Impugnazione dell’iscrizione ipotecaria: calcolo del contributo unificato tributario
Con la recente ordinanza n. 26439 del 10 ottobre 2024 la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha chiarito le modalità di calcolo del contributo unificato tributario (CUT) in caso di impugnazione di una iscrizione ipotecaria per vizi propri e per intervenuta decadenza dalla pretesa impositiva a causa della mancata notificazione degli atti prodromici.
La vicenda traeva origine da un ricorso avverso l’invito al pagamento del contributo unificato tributario, con cui la contribuente sosteneva che con il giudizio avverso l’iscrizione ipotecaria (da cui l’invito al pagamento scaturiva) aveva impugnato soltanto quest’ultima e non anche le prodromiche cartelle di pagamento.
Secondo l’assunto del Ministero, invece, “…la contribuente avrebbe contestato, nel giudizio-base, non solo l’avviso di iscrizione ipotecaria, ma anche le sei cartelle di pagamento, con inevitabili ricadute sulla quantificazione del contributo unificato da versare”.
La Suprema Corte, nell’affrontare la questione, ha innanzitutto evidenziato che l’importo del contributo unificato tributario deve essere stabilito in relazione al valore della controversia, che per il processo tributario corrisponde al valore dell’atto impugnato.
Per valore della controversia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, del Decreto Legislativo n. 546/1992: “…si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato…”.
Ai fini della decisione, la Suprema Corte si è soffermata sulla sentenza n. 10012 del 15/04/2021, emessa dalla stessa a Sezioni Unite, con cui è stato chiarito che “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (ed è il caso di specie), o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (v. ex pluribus, da ultimo, Cass., 1144/2018 , in consolidamento di Cass., Sez U, 5791/2008 ).
La Suprema Corte ha richiamato, inoltre, la Direttiva n. 2 del 14 dicembre 2012, emessa dal Dipartimento delle Finanze – Direzione della giustizia tributaria, che, rispondendo ad un quesito avente ad oggetto le modalità di determinazione del valore di lite ai fini del calcolo del contributo unificato nell’ipotesi di impugnazione di un avviso di fermo o di ipoteca, ha stabilito quanto segue: “L’avviso di fermo e l’iscrizione di ipoteca sono atti prodromici alla riscossione coattiva dei crediti tributari. Detti provvedimenti sono, altresì, impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie ex articolo 19, comma 1, lettere e-bis) ed e-ter), del D. Lgs. n. 546/1992. Al fine della quantificazione del valore del contributo unificato, nel caso di specie, occorre tener conto esclusivamente del valore dei crediti tributari, al netto di interessi, sanzioni e altri oneri accessori, per i quali viene effettuata la richiesta di fermo o di iscrizione ipotecaria”.
La Suprema Corte ha rammentato che, secondo costante giurisprudenza, è senz’altro consentito al contribuente impugnare un’iscrizione ipotecaria al fine esclusivo di far valere la mancata o irrituale notificazione dell’atto impositivo prodromico alla stessa, senza contestualmente aggredire l’atto stesso per invalidità formale o per infondatezza nel merito, non sussistendo alcun onere processuale della parte ricorrente al riguardo.
In conclusione, la Suprema Corte, considerato che nel caso di specie con il ricorso proposto avverso l’iscrizione ipotecaria è stato chiesto l’annullamento della stessa, oltre che per vizi suoi propri, per intervenuta decadenza dalla pretesa impositiva a seguito della mancata notificazione delle sottese cartelle, al fine di determinare il valore della lite ha ritenuto che la contribuente abbia proceduto correttamente “alla somma degli importi dei tributi sottesi alle singole e sole cartelle di natura tributaria richiamate nell’iscrizione ipotecaria, al netto delle sanzioni e interessi”.
La Suprema Corte ha chiarito che in quest’ottica “pretendere di calcolare il CUT anche sul valore delle sei cartelle di pagamento sottese all’iscrizione ipotecaria comporterebbe una duplicazione della richiesta contributiva”.