Danno da decurtazione di un finanziamento pubblico ed errori di programmazione finanziaria

Il Tar Molise, con sentenza del 15 novembre 2018 numero 661, si è pronunciato sull’incidenza degli errori di previsione e programmazione finanziaria commessi dall’impresa beneficiaria di un finanziamento pubblico, nell’ipotesi in cui essa lamenti di aver subìto una crisi economica, a seguito dell’annullamento del provvedimento che ha illegittimamente disposto la decurtazione delle somme del finanziamento.
Nel caso di specie, l’impresa ricorrente chiedeva di venire risarcita del danno subìto a seguito dell’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione non le aveva concesso l’intero finanziamento dovuto in applicazione del bando originario, decurtando da esso più di un terzo dell’importo finanziato, sol perché nell’istruttoria vi era stato un errore di calcolo dell’investimento globale, riconosciuto come tale dalla stessa Amministrazione.

La ricorrente, in particolare, lamentava che la decurtazione del finanziamento le aveva provocato una crisi finanziaria. L’impresa infatti, privata di oltre un terzo del finanziamento atteso, deduceva di  non essere riuscita a far fronte al mutuo bancario assunto, sicché, a causa della temporanea insolvenza, non aveva potuto neppure ottenere accesso al credito bancario. Avendo accumulato gravosi interessi passivi, la ricorrente veniva dichiarata fallita anche se poi il fallimento veniva declassato in concordato.

Il Collegio, nel decidere il ricorso, ha tuttavia osservato come l’effetto destabilizzante lamentato dall’impresa a seguito dell’illegittima decurtazione della somma in questione, potesse essere ricondotto non tanto (o comunque non solo) alla mancata corresponsione delle somme, bensì ad evidenti errori di programmazione finanziaria da parte dell’impresa medesima “.. anche perché la quota di un finanziamento pubblico da erogarsi, ancorché in presenza di un impegno formale dell’Amministrazione, costituisce sempre, fino all’erogazione, una mera aspettativa finanziaria, non già una certezza contabilizzabile in via preventiva come provento..”.

Pertanto, benché “..il decremento del contributo pubblico un qualche effetto riflesso sui pagamenti delle rate del mutuo lo ha certamente avuto…”, il concorso nella produzione del danno di precedenti o concomitanti errori di analisi e di pianificazione commessi dalla stessa impresa “..consente di escludere – ex art. 1227, comma 2, del codice civile – la responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione per lo stato di insolvenza e di paralisi aziendale, nonché per il dedotto danno di immagine (cfr.: Cons. Stato III, 21.6.2017 n. 3058)…”.

Ed infatti – continua il TAR – “..stante la genericità della formulazione della norma (art. 1227 c.c.), la colpa del danneggiato-creditore sussiste non solo nell’ipotesi di violazione di un obbligo giuridico, ma anche nella mera violazione della regola comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica (cfr.: Cass. civile, S.U. 21.11.2011 n. 24406); non vi è dubbio che la società ricorrente, al momento di indebitarsi nel 1987, abbia commesso errori di previsione e valutazione finanziaria integranti una colpa generica (imperizia, imprudenza, negligenza) e tali errori costituiscano concorso del fatto colposo del danneggiato-creditore nella causazione del danno del dissesto finanziario aziendale, da ritenersi evitabile mediante l’uso della diligenza dovuta dall’imprenditore, ex art. 1176, comma 2, codice civile…”.

I Giudici molisani, hanno tuttavia riconosciuto la risarcibilità della perdita di chance (configurabile nel caso specie, nella possibilità concreta per l’impresa di incrementare la propria produzione e i propri guadagni) subita dall’impresa, limitatamente alle possibilità produttive che un maggiore investimento, concesso e non erogato, avrebbero consentito all’azienda, in quanto “..con riferimento al danno provocato dalla P.A. assume rilevante importanza il c.d. “lucro cessante”, nella peculiare declinazione della perdita di chance, cioè nel pregiudizio sofferto per aver perduto, quale conseguenza dell’adozione di atti illegittimi, l’occasione di conseguire il bene della vita che l’interessato avrebbe potuto ottenere se l’Amministrazione si fosse comportata correttamente (cfr.: Cons. Stato V, 30.1.2017 n. 372)..”.

Il Tar ha quindi, conclusivamente, affermato che “..in questi termini e con i delineati limitinon vi è dubbio che sussista il nesso causale tra il provvedimento annullato in via giurisdizionale e il danno subito, nonché – come già rilevato – l’elemento soggettivo della colpa di apparato, poiché il Ministero, per mera negligenza o errore, ha decurtato di un terzo (400 milioni di lire, pari a 206 mila euro) il finanziamento concesso…”.

