DDL Lavoro: le principali novità

Published On: 7 Novembre 2024Categories: Normativa, Rapporti di lavoro pubblico e privato

Lo scorso 9 ottobre 2024, la Camera dei Deputati ha approvato il cd. DDL Lavoro, ovvero disegno di legge d’iniziativa governativa recante disposizioni in materia di lavoro, sul cui testo dovrà ora pronunciarsi il Senato per la seconda lettura.

Il disegno di legge in parola, composto da 33 articoli, introduce novità assai rilevanti in relazione a molteplici istituti giuslavoristici e in particolare in materia di somministrazione di lavoro, attività stagionali, durata del periodo di prova, norme in materia di risoluzione del contratto di lavoro e dimissioni.

Vediamole ad una ad una.

Somministrazione di lavoro: semplificazioni

Per prima cosa, l’articolo 10 del DDL Lavoro introduce modifiche all’articolo 31, comma 2, del Decreto legislativo 81/2015 che disciplina la Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e determinato escludendo dal computo dei limiti quantitativi relativi ai complessivi contratti a tempo determinato stipulati dal datore di lavoro (ad oggi, pari al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei medesimi contratti), i contratti in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi i lavoratori assunti dall’agenzia di somministrazione con rapporto a tempo indeterminato.

Vengono altresì esclusi dal computo dei limiti quantitativi i contratti di somministrazione con lavoratori disoccupati (che fruiscono da almeno sei mesi la NASPI, non agricola) o ammortizzatori sociali e con i cosiddetti svantaggiati o molto svantaggiati.

Viene poi eliminata la previsione secondo cui, se il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore è a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore, attualmente pari a 24 mesi.

Inoltre, ma solo per determinate categorie di lavoratori assunti con contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, a partire dall’entrata in vigore del nuovo testo contenuto nel disegno di legge, non sarà più necessario apporre la causale per la prosecuzione dei rapporti di lavoro.

Attività stagionali

L’attuale comma 2 dell’articolo 21 del Decreto legislativo 81/2015 impone che per i rinnovi dei contratti a tempo determinato siano preceduti da una “pausa” obbligatoria (di 10 o 20 giorni) dalla data di scadenza del contratto.

La norma prevede altresì che il mancato rispetto di tale periodo comporti l’automatica conversione del rapporto da determinato a indeterminato, precisando tuttavia che tale regola non trovi applicazione nei casi di lavoratori impiegati nelle attività stagionali.

In proposito, il DDL Lavoro individua con precisione quali siano i lavoratori impiegati stagionalmente, definendo e ampliando il concetto stesso di attività stagionale, affermando che: “rien­trano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Re­pubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’annononché a esigenze tecnico-produt­tive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa”.

Periodo di prova nei contratti a termine

Il Disegno di Legge in commento, con riferimento ai contratti a tempo determinato, stabilisce che, fatte salve le previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, la durata del periodo di prova è sancita in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario, a partire dalla data d’inizio del rapporto di lavoro.

Dunque, in sintesi, la durata del periodo di prova:

– per i contratti di lavoro a termine di durata pari o inferiore a 6 mesi, non può essere né inferiore a 2 giorni né superiore a 15;

– per i contratti di lavoro a termine di durata superiore a 6 mesi, non può oltrepassare i 30 giorni.

Infine, si prevede che i giorni complessivi siano computati in relazione ai giorni di effettiva prestazione, ed in particolare si afferma che 15 giorni di prestazione effettiva equivalgano a un giorno di prova.

La norma evidentemente mira a frenare l’incertezza che ha da sempre caratterizzato i criteri per la determinazione della durata del periodo di prova nell’ambito dei contratti a termine, definendo un meccanismo automatico di determinazione della durata del periodo stesso.

Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro e dimissioni

Una delle principali novità introdotte dal Disegno di Legge è sicuramente quella riguardante la risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore.

Sul punto, il comma 1 dell’articolo 19 del Disegno di Legge prevede che nei casi in cui l’assenza ingiustificata del lavoratore si protragga oltre il termine previsto dal Contratto Collettivo o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, la risoluzione del rapporto di lavoro sarà imputabile alla volontà del lavoratore.

Si tratta di una norma che ha il precipuo scopo di frenare la pratica largamente diffusa in cui il lavoratore, reiterando la sua assenza, “obbliga” il datore di lavoro a irrogargli il licenziamento così da poter accedere alla indennità di disoccupazione (NASPI).

Infatti, prevedendo che, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore oltre il termine previsto, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore (come se fossero dimissioni), la condizione necessaria per l’accesso all’indennità (id est l’irrogazione del licenziamento) verrebbe meno.

Si tratta in particolare di una vera e propria “presunzione” di dimissioni per legge, che tuttavia il lavoratore può superare provando l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi giustificativi della propria assenza.

La norma comunque prevede un “meccanismo di salvaguardia”: il datore di lavoro, infatti, in caso di assenza ingiustificata nei termini previsti dalla legge, non può considerare il lavoratore automaticamente dimissionario, ma deve darne comunicazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il quale può compiere le dovute verifiche.

Non resta a questo punto che attendere l’approvazione del Senato, che potrebbe anche apportare delle modifiche al Disegno di Legge, anche a causa delle pressioni esercitate negli ultimi giorni da alcune associazioni sindacali.

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Published On: 7 Novembre 2024

Lo scorso 9 ottobre 2024, la Camera dei Deputati ha approvato il cd. DDL Lavoro, ovvero disegno di legge d’iniziativa governativa recante disposizioni in materia di lavoro, sul cui testo dovrà ora pronunciarsi il Senato per la seconda lettura.

Il disegno di legge in parola, composto da 33 articoli, introduce novità assai rilevanti in relazione a molteplici istituti giuslavoristici e in particolare in materia di somministrazione di lavoro, attività stagionali, durata del periodo di prova, norme in materia di risoluzione del contratto di lavoro e dimissioni.

Vediamole ad una ad una.

Somministrazione di lavoro: semplificazioni

Per prima cosa, l’articolo 10 del DDL Lavoro introduce modifiche all’articolo 31, comma 2, del Decreto legislativo 81/2015 che disciplina la Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e determinato escludendo dal computo dei limiti quantitativi relativi ai complessivi contratti a tempo determinato stipulati dal datore di lavoro (ad oggi, pari al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei medesimi contratti), i contratti in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi i lavoratori assunti dall’agenzia di somministrazione con rapporto a tempo indeterminato.

Vengono altresì esclusi dal computo dei limiti quantitativi i contratti di somministrazione con lavoratori disoccupati (che fruiscono da almeno sei mesi la NASPI, non agricola) o ammortizzatori sociali e con i cosiddetti svantaggiati o molto svantaggiati.

Viene poi eliminata la previsione secondo cui, se il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore è a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore, attualmente pari a 24 mesi.

Inoltre, ma solo per determinate categorie di lavoratori assunti con contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, a partire dall’entrata in vigore del nuovo testo contenuto nel disegno di legge, non sarà più necessario apporre la causale per la prosecuzione dei rapporti di lavoro.

Attività stagionali

L’attuale comma 2 dell’articolo 21 del Decreto legislativo 81/2015 impone che per i rinnovi dei contratti a tempo determinato siano preceduti da una “pausa” obbligatoria (di 10 o 20 giorni) dalla data di scadenza del contratto.

La norma prevede altresì che il mancato rispetto di tale periodo comporti l’automatica conversione del rapporto da determinato a indeterminato, precisando tuttavia che tale regola non trovi applicazione nei casi di lavoratori impiegati nelle attività stagionali.

In proposito, il DDL Lavoro individua con precisione quali siano i lavoratori impiegati stagionalmente, definendo e ampliando il concetto stesso di attività stagionale, affermando che: “rien­trano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Re­pubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’annononché a esigenze tecnico-produt­tive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa”.

Periodo di prova nei contratti a termine

Il Disegno di Legge in commento, con riferimento ai contratti a tempo determinato, stabilisce che, fatte salve le previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, la durata del periodo di prova è sancita in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario, a partire dalla data d’inizio del rapporto di lavoro.

Dunque, in sintesi, la durata del periodo di prova:

– per i contratti di lavoro a termine di durata pari o inferiore a 6 mesi, non può essere né inferiore a 2 giorni né superiore a 15;

– per i contratti di lavoro a termine di durata superiore a 6 mesi, non può oltrepassare i 30 giorni.

Infine, si prevede che i giorni complessivi siano computati in relazione ai giorni di effettiva prestazione, ed in particolare si afferma che 15 giorni di prestazione effettiva equivalgano a un giorno di prova.

La norma evidentemente mira a frenare l’incertezza che ha da sempre caratterizzato i criteri per la determinazione della durata del periodo di prova nell’ambito dei contratti a termine, definendo un meccanismo automatico di determinazione della durata del periodo stesso.

Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro e dimissioni

Una delle principali novità introdotte dal Disegno di Legge è sicuramente quella riguardante la risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore.

Sul punto, il comma 1 dell’articolo 19 del Disegno di Legge prevede che nei casi in cui l’assenza ingiustificata del lavoratore si protragga oltre il termine previsto dal Contratto Collettivo o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, la risoluzione del rapporto di lavoro sarà imputabile alla volontà del lavoratore.

Si tratta di una norma che ha il precipuo scopo di frenare la pratica largamente diffusa in cui il lavoratore, reiterando la sua assenza, “obbliga” il datore di lavoro a irrogargli il licenziamento così da poter accedere alla indennità di disoccupazione (NASPI).

Infatti, prevedendo che, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore oltre il termine previsto, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore (come se fossero dimissioni), la condizione necessaria per l’accesso all’indennità (id est l’irrogazione del licenziamento) verrebbe meno.

Si tratta in particolare di una vera e propria “presunzione” di dimissioni per legge, che tuttavia il lavoratore può superare provando l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi giustificativi della propria assenza.

La norma comunque prevede un “meccanismo di salvaguardia”: il datore di lavoro, infatti, in caso di assenza ingiustificata nei termini previsti dalla legge, non può considerare il lavoratore automaticamente dimissionario, ma deve darne comunicazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il quale può compiere le dovute verifiche.

Non resta a questo punto che attendere l’approvazione del Senato, che potrebbe anche apportare delle modifiche al Disegno di Legge, anche a causa delle pressioni esercitate negli ultimi giorni da alcune associazioni sindacali.

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