Covid-19: la Consulta deciderà sulla costituzionalità dell’obbligo vaccinale
La Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con l’ordinanza del 22 marzo 2022 numero 351, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale:
“…a) dell’articolo 4, commi 1 e 2, del D.L. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
b) dell’art.1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4, del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione…“
Con tale articolata pronuncia, il CGA ha consapevolmente deciso di assumere una posizione differente rispetto a molteplici precedenti giurisprudenziali, analizzando nuovamente i principi alla base dell’obbligo vaccinale e ponendo sul piatto della bilancia le potenziali conseguenze.
In particolare, il Consiglio di Giustizia ha segnalato la pubblicazione di due nuovi documenti, rivelatisi utili alla disamina della vicenda: il rapporto dell’AIFA datato febbraio 2022 sulla sicurezza del vaccino anti Covid-19 e i dati di farmacovigilanza presenti sulla piattaforma EudraVigilance.
La vicenda
Nella fattispecie esaminata dal CGA, in sede di appello cautelare, ad uno studente del terzo anno del corso di laurea in infermieristica era stato impedito lo svolgimento del tirocinio formativo curriculare in quanto non vaccinato.
In seno al ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR Palermo, lo studente aveva affermato di non potersi vaccinare sia per la natura sperimentale del siero, sia per aver già contratto il virus, ritenendo con ciò di poter godere di una memoria anticorpale e di immunità naturale perenne, con conseguente rischio – a suo dire – di morire per A.D.E. (acronimo per Antibody Dependent Enhancement) a seguito della eventuale somministrazione.
Nonostante i numerosi motivi addotti dal ricorrente (tra gli altri anche la violazione del diritto allo studio, l’insufficiente farmacovigilanza e la primazia del diritto eurounitario con riferimento al consenso informato e al trattamento dei dati personali), il Tribunale di primo grado – con ordinanza n. 568/2021 – aveva rigettato la domanda cautelare contenuta nel ricorso, senza entrare nel merito delle questioni di costituzionalità addotte dal ricorrente.
Proprio tali eccepiti profili di incostituzionalità invece, sono stati alla base del provvedimento di rimessione del CGA il quale, prima di assumere la decisione in rassegna, aveva peraltro ritenuto di disporre incombenti istruttori.
Con una precedente ordinanza collegiale istruttoria (la n. 38 del 17 gennaio 2022), infatti, il CGA, ritenendo la sussistenza dell’obbligo vaccinale per l’appellante (“dovendosi ascrivere gli studenti universitari ed i tirocinanti all’interno della categoria dei soggetti sottoposti a tale prescrizione ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021“) e premessi alcuni cenni sul quadro giurisprudenziale in materia di obbligo vaccinale, aveva affidato degli “approfondimenti istruttori” ad un Collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio Superiore della Sanità operante presso il Ministero della Salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria.
Le considerazioni preliminari del Giudice Amministrativo d’appello siciliano
Il CGA, con la decisione in rassegna – adottata all’esito degli approfondimenti istruttori disposti nel corso del giudizio e di ulteriori difese delle parti in causa – dopo aver ripercorso le principali tappe del giudizio ed i tratti salienti del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, ha rilevato come le argomentazioni addotte dall’appellante si fossero principalmente focalizzate sulla pretesa illegittimità costituzionale del complesso normativo che ha introdotto l’obbligo vaccinale, con particolare riferimento “da un canto, alla specifica situazione dei soggetti che abbiano contratto in precedenza il virus, e comunque in relazione alla lamentata pericolosità dei vaccini attualmente utilizzati in Italia“.
A fronte di ciò, il Collegio si è anzitutto soffermato sul “parametro di legittimità costituzionale“, richiamando la consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie per la quale “l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività“, sicchè – “ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge” – la “legge impositiva di un trattamento sanitario” non può dirsi incompatibile con l’art. 32 della Costituzione, ove siano rispettate le seguenti condizioni: a) “se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”; b) “se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”; c) “e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria” (cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 258/1994; 307/1990; 5/2018; 268/2017; 282/2002; 27/1998 e 118/2020).
Sulla scorta di tali coordinate, il CGA ha pertanto proceduto ad esaminare, partitamente, i singoli profili pertinenti, ai fini della valutazione circa la “non manifesta infondatezza” delle questioni di legittimità costituzionale prospettate.
Sul rispetto del primo indice di costituzionalità
Il Collegio ha anzitutto ritenuto rispettato il “primo degli indici di costituzionalità degli obblighi vaccinali” sopra indicati, ovvero quello relativo all’esigenza che “il trattamento sia diretto a migliorare o a preservare lo stato di salute sia di chi vi è assoggettato, sia degli altri“.
Sotto tale aspetto invero, il Collegio, richiamando (e condividendo) la precedente giurisprudenza amministrativa già pronunziatasi sul tema (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 7045/2021 e sentenza n.1381/2022), ha in particolare ribadito come “…i vaccini non hanno omesso alcuna delle tradizionali fasi di sperimentazione; ma data l’impellenza della situazione pandemica, dette fasi sono state condotte in parallelo, in sovrapposizione parziale, il che ha consentito di accelerare l’immissione in commercio dei farmaci, i quali, comunque, hanno ottenuto un’autorizzazione provvisoria […] sebbene si tratti di vaccini immessi sul mercato in tempi molto più rapidi, la innovativa tecnica a mRna non costituisce in assoluto una novità, perché da tempo sperimentata dopo l’avvio della ricerca nell’ambito di un efficace approccio alla cura dei tumori; anche gli altri due vaccini (Vaxzevria di AstraZeneca e Johnson&Johnson) sfruttano una tecnologia di più recente introduzione…” e soprattutto come “…in fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione opera in modo inverso rispetto all’ordinario […] perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l’utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco…“.
Ed ancora come “l’argomento della scarsa incidenza della vaccinazione nel contrastare la trasmissibilità del virus – tratto dalla constatazione che soggetti vaccinati sono in grado di infettarsi e infettare – è inidoneo a scardinare la razionalità complessiva della campagna di vaccinazione, concepita, certo, con l’obiettivo di conseguire una rarefazione dei contagi e della circolazione del virus, ma anche allo scopo di evitare l’ingravescente della patologia verso forme severe che necessitano di ricovero in ospedale, obiettivo tuttora conseguito dal sistema preventivo in atto, il quale si avvantaggia, proprio grazie alla maggiore estensione della platea dei vaccinati, di una minore pressione sulle strutture di ricovero e di terapia intensiva“; dato quest’ultimo confermato empiricamente anche dagli approfondimenti istruttori disposti nel giudizio e che implica un “duplice beneficio: per il singolo vaccinato, il quale evita lo sviluppo di patologie gravi; per il sistema sanitario, a carico del quale viene allentata la pressione“.
Ed allora, ha osservato il Collegio, “il ragionamento dell’appellante (secondo il quale sarebbe ingiusto sottoporre soggetti in età giovanile al rischio degli effetti collaterali da vaccinazione, a fronte di un rischio di conseguenze gravi dell’infezione da Covid -19 basso o addirittura inesistente) si rivela fallace sotto duplice profilo: intanto, perché il dato che emerge dallo studio dell’andamento della pandemia è che, a differenza della versione originaria del virus, le attuali varianti colpiscono trasversalmente, tant’è vero che si sono potuti osservare casi di malattia grave e decessi in tutte le fasce di età, anche giovanili ed infantili. In secondo luogo, perché anche i soggetti in età giovanile possono incorrere in infortuni, sinistri stradali, patologie di vario tipo (dalle cardiovascolari alle oncologiche) che necessitano assistenza e ricovero ospedaliero; ma l’abnorme pressione sulle strutture sanitarie indotta dai pazienti gravi da Covid-19, come noto, impatta in maniera drammatica sull’assistenza alla popolazione in generale“.
Sui dubbi rilevati in merito al rispetto degli altri indici di costituzionalità
“Elementi di criticità” sono stati, invece, ravvisati dal Collegio, con riferimento agli altri parametri, ed in particolare in ordine alla problematica degli eventi avversi.
Il Consiglio di Giustizia ha quindi proceduto ad elencare i dati relativi ad eventi avversi che emergono dalla consultazione della banca dati europea, la quale ha segnalato nel gennaio 2022 che “…il numero di eventi avversi da vaccini anti SARS-COV-2 è superiore alla <media ….. degli eventi avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni>, ma lo è di diversi ordini di grandezza…”.
“Indubbiamente“, si legge nell’ordinanza in rassegna, “…la maggior parte degli effetti collaterali elencati nel database, evidenziano sintomi modesti e transitori…” ma nel novero di tale elencazione rientrano anche patologie gravi “…tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’invalidità o, nei casi più sfortunati, il decesso…”.
Il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio, in effetti, non riguarda una valutazione di tipo quantitativo “…escludendosi la legittimità dell’imposizione di un obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità, il che non pare lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali…“.
“Pare, quindi, che, non potendosi, in generale, mai escludere la possibilità di reazioni avverse a qualunque tipologia di farmaco, il discrimen, alla stregua dei criteri rinvenibili dalla richiamata giurisprudenza costituzionale, vada ravvisato nelle ipotesi del caso fortuito e imprevedibilità della reazione individuale. Ma nel caso in questione, l’esame dei dati pubblicati nel sito EudraVigilance evidenzia una certa omogeneità nella tipologia di eventi avversi segnalati dai vari Paesi, il che lascia poco spazio all’opzione caso fortuito/reazione imprevedibile. In tale condizione, vi è da dubitarsi della coerenza dell’attuale piano vaccinale obbligatorio con i principi affermati dalla Corte, in riferimento, va sottolineato, a situazioni per così dire ordinarie, non ravvisandosi precedenti riferiti a situazioni emergenziali ingenerate da una grave pandemia…”.
Sugli ulteriori aspetti dubbi
Ulteriori “profili di criticità” sono poi stati ravvisati dal Collegio nel sistema di monitoraggio e di farmacovigilanza fin qui posto in essere (sotto il profilo della sua adeguatezza, ed in considerazione del fatto che esso risulta prevalentemente imperniato alla farmacovigilanza passiva), del triage pre-vaccinale (per la mancata previsione, ai fini della sottoposizione al vaccino, di una relazione del medico di base o quanto meno della necessità di un tampone, prima della somministrazione), del consenso informato (in considerazione del fatto che non viene espressamente esclusa la raccolta del consenso anche nell’ipotesi di somministrazione di un trattamento sanitario obbligatorio; apparendo “irrazionale la richiesta di sottoscrizione di tale manifestazione di volontà all’atto della sottoposizione ad una vaccinazione indispensabile ai fini dell’esplicazione di un diritto costituzionalmente tutelato quale il diritto al lavoro”).
