Concessioni demaniali marittime: la devoluzione pubblica delle opere non amovibili al vaglio della CGUE

Published On: 22 Luglio 2024Categories: Demanio Marittimo

La Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza resa nella causa C-598/22, pubblicata lo scorso 11 luglio 2024, si è pronunciata sulla questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’art. 49 TFUE rispetto alla norma nazionale di cui all’art. 49 del Codice della Navigazione, il cui primo comma prevede l’acquisizione gratuita allo Stato delle opere inamovibili costruite sul demanio al termine del rapporto concessorio, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione.

Il caso concreto

La vicenda fattuale oppone una società che gestisce uno stabilimento balneare situato in parte su aree del demanio pubblico marittimo, al Comune ove la predetta attività viene svolta.

In particolare, la suindicata società è stata titolare di una concessione per l’occupazione di una parte del demanio pubblico marittimo rilasciata dal Comune fino al 2008, successivamente rinnovata al 2014.

Nel corso del rapporto concessorio, la società ha realizzato sulla particella demaniale diverse opere.

Parte di questi manufatti sono stati classificati dal Comune, con apposita decisione, quali pertinenze del demanio pubblico marittimo in quanto inamovibili. Pertanto, tali opere sarebbero soggette ad acquisizione ex lege da parte del Comune alla scadenza della concessione ai sensi dell’art. 49, primo comma, del Codice della Navigazione.

Con ulteriori determinazioni, l’Amministrazione comunale ha ribadito la suindicata pertinenza demaniale dei fabbricati insistenti sull’area medesima e per questo è stato applicato un canone maggiorato ai sensi dell’art. 1, comma 251 della legge del 27 dicembre 2006, n. 296.

Pertanto la società ha impugnato le decisioni dell’Amministrazione dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, il quale ha respinto i ricorsi con sentenza n.380/2021.

Avverso detta sentenza, la società ha proposto appello al Consiglio di Stato, il quale – con ordinanza n. 8010/2022 – ha chiesto pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, vertente sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE, che sanciscono rispettivamente la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi (successivamente fornendo dei chiarimenti, con l’ordinanza n.8184/2023).

La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Con la sentenza in rassegna, la Corte preliminarmente precisa che il rilascio della concessione avente ad oggetto l’occupazione di demanio pubblico marittimo comporta l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’articolo 49 TFUE”.

In particolare, il primo comma dell’art. 49 TFUE prevede il divieto di misure restrittive della libertà di stabilimento, che la giurisprudenza individua in quelle “misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France, C-442/02, EU:C:2004:586, punto 11…)”.

Pertanto, la Corte afferma che “non viola il divieto così stabilito dall’articolo 49 TFUE una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale, la quale non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati e i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo a ostacolare questa libertà (v., in tal senso, sentenze del 20 giugno1996, Semeraro Casa Uno e a., da C-418/93 a C-421/93, da C-460/93 a C-462/93, C-464/93…)”.

Nel caso di specie, l’art. 49 del Codice della Navigazione: 1) “…è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano…”; 2) “…non riguarda, in quanto tale, le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano. Infatti…prevede soltanto che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo”; 3) “si limita a trarre le conseguenze dei principi fondamentali del demanio pubblico…” (principio di inalienabilità implicante la proprietà pubblica del demanio pubblico e il carattere precario e revocabile delle relative concessioni); 4) non produce effetti restrittivi tali da imporre un obbligo che viola la libertà di stabilimento in quanto “…prevede espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo, tale disposizione evidenzia la dimensione contrattuale, e dunque consensuale, di una concessione di occupazione del demanio pubblico…”.

Pertanto, la Corte, ritenendo che l’articolo 49 del Codice della Navigazione non è in contrasto con il diritto europeo, stabilisce che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che: esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.

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Concessioni demaniali marittime: la devoluzione pubblica delle opere non amovibili al vaglio della CGUE

Published On: 22 Luglio 2024

La Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza resa nella causa C-598/22, pubblicata lo scorso 11 luglio 2024, si è pronunciata sulla questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’art. 49 TFUE rispetto alla norma nazionale di cui all’art. 49 del Codice della Navigazione, il cui primo comma prevede l’acquisizione gratuita allo Stato delle opere inamovibili costruite sul demanio al termine del rapporto concessorio, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione.

Il caso concreto

La vicenda fattuale oppone una società che gestisce uno stabilimento balneare situato in parte su aree del demanio pubblico marittimo, al Comune ove la predetta attività viene svolta.

In particolare, la suindicata società è stata titolare di una concessione per l’occupazione di una parte del demanio pubblico marittimo rilasciata dal Comune fino al 2008, successivamente rinnovata al 2014.

Nel corso del rapporto concessorio, la società ha realizzato sulla particella demaniale diverse opere.

Parte di questi manufatti sono stati classificati dal Comune, con apposita decisione, quali pertinenze del demanio pubblico marittimo in quanto inamovibili. Pertanto, tali opere sarebbero soggette ad acquisizione ex lege da parte del Comune alla scadenza della concessione ai sensi dell’art. 49, primo comma, del Codice della Navigazione.

Con ulteriori determinazioni, l’Amministrazione comunale ha ribadito la suindicata pertinenza demaniale dei fabbricati insistenti sull’area medesima e per questo è stato applicato un canone maggiorato ai sensi dell’art. 1, comma 251 della legge del 27 dicembre 2006, n. 296.

Pertanto la società ha impugnato le decisioni dell’Amministrazione dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, il quale ha respinto i ricorsi con sentenza n.380/2021.

Avverso detta sentenza, la società ha proposto appello al Consiglio di Stato, il quale – con ordinanza n. 8010/2022 – ha chiesto pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, vertente sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE, che sanciscono rispettivamente la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi (successivamente fornendo dei chiarimenti, con l’ordinanza n.8184/2023).

La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Con la sentenza in rassegna, la Corte preliminarmente precisa che il rilascio della concessione avente ad oggetto l’occupazione di demanio pubblico marittimo comporta l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’articolo 49 TFUE”.

In particolare, il primo comma dell’art. 49 TFUE prevede il divieto di misure restrittive della libertà di stabilimento, che la giurisprudenza individua in quelle “misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France, C-442/02, EU:C:2004:586, punto 11…)”.

Pertanto, la Corte afferma che “non viola il divieto così stabilito dall’articolo 49 TFUE una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale, la quale non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati e i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo a ostacolare questa libertà (v., in tal senso, sentenze del 20 giugno1996, Semeraro Casa Uno e a., da C-418/93 a C-421/93, da C-460/93 a C-462/93, C-464/93…)”.

Nel caso di specie, l’art. 49 del Codice della Navigazione: 1) “…è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano…”; 2) “…non riguarda, in quanto tale, le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano. Infatti…prevede soltanto che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo”; 3) “si limita a trarre le conseguenze dei principi fondamentali del demanio pubblico…” (principio di inalienabilità implicante la proprietà pubblica del demanio pubblico e il carattere precario e revocabile delle relative concessioni); 4) non produce effetti restrittivi tali da imporre un obbligo che viola la libertà di stabilimento in quanto “…prevede espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo, tale disposizione evidenzia la dimensione contrattuale, e dunque consensuale, di una concessione di occupazione del demanio pubblico…”.

Pertanto, la Corte, ritenendo che l’articolo 49 del Codice della Navigazione non è in contrasto con il diritto europeo, stabilisce che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che: esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.

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