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Danno da decurtazione di un finanziamento pubblico ed errori di programmazione finanziaria

Published On: 6 Dicembre 2018

Il Tar Molise, con sentenza del 15 novembre 2018 numero 661, si è pronunciato sull’incidenza degli errori di previsione e programmazione finanziaria commessi dall’impresa beneficiaria di un finanziamento pubblico, nell’ipotesi in cui essa lamenti di aver subìto una crisi economica, a seguito dell’annullamento del provvedimento che ha illegittimamente disposto la decurtazione delle somme del finanziamento.
Nel caso di specie, l’impresa ricorrente chiedeva di venire risarcita del danno subìto a seguito dell’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione non le aveva concesso l’intero finanziamento dovuto in applicazione del bando originario, decurtando da esso più di un terzo dell’importo finanziato, sol perché nell’istruttoria vi era stato un errore di calcolo dell’investimento globale, riconosciuto come tale dalla stessa Amministrazione.

La ricorrente, in particolare, lamentava che la decurtazione del finanziamento le aveva provocato una crisi finanziaria. L’impresa infatti, privata di oltre un terzo del finanziamento atteso, deduceva di  non essere riuscita a far fronte al mutuo bancario assunto, sicché, a causa della temporanea insolvenza, non aveva potuto neppure ottenere accesso al credito bancario. Avendo accumulato gravosi interessi passivi, la ricorrente veniva dichiarata fallita anche se poi il fallimento veniva declassato in concordato.

Il Collegio, nel decidere il ricorso, ha tuttavia osservato come l’effetto destabilizzante lamentato dall’impresa a seguito dell’illegittima decurtazione della somma in questione, potesse essere ricondotto non tanto (o comunque non solo) alla mancata corresponsione delle somme, bensì ad evidenti errori di programmazione finanziaria da parte dell’impresa medesima “.. anche perché la quota di un finanziamento pubblico da erogarsi, ancorché in presenza di un impegno formale dell’Amministrazione, costituisce sempre, fino all’erogazione, una mera aspettativa finanziaria, non già una certezza contabilizzabile in via preventiva come provento..”.

Pertanto, benché “..il decremento del contributo pubblico un qualche effetto riflesso sui pagamenti delle rate del mutuo lo ha certamente avuto…”, il concorso nella produzione del danno di precedenti o concomitanti errori di analisi e di pianificazione commessi dalla stessa impresa “..consente di escludere – ex art. 1227, comma 2, del codice civile – la responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione per lo stato di insolvenza e di paralisi aziendale, nonché per il dedotto danno di immagine (cfr.: Cons. Stato III, 21.6.2017 n. 3058)…”.

Ed infatti – continua il TAR – “..stante la genericità della formulazione della norma (art. 1227 c.c.), la colpa del danneggiato-creditore sussiste non solo nell’ipotesi di violazione di un obbligo giuridico, ma anche nella mera violazione della regola comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica (cfr.: Cass. civile, S.U. 21.11.2011 n. 24406); non vi è dubbio che la società ricorrente, al momento di indebitarsi nel 1987, abbia commesso errori di previsione e valutazione finanziaria integranti una colpa generica (imperizia, imprudenza, negligenza) e tali errori costituiscano concorso del fatto colposo del danneggiato-creditore nella causazione del danno del dissesto finanziario aziendale, da ritenersi evitabile mediante l’uso della diligenza dovuta dall’imprenditore, ex art. 1176, comma 2, codice civile…”.

I Giudici molisani, hanno tuttavia riconosciuto la risarcibilità della perdita di chance (configurabile nel caso specie, nella possibilità concreta per l’impresa di incrementare la propria produzione e i propri guadagni) subita dall’impresa, limitatamente alle possibilità produttive che un maggiore investimento, concesso e non erogato, avrebbero consentito all’azienda, in quanto “..con riferimento al danno provocato dalla P.A. assume rilevante importanza il c.d. “lucro cessante”, nella peculiare declinazione della perdita di chance, cioè nel pregiudizio sofferto per aver perduto, quale conseguenza dell’adozione di atti illegittimi, l’occasione di conseguire il bene della vita che l’interessato avrebbe potuto ottenere se l’Amministrazione si fosse comportata correttamente (cfr.: Cons. Stato V, 30.1.2017 n. 372)..”.

Il Tar ha quindi, conclusivamente, affermato che “..in questi termini e con i delineati limitinon vi è dubbio che sussista il nesso causale tra il provvedimento annullato in via giurisdizionale e il danno subito, nonché – come già rilevato – l’elemento soggettivo della colpa di apparato, poiché il Ministero, per mera negligenza o errore, ha decurtato di un terzo (400 milioni di lire, pari a 206 mila euro) il finanziamento concesso…”.

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