Inammissibile il ricorso proposto al TAR Lazio contro il quesito referendario 2016
E’ inammissibile, per difetto assoluto di giurisdizione, il ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio di Roma contro il Decreto del Presidente della Repubblica del 27 settembre 2016 per la indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata dal Parlamento e pubblicata nella G.U. n. 88 del 15 aprile 2016.
Così ha statuito la Sezione IIbis dello stesso TAR Lazio la quale, con la sentenza breve n.10445 pubblicata il 20 ottobre 2016, pur escludendo l’insindacabilità, in termini assoluti, dei decreti del Presidente della Repubblica del tipo di quello in contestazione, ha ritento che le censure mosse dai ricorrenti avverso il decreto impugnato afferiscano, sostanzialmente, al giudizio di legittimità ed ammissibilità delle “richieste di referendum popolare, ai sensi dell’articolo 138, secondo comma, della Costituzione”, anche sotto il profilo della legittimità del quesito referendario, espresso nelle ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione (poi “meramente recepite” nel decreto conclusivo impugnato).
Tali ordinanze tuttavia, ad avviso dell’adito TAR Lazio sono insindacabili da parte del giudice amministrativo, sante la natura dell’Ufficio Centrale del Referendum istituito presso la Suprema Corte di Cassazione, “.. di organo rigorosamente neutrale dello stesso, essenzialmente titolare di funzioni di controllo esterno espletate in posizione di terzietà ed indipendenza nell’ambito del procedimento referendario costituzionale, con la connessa impossibilità di qualificare gli atti dallo stesso adottati in materia di referendum come atti oggettivamente e soggettivamente amministrativi (in senso analogo, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 novembre 2015, n. 5369, di conferma della sentenza di questa Sezione n. 4059 del 2015; Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2552; 16 giugno 2009, n. 3834; 2 aprile 1997, n. 333)..” nonchè ed ulteriormente in considerazione dell’orientamento seguito dalla Corte Costituzionale in ordine alla natura giurisdizionale all’Ufficio Centrale per il Referendum (sentenza n. 164 del 2008, ordinanza n. 343 del 2003 e sentenza n. 334 del 2004) e dalla stessa Corte di Cassazione (di talchè “.. la natura dei relativi provvedimenti e la relativa definitività – salvo il caso della revocazione – a maggior ragione non consentirebbero il riconoscimento della giurisdizione di questo Giudice..”).
Le considerazioni svolte in ordine alla natura dei poteri esercitati dall’Ufficio Centrale per il Referendum in materia di referendum costituzionale, unitamente al fondamento giustificativo dei poteri attribuiti al Presidente della Repubblica (a loro volta – osserva il TAR – “.. funzionali al controllo ed alla garanzia del corretto funzionamento del sistema ordinamentale sulla base di canoni obiettivi e precostituiti, nell’esercizio dei quali, attraverso l’adozione del gravato decreto di indizione del referendum, è stata conferita veste formale al quesito individuato da un organo, quale l’Ufficio Centrale del Referendum, in esito allo svolgimento di analoga funzione neutrale e di garanzia, conclusivamente saldandosi nel decreto impugnato..”), valgono dunque a rendere il Decreto del Presidente della Repubblica ed il quesito referendario ivi formulato, “..insuscettibili di sindacato giurisdizionale, in quanto non riconducibili all’esercizio di attività amministrativa ma all’esplicazione di funzioni di garanzia e di controllo aventi carattere neutrale poste a presidio dell’ordinamento..”.
Leggi il testo integrale della sentenza del TAR Lazio n.10445-2016