomina dei componenti dei collegi di loro competenza.
Molte altre, però, non si sono ancora attivate in tal senso.
Quel che resta da fare, a distanza di oltre otto mesi dalla reintroduzione dell’istituto, è dunque chiudere prontamente questa lunga fase prodromica, in modo da poterne misurare sul campo l’effettiva idoneità allo scopo ed adottare, se del caso, ogni opportuno correttivo.