Diritto alla provvigione del mediatore e mutamento soggettivo della parte che conferisce l’incarico

Published On: 5 Luglio 2024Categories: Diritto civile

In tema di mediazione, la dottrina e la giurisprudenza si sono nel tempo diffusamente soffermate sull’inquadramento di tali tipi di rapporti giuridici obbligatori, e specialmente sulla disciplina degli obblighi in capo alle parti e sul diritto in capo al mediatore di ricevere la provvigione per il suo operato.

La mediazione nel Codice Civile

La mediazione è un istituto civilistico risalente nel tempo, in virtù del quale chi è interessato alla vendita di un bene si rivolge ad un soggetto specializzato – il mediatore – con il fine di entrare in contatto con un potenziale acquirente, interessato a concludere un affare.

Nonostante ciò, il Codice Civile non dà una definizione normativa del contratto di mediazione.

Invero, il Legislatore codicistico si è curato di fornire all’Articolo 1754, rubricato “Mediatore”, soltanto una definizione di quest’ultimo, identificandolo come “…colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.

La mancanza di tipizzazione del rapporto tra il mediatore e le parti ha fatto sorgere dubbi interpretativi, in dottrina, sulla qualificazione dell’istituto.

Da un lato, la dottrina maggioritaria ritiene che la mediazione avrebbe natura contrattuale data la sua collocazione sistematica all’interno del Codice civile nel Titolo III del Libro IV, dedicato alla disciplina dei singoli contratti.

Dall’altro lato, la dottrina fortemente minoritaria ritiene che la mediazione non possa assumere natura contrattuale, data la mancanza di una definizione del modello contrattuale nel nostro ordinamento.

Secondo la dottrina più consolidata, inoltre, nel nostro ordinamento è configurabile l’ipotesi di mediazione c.d. atipica, che si fonda su un contratto a prestazioni corrispettive tra il mediatore e anche una sola delle parti interessate alla conclusione di un contratto di compravendita.

Il diritto della provvigione e la modifica soggettiva delle parti

Il Codice civile, al primo comma dell’Articolo 1755, stabilisce che ordinariamente “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.

Tale definizione ha posto diversi dubbi interpretativi quanto alla individuazione del significato dell’espressione “affare concluso” e alla disciplina applicabile nel caso di modifica soggettiva di una delle parti che abbia conferito l’incarico al mediatore.

A tali dubbi – riprendendo un ormai pacifico orientamento giurisprudenziale – ha recentemente risposto la Seconda Sezione della Corte di Cassazione Civile, che con l’ordinanza numero 16973 del 20 giugno 2024 ha enunciato il principio di diritto per cui “Il mediatore ha diritto alla provvigione ove le parti concludano l’affare, senza che possa assumere rilievo la veste giuridica da costoro prescelta, ma solo il raggiungimento dello scopo economico, per il perseguire il quale esse avevano dato incarico al mediatore”.

A tal proposito, inoltre, la Suprema Corte si è curata di ribadire i seguenti princìpi:

  • “il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell’affare, mentre non rileva che questo sia concluso dalle medesime parti ovvero da parti diverse da quelle cui è stato proposto, purché vi sia un legame, anche non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria – che resta debitrice nei confronti del mediatore, per avere costei avuto rapporti con lo stesso – e quella con cui è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell’ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell’affare su un altro soggetto (ex multis: Cassazione Civile, Sez. II, n. 6552/2018; Cassazione n 8126/2009; Cassazione n. 20549/2004), aggiungendo inoltre che la parte che abbia chiesto l’opera del mediatore è tenuta a corrispondere a quest’ultimo il previsto compenso se l’affare è stato concluso per effetto del suo intervento”;
  • “l’Articolo 1755 del Codice Civile parla di “affare” e non di “contratto”, stante che il diritto al compenso non è condizionato dalla esatta corrispondenza formale tra il contratto prospettato con l’incarico … e quello attraverso il quale si è reso possibile il regolamento dei privati interessi … bensì dal raggiungimento dello scopo economico per la persecuzione del quale la parte aveva dato incarico al mediatore”;
  • il diritto del mediatore alla provvigione “consegue non alla conclusione del negozio giuridico, ma dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti: pertanto, la condizione perché il predetto diritto sorga è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione (Cassazione Civile, Sez. II, n. 11127/2022). Ed ancora, il diritto del mediatore alla provvigione si ricollega all’efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell’affare, non alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo è concluso (Cassazione Civile, Sez. II, n. 11655/2018)”.

Conclusioni

Il Codice Civile, agli Articoli 1754 e seguenti, disciplina l’istituto della mediazione pur non dandone un’esplicita definizione normativa.

Il mediatore ha diritto alla percezione del compenso quando sia stato raggiunto lo scopo economico al cui fine gli è stato conferito l’incarico, poiché l’Articolo 1755 del Codice civile parla di affare e non di contratto, che tale scopo sia collegato con l’efficacia dell’intervento del mediatore e, infine, che vi sia continuità tra il soggetto che ha conferito l’incarico e quello che ha stipulato il contratto.

