Diniego di accesso agli atti relativi ad un rapporto di adozione

Con la sentenza 8 ottobre 2018 numero 1269 in materia di accesso ai documenti amministrativi, la prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale Toscana ha respinto, ritenendolo infondato, il ricorso per l’accesso agli atti proposto dalla ricorrente la quale, avendo in giovane età abbandonato la figlia subito dopo il parto e volendo successivamente conoscerne l’identità, aveva formulato istanza di accesso agli atti relativi al rapporto di adozione, sia all’Azienda ospedaliera ove partorì che all’Ufficio comunale dell’anagrafe, ricevendone diniego.
Il Collegio ha infatti rammentato come il diritto di accesso agli atti previsto dal Capo V della Legge 241 del 1990, è escluso si sensi del primo comma dell’articolo 24, nei casi in cui la legge preveda un divieto di divulgazione dei dati contenuti nei  documenti di cui si intenda ottenere l’ostensione.
All’uopo, il comma 3 del’articolo 28 della Legge 184 del 1983 dispone che “L’ufficiale di stato civile e l’ufficiale di anagrafe debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria”, prevedendo dunque un divieto di divulgazione degli atti da cui possano ricavarsi notizie relative ad un rapporto di adozione.
Tale ultima norma – osserva ancora il Collegio – rimette al giudice ordinario in sede di volontaria giurisdizione la tutela della riservatezza dell’adottato, questa essendo peraltro la sede ove prendere in considerazioni eventuali censure in ordine alla costituzionalità o meno di tale dettato normativo.
Il Collegio ricorda infatti che “…è a tale plesso giurisdizionale (ndr. il giudice ordinario) che spetta pertanto sollevare la questione di costituzionalità della norma inanzi alla Consulta ancorché si pronunci come giudice della tutela (Corte Cost. 464/97) e/o in sede di volontaria giurisdizione “Corte Cost. n. 24/1958)…”, laddove “…operare una remissione in questa sede non sarebbe invece, possibile per difetto di rilevanza della questione, posto che in ogni caso il giudice amministrativo non potrebbe ordinare l’ostensione degli atti in difetto di autorizzazione a.g.o. alla quale, peraltro, è già stata chiesta con esito negativo dalla interessata…”.
Il diniego di accesso agli atti opposto alla ricorrente è stato pertanto ritenuto legittimo.
 

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Diniego di accesso agli atti relativi ad un rapporto di adozione

Published On: 21 Novembre 2018

Con la sentenza 8 ottobre 2018 numero 1269 in materia di accesso ai documenti amministrativi, la prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale Toscana ha respinto, ritenendolo infondato, il ricorso per l’accesso agli atti proposto dalla ricorrente la quale, avendo in giovane età abbandonato la figlia subito dopo il parto e volendo successivamente conoscerne l’identità, aveva formulato istanza di accesso agli atti relativi al rapporto di adozione, sia all’Azienda ospedaliera ove partorì che all’Ufficio comunale dell’anagrafe, ricevendone diniego.
Il Collegio ha infatti rammentato come il diritto di accesso agli atti previsto dal Capo V della Legge 241 del 1990, è escluso si sensi del primo comma dell’articolo 24, nei casi in cui la legge preveda un divieto di divulgazione dei dati contenuti nei  documenti di cui si intenda ottenere l’ostensione.
All’uopo, il comma 3 del’articolo 28 della Legge 184 del 1983 dispone che “L’ufficiale di stato civile e l’ufficiale di anagrafe debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria”, prevedendo dunque un divieto di divulgazione degli atti da cui possano ricavarsi notizie relative ad un rapporto di adozione.
Tale ultima norma – osserva ancora il Collegio – rimette al giudice ordinario in sede di volontaria giurisdizione la tutela della riservatezza dell’adottato, questa essendo peraltro la sede ove prendere in considerazioni eventuali censure in ordine alla costituzionalità o meno di tale dettato normativo.
Il Collegio ricorda infatti che “…è a tale plesso giurisdizionale (ndr. il giudice ordinario) che spetta pertanto sollevare la questione di costituzionalità della norma inanzi alla Consulta ancorché si pronunci come giudice della tutela (Corte Cost. 464/97) e/o in sede di volontaria giurisdizione “Corte Cost. n. 24/1958)…”, laddove “…operare una remissione in questa sede non sarebbe invece, possibile per difetto di rilevanza della questione, posto che in ogni caso il giudice amministrativo non potrebbe ordinare l’ostensione degli atti in difetto di autorizzazione a.g.o. alla quale, peraltro, è già stata chiesta con esito negativo dalla interessata…”.
Il diniego di accesso agli atti opposto alla ricorrente è stato pertanto ritenuto legittimo.
 

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