Dismissione della partecipazione pubblica da società in house per la gestione di servizi pubblici locali

La procedura di dismissione da parte del soggetto pubblico della propria partecipazione in una società in house costituita per la gestione di servizi pubblici locali, ancorchè disposta nelle forme previste dal decreto legislativo n. 175/2016, non ha natura autoritativa e le relative controversie non sono soggette alla giurisdizione del Giudice Amministrativo.
In questo senso si è espressa la Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la decisione del 12 dicembre 2018 n.7030, la quale – nel confermare il dictum di primo grado – ha declinato la giurisdizione sulla controversia instaurata da una società che aveva partecipato alla procedura di dismissione della partecipazione pubblica, contestando infine l’aggiudicazione ad un operatore economico terzo.
Le determinazioni della società pubblica di dismettere l’intero pacchetto azionario, ad avviso del Collegio, costituiscono infatti una “…scelta a valle” del modello societario, anche considerato che, per effetto di essa, il soggetto pubblico si ritrae completamente dalla vicenda, lasciandovi solo soggetti privati, per cui non si pongono problemi di selezione pubblicistica di un socio destinato a usufruire della collaborazione privilegiata con il soggetto pubblico, come accade, invece, nella fase iniziale di scelta del partner privato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2017, n. 1894)…”.
Ed invero, come risulta dal costante orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte in tema di riparto di giurisdizione in materia di società a partecipazione pubbliche: “In tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito. Ne consegue che appartengono alla giurisdizione ordinaria le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all’acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa, mentre appartengono al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché quella relativa all’affidamento della gestione del servizio” (Cass. Civ., S.U., 20 settembre 2013, n. 21588)…”.
Ciò premesso, il Collegio ha osservato come “..la dismissione di quote azionarie pubbliche non è … soggetta alle norme sull’evidenza pubblica, e nemmeno a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un’operazione che l’ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai generali principi di trasparenza e non discriminazione; né, ai fini della sussistenza della giurisdizione esclusiva del g.a., è sufficiente che la controversia rientri, in termini generali, nella materia «servizi pubblici», occorrendo, pur sempre, che l’amministrazione abbia agito esercitando il proprio potere autoritativo (cfr. T.a.r. Sardegna, 7 aprile 2017, n. 244)…”.
Né e tanto meno – osserva ancora il Collegio – rileva la circostanza che la cessione riguardi quote di una società in house costituita per la gestione di servizi pubblici, “…atteso che gli interessi che rilevano in via immediata nella procedura di dismissione delle quote restano di rango paritetico ed assumono la qualificazione di diritti soggettivi, restando, dunque, soggetti alle norme di diritto civile…” ovvero quella per cui il socio pubblico società in house abbia utilizzato lo strumento della procedura aperta per la dismissione delle quote detenute, “…atteso che tale determinazione non è stata imposta dalle previsioni normative, ma è il frutto di una libera scelta della società che non può influire in ordine ai predeterminati criteri di riparto della giurisdizione, secondo il principio del giudice naturale precostituito per legge (cfr. anche su tale punto Cons. Stato, sez. V. n. 1894/2017; nello stesso senso, in precedenza: Cons. Stato, Ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16).

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Dismissione della partecipazione pubblica da società in house per la gestione di servizi pubblici locali

Published On: 12 Dicembre 2018

La procedura di dismissione da parte del soggetto pubblico della propria partecipazione in una società in house costituita per la gestione di servizi pubblici locali, ancorchè disposta nelle forme previste dal decreto legislativo n. 175/2016, non ha natura autoritativa e le relative controversie non sono soggette alla giurisdizione del Giudice Amministrativo.
In questo senso si è espressa la Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la decisione del 12 dicembre 2018 n.7030, la quale – nel confermare il dictum di primo grado – ha declinato la giurisdizione sulla controversia instaurata da una società che aveva partecipato alla procedura di dismissione della partecipazione pubblica, contestando infine l’aggiudicazione ad un operatore economico terzo.
Le determinazioni della società pubblica di dismettere l’intero pacchetto azionario, ad avviso del Collegio, costituiscono infatti una “…scelta a valle” del modello societario, anche considerato che, per effetto di essa, il soggetto pubblico si ritrae completamente dalla vicenda, lasciandovi solo soggetti privati, per cui non si pongono problemi di selezione pubblicistica di un socio destinato a usufruire della collaborazione privilegiata con il soggetto pubblico, come accade, invece, nella fase iniziale di scelta del partner privato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2017, n. 1894)…”.
Ed invero, come risulta dal costante orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte in tema di riparto di giurisdizione in materia di società a partecipazione pubbliche: “In tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito. Ne consegue che appartengono alla giurisdizione ordinaria le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all’acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa, mentre appartengono al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché quella relativa all’affidamento della gestione del servizio” (Cass. Civ., S.U., 20 settembre 2013, n. 21588)…”.
Ciò premesso, il Collegio ha osservato come “..la dismissione di quote azionarie pubbliche non è … soggetta alle norme sull’evidenza pubblica, e nemmeno a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un’operazione che l’ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai generali principi di trasparenza e non discriminazione; né, ai fini della sussistenza della giurisdizione esclusiva del g.a., è sufficiente che la controversia rientri, in termini generali, nella materia «servizi pubblici», occorrendo, pur sempre, che l’amministrazione abbia agito esercitando il proprio potere autoritativo (cfr. T.a.r. Sardegna, 7 aprile 2017, n. 244)…”.
Né e tanto meno – osserva ancora il Collegio – rileva la circostanza che la cessione riguardi quote di una società in house costituita per la gestione di servizi pubblici, “…atteso che gli interessi che rilevano in via immediata nella procedura di dismissione delle quote restano di rango paritetico ed assumono la qualificazione di diritti soggettivi, restando, dunque, soggetti alle norme di diritto civile…” ovvero quella per cui il socio pubblico società in house abbia utilizzato lo strumento della procedura aperta per la dismissione delle quote detenute, “…atteso che tale determinazione non è stata imposta dalle previsioni normative, ma è il frutto di una libera scelta della società che non può influire in ordine ai predeterminati criteri di riparto della giurisdizione, secondo il principio del giudice naturale precostituito per legge (cfr. anche su tale punto Cons. Stato, sez. V. n. 1894/2017; nello stesso senso, in precedenza: Cons. Stato, Ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16).

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