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About the Author: Salvatore Luca Zappalà

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Diritto alla provvigione del mediatore e mutamento soggettivo della parte che conferisce l’incarico

Published On: 5 Luglio 2024

In tema di mediazione, la dottrina e la giurisprudenza si sono nel tempo diffusamente soffermate sull’inquadramento di tali tipi di rapporti giuridici obbligatori, e specialmente sulla disciplina degli obblighi in capo alle parti e sul diritto in capo al mediatore di ricevere la provvigione per il suo operato.

La mediazione nel Codice Civile

La mediazione è un istituto civilistico risalente nel tempo, in virtù del quale chi è interessato alla vendita di un bene si rivolge ad un soggetto specializzato – il mediatore – con il fine di entrare in contatto con un potenziale acquirente, interessato a concludere un affare.

Nonostante ciò, il Codice Civile non dà una definizione normativa del contratto di mediazione.

Invero, il Legislatore codicistico si è curato di fornire all’Articolo 1754, rubricato “Mediatore”, soltanto una definizione di quest’ultimo, identificandolo come “…colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.

La mancanza di tipizzazione del rapporto tra il mediatore e le parti ha fatto sorgere dubbi interpretativi, in dottrina, sulla qualificazione dell’istituto.

Da un lato, la dottrina maggioritaria ritiene che la mediazione avrebbe natura contrattuale data la sua collocazione sistematica all’interno del Codice civile nel Titolo III del Libro IV, dedicato alla disciplina dei singoli contratti.

Dall’altro lato, la dottrina fortemente minoritaria ritiene che la mediazione non possa assumere natura contrattuale, data la mancanza di una definizione del modello contrattuale nel nostro ordinamento.

Secondo la dottrina più consolidata, inoltre, nel nostro ordinamento è configurabile l’ipotesi di mediazione c.d. atipica, che si fonda su un contratto a prestazioni corrispettive tra il mediatore e anche una sola delle parti interessate alla conclusione di un contratto di compravendita.

Il diritto della provvigione e la modifica soggettiva delle parti

Il Codice civile, al primo comma dell’Articolo 1755, stabilisce che ordinariamente “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.

Tale definizione ha posto diversi dubbi interpretativi quanto alla individuazione del significato dell’espressione “affare concluso” e alla disciplina applicabile nel caso di modifica soggettiva di una delle parti che abbia conferito l’incarico al mediatore.

A tali dubbi – riprendendo un ormai pacifico orientamento giurisprudenziale – ha recentemente risposto la Seconda Sezione della Corte di Cassazione Civile, che con l’ordinanza numero 16973 del 20 giugno 2024 ha enunciato il principio di diritto per cui “Il mediatore ha diritto alla provvigione ove le parti concludano l’affare, senza che possa assumere rilievo la veste giuridica da costoro prescelta, ma solo il raggiungimento dello scopo economico, per il perseguire il quale esse avevano dato incarico al mediatore”.

A tal proposito, inoltre, la Suprema Corte si è curata di ribadire i seguenti princìpi:

  • “il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell’affare, mentre non rileva che questo sia concluso dalle medesime parti ovvero da parti diverse da quelle cui è stato proposto, purché vi sia un legame, anche non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria – che resta debitrice nei confronti del mediatore, per avere costei avuto rapporti con lo stesso – e quella con cui è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell’ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell’affare su un altro soggetto (ex multis: Cassazione Civile, Sez. II, n. 6552/2018; Cassazione n 8126/2009; Cassazione n. 20549/2004), aggiungendo inoltre che la parte che abbia chiesto l’opera del mediatore è tenuta a corrispondere a quest’ultimo il previsto compenso se l’affare è stato concluso per effetto del suo intervento”;
  • “l’Articolo 1755 del Codice Civile parla di “affare” e non di “contratto”, stante che il diritto al compenso non è condizionato dalla esatta corrispondenza formale tra il contratto prospettato con l’incarico … e quello attraverso il quale si è reso possibile il regolamento dei privati interessi … bensì dal raggiungimento dello scopo economico per la persecuzione del quale la parte aveva dato incarico al mediatore”;
  • il diritto del mediatore alla provvigione “consegue non alla conclusione del negozio giuridico, ma dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti: pertanto, la condizione perché il predetto diritto sorga è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione (Cassazione Civile, Sez. II, n. 11127/2022). Ed ancora, il diritto del mediatore alla provvigione si ricollega all’efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell’affare, non alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo è concluso (Cassazione Civile, Sez. II, n. 11655/2018)”.

Conclusioni

Il Codice Civile, agli Articoli 1754 e seguenti, disciplina l’istituto della mediazione pur non dandone un’esplicita definizione normativa.

Il mediatore ha diritto alla percezione del compenso quando sia stato raggiunto lo scopo economico al cui fine gli è stato conferito l’incarico, poiché l’Articolo 1755 del Codice civile parla di affare e non di contratto, che tale scopo sia collegato con l’efficacia dell’intervento del mediatore e, infine, che vi sia continuità tra il soggetto che ha conferito l’incarico e quello che ha stipulato il contratto.

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