La decisione di rimessione
Alla luce della ricostruzione fattuale, normativa e giurisprudenziale sopra sintetizzata, il Collegio:
a) “ricordato che le condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale si sostanziano nella non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica, ed in particolare che: – il trattamento <non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato>, ferma restando la tollerabilità di effetti collaterali di modeste entità e durata; – sia assicurata <la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (…), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>; – la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce <delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica> e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata, nella prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario”;
b) ritenuto che:
b.1) “seguendo gli indici costituzionali fin qui richiamati, deve ritenersi essenziale, per un verso, che il monitoraggio degli eventi avversi, la raccolta e la valutazione dei dati risultino il più possibile ampi e completi, che avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, ciò che costituisce presupposto essenziale per la stessa verifica dell’ampiezza degli effetti collaterali; per altro verso, che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili; e, ancora, che, nel trattamento sanitario obbligatorio, sia rispettato il limite invalicabile imposto “dal rispetto della persona umana” (art. 32, comma 2, Cost.)“;
b.2) “per tutte le ragioni sopra diffusamente esposte, (in disparte la controversa adeguatezza del sistema di monitoraggio, prevalentemente imperniato alla farmacovigilanza passiva) che i parametri costituzionali per valutare la legittimità dell’obbligo vaccinale, come fissati dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, non sembrano rispettati, in quanto non vi è prova di vantaggio certo per la salute individuale e collettiva superiore al danno per i singoli, non vi è prova di totale assenza di rischio o di rischio entro un normale margine di tollerabilità, e non vi è prova che –in carenza di efficacia durevole del vaccino – un numero indeterminato di dosi, peraltro ravvicinate nel tempo, non amplifichi gli effetti collaterali dei farmaci, danneggiando la salute; non sono state adottate “misure di mitigazione” e “misure di precauzione” ad accompagnamento dell’obbligo vaccinale, quali adeguati accertamenti in fase di triage pre-vaccinale, e adeguata farmacovigilanza post vaccinazione, con il rischio che in nome della vaccinazione di massa risulti sbiadita la considerazione della singola persona umana, che andrebbe invece sostenuta e rassicurata, tanto più quanto riluttante alla vaccinazione, con approfondite anamnesi e informazioni, con costi a carico del Servizio sanitario nazionale”;
b.3) “non pare possibile pervenire ad una lettura alternativa, costituzionalmente orientata, della normativa” in rassegna;
b.4) “l’attuale previsione dell’obbligo vaccinale anti SARS-COV-2 presenta profili di criticità, con riferimento alla percentuale di eventi avversi e fatali (ben superiore alla media degli altri vaccini, obbligatori e non), che peraltro allo stato non sembrano oggetto di prevenzione (attraverso un sistematico coinvolgimento dei medici di base e l’esecuzione di test diagnostici pre-vaccinali)”;
b.5) “il sistema di raccolta del consenso informato risulta irrazionale laddove richieda una manifestazione di volontà per la quale non vi è spazio in capo a chi subisce la compressione del diritto all’autodeterminazione sanitaria, a fronte di un dovere giuridico ineludibile”;
b.6) “il complesso normativo sopra descritto si pone in tensione, per tutte le motivazioni sopra articolate, con i seguenti articoli della Costituzione: 3 (sotto i parametri di razionalità e proporzionalità); 32 (avuto riguardo alla compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria in relazione a trattamenti farmacologici suscettibili di ingenerare effetti avversi non lievi né transitori); 97 (buon andamento, anche in relazione alle criticità del sistema di monitoraggio); 4 (diritto al lavoro), nonché art. 33 e 34 (diritto allo studio), oggetto di compressione in quanto condizionati alla sottoposizione alla vaccinazione obbligatoria; 21 (diritto alla libera manifestazione del pensiero, che ricomprende il diritto ad esprimere il proprio dissenso), in relazione all’obbligo di sottoscrizione del consenso informato per poter accedere ad un trattamento sanitario imposto; oltre che con il principio di proporzionalità e con il principio di precauzione desumibili dall’art. 32 Cost. (avuto riguardo alle più volte rilevate criticità del sistema di monitoraggio, nonché all’assenza di adeguate misure di attenuazione del rischio quali analisi e test pre-vaccinali e controlli post vaccinazione)“;
b.7) “appare carente un adeguato bilanciamento tra valori tutti di rilievo costituzionale, e in particolare tra tutela della salute da una parte, e tutela dello studio e del lavoro dall’altra, che soddisfano parimenti bisogni primari del cittadino”;
b.8) “ritenute conclusivamente le questioni rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione alle condizioni dettate dalla Corte in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale sopra indicate, ossia non nocività dell’inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica“,
ha ritenuto di sospendere il processo, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione dei complessi dubbi di costituzionalità sopra meglio specificati.