Inquadramento nella qualifica superiore: differenze retributive e interessi
Il Consiglio di Stato – con la sentenza del 18 giugno 2018 numero 3735 che qui si segnala – ha chiarito che in caso di differenze retributive derivanti dall’inquadramento del dipendente pubblico in una qualifica superiore, gli interessi sul dovuto si calcolano in maniera differente a seconda che l’inquadramento rappresenti l’effetto di un provvedimento di ricostruzione della carriera, oppure, sia imposto da un giudicato amministrativo.
I Giudici di Palazzo Spada in particolare, hanno affermato che nel caso in cui l’amministrazione dispone l’inquadramento del dipendente in una qualifica superiore con decorrenza giuridica antecedente rispetto al provