Gara unica a doppio oggetto
La società pubblico privata, concessionaria di un pubblico servizio e costituita a seguito di una gara unica a doppio oggetto, non ha titolo per dolersi del successivo affidamento a terzi di lavori latamente riconducibili al suo oggetto sociale, qualora tale oggetto sociale e già l’oggetto della gara unica a doppio oggetto siano connotati da eccessiva ampiezza e genericità (e siano dunque omnicomprensivi, non determinati, né determinabili “ai fini della tutela della concorrenza”).
In tal senso si è espresso il TAR Lazio di Roma, Sezione Seconda bis, con la sentenza n.7524 del 6 luglio 2018, che qui si segnala.
Nello specifico, è avvenuto che una società pubblico privata, costituita da un ente comunale nel lontano 1997 all’esito d’una pubblica gara per la scelta del socio privato, per “..l’esercizio del servizio pubblico consistente nel salvaguardare, recuperare, valorizzare e gestire il patrimonio ambientale, …(per la) promozione dello sviluppo sociale ed economico, nonché (per la) realizzazione di opere e infrastrutture accessorie e connesse, necessarie al corretto svolgimento del servizio pubblico da eseguirsi nel territorio del Comune interessato…”, nel cui oggetto sociale rientravano “..in particolare, a titolo esemplificativo e non esaustivo … la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di aree, di impianti e/o processi industriali, propri o di terzi, per la bonifica, lo smaltimento, il trattamento e la commercializzazione di rifiuti di origine urbana e/o industriale e da processi depurativi, nonché per la tutela delle acque e la gestione degli scarichi, da realizzarsi pure attraverso la stipulazione di apposite convenzioni con i soggetti all’uopo preposti… il tutto limitatamente all’ambito territoriale del Comune interessato..” e la quale, in un certo limitato frangente temporale si era vista affidare, tramite ulteriori convenzioni, anche la gestione (comprensiva della manutenzione ordinaria) di alcuni impianti di depurazione esistenti nel territorio comunale e del servizio di acquedotto e di fognatura industriale – ha impugnato dinanzi al TAR Lazio gli atti della procedura (negoziata) successivamente indetta dal Comune interessato per affidare a terzi i lavori di rifacimento d’uno degli impianti di depurazione esistenti nel territorio comunale.
La tesi della società ricorrente era che tali lavori di rifacimento avrebbero dovuto esserle affidati in via diretta, in quanto ricompresi nell’oggetto della gara espletata per la scelta del suo socio privato nel 1997.
Il Tar Lazio, tuttavia, non ha condiviso tale impostazione.
Al riguardo, il Collegio decidente ha preliminarmente ricordato che “..le regole applicative che presiedono all’affidamento diretto di servizi a società miste pubblico-private per le quali via stata, come nella specie, una previa gara cd. “a doppio oggetto” (per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio) sono state indicate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale…”, la quale ha delineato la differenza tra la società in house e la società mista, rilevando come “..la prima agisce come un vero e proprio organo dell’Amministrazione dal punto di vista sostanziale, mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica, in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza…”.
In quest’ultimo caso – ha rammentato ancora il Collegio – “.. l’affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 settembre 2010, n. Sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1555 e Corte Giustizia, sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset).
La Corte di Giustizia ha, così, ritenuto l’ammissibilità dell’affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolgesse in unico contesto una gara avente ad oggetto sia la scelta del socio privato (socio non solo azionista, ma soprattutto operativo) sia l’affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione.
La chiave di volta del sistema è, dunque, rappresentato dal fatto che l’oggetto sia predeterminato e non genericamente descritto, poiché altrimenti sarebbe agevole l’aggiramento delle regole pro-competitive a tutela della concorrenza.
In particolare, i criteri di scelta del socio privato si devono riferire non solo al capitale da quest´ultimo conferito, ma anche alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, in guisa da potersi inferire che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo (cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2015 n. 992; Sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456)…”.
Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche, il TAR Lazio ha dunque respinto il ricorso della società mista, confermando peraltro le conclusioni già rassegnate in due precedenti pronunce (TAR Lazio, Sez. II bis n. 4010/2015 e Cons. Stato, Sez. V, n. 1028/2016), concernenti l’affidamento del servizio di igiene urbana da parte del medesimo Comune attraverso una gara e non per affidamento diretto alla stessa società mista ricorrente, ove si era già rilevato che “..l’oggetto sociale della gara europea del 1997 era del tutto generico ed onnicomprensivo, idoneo a far ricadere, potenzialmente, qualsiasi servizio nel suo perimetro e, per conseguenza, del tutto inidoneo a integrare i requisiti per l’affidamento diretto dello specifico servizio oggetto del presente giudizio…”.
Similmente, si è pertanto ritenuto che i lavori di manutenzione (peraltro straordinaria, e non ordinaria) oggetto delle doglianze della società mista non fossero riconducibili al primigenio affidamento, “..poiché la gara a doppio oggetto del 1997 era stata indetta con un bando che indicava un oggetto eccessivamente ampio, non delimitabile e, pertanto, non determinabile ai fini della tutela della concorrenza..” e dovendosi ritenere in tale contesto “..carenti le necessarie specificazioni ai fini dell’affidamento dei lavori in questione..” alla ricorrente.