Destinazione d’uso da “industriale” a “commerciale”: Scia si o no?

Published On: 12 Giugno 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni, Varie

Il Tribunale Amministrativo di Salerno, con la sentenza del 29 maggio 2018 numero 846, che tratta questioni afferenti il cambio della destinazione d’uso di un immobile da “industriale” a “commerciale”, fornisce interessanti indicazioni e spunti di riflessione su due questioni rilevanti tanto dal punto di vista urbanistico, quanto da quello dell’edilizia.
In particolare, con riferimento alla questione prettamente “urbanistica”, il Tribunale Amministrativo ha chiarito che in assenza di una espressa disciplina da parte del Piano Regolatore vigente delle aree del territorio urbano da destinare allo svolgimento di attività commerciali (come accaduto nel caso in esame) le medesime potranno in astratto essere svolte anche nelle zone destinate all’esercizio di attività di natura industriale.
L’assenza di previsioni di Piano circa le aree su cui insediare attività commerciali non può invero condurre all’irragionevole risultato di escluderle del tutto dal territorio comunale!
L’attività commerciale, all’opposto, dovrà ritenersi consentita proprio perché non espressamente esclusa dalla norma generale.
Quanto alla questione “edilizia”, il Collegio ha inoltre chiarito che costituisce mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ogni forma di utilizzo degli immobili diversa da quella originaria che integri una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico.
In tutti questi casi, non rileverà pertanto che la destinazione d’uso sia “astrattamente” compatibile con la zona d’intervento.
L’effettivo insediamento, per la sua valenza e i suoi effetti “urbanistici”, richiederà infatti il necessario filtro del maggior titolo abilitativo, ovvero la concessione edilizia, la verifica degli standard e la quantificazione degli oneri concessori.
Nel fare ciò, il Tar ha dunque respinto il ricorso – accogliendo su punto l’eccezione formulata dall’amministrazione comunale – ritenendo che il cambio di destinazione d’uso prospettato dal ricorrente, sebbene teoricamente ammissibile in zona “industriale”, non fosse in ogni caso assentibile con semplice SCIA, comportando una modifica urbanisticamente rilevante, nel senso sopra chiarito, che necessitava di apposita concessione edilizia.

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Destinazione d’uso da “industriale” a “commerciale”: Scia si o no?

Published On: 12 Giugno 2018

Il Tribunale Amministrativo di Salerno, con la sentenza del 29 maggio 2018 numero 846, che tratta questioni afferenti il cambio della destinazione d’uso di un immobile da “industriale” a “commerciale”, fornisce interessanti indicazioni e spunti di riflessione su due questioni rilevanti tanto dal punto di vista urbanistico, quanto da quello dell’edilizia.
In particolare, con riferimento alla questione prettamente “urbanistica”, il Tribunale Amministrativo ha chiarito che in assenza di una espressa disciplina da parte del Piano Regolatore vigente delle aree del territorio urbano da destinare allo svolgimento di attività commerciali (come accaduto nel caso in esame) le medesime potranno in astratto essere svolte anche nelle zone destinate all’esercizio di attività di natura industriale.
L’assenza di previsioni di Piano circa le aree su cui insediare attività commerciali non può invero condurre all’irragionevole risultato di escluderle del tutto dal territorio comunale!
L’attività commerciale, all’opposto, dovrà ritenersi consentita proprio perché non espressamente esclusa dalla norma generale.
Quanto alla questione “edilizia”, il Collegio ha inoltre chiarito che costituisce mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ogni forma di utilizzo degli immobili diversa da quella originaria che integri una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico.
In tutti questi casi, non rileverà pertanto che la destinazione d’uso sia “astrattamente” compatibile con la zona d’intervento.
L’effettivo insediamento, per la sua valenza e i suoi effetti “urbanistici”, richiederà infatti il necessario filtro del maggior titolo abilitativo, ovvero la concessione edilizia, la verifica degli standard e la quantificazione degli oneri concessori.
Nel fare ciò, il Tar ha dunque respinto il ricorso – accogliendo su punto l’eccezione formulata dall’amministrazione comunale – ritenendo che il cambio di destinazione d’uso prospettato dal ricorrente, sebbene teoricamente ammissibile in zona “industriale”, non fosse in ogni caso assentibile con semplice SCIA, comportando una modifica urbanisticamente rilevante, nel senso sopra chiarito, che necessitava di apposita concessione edilizia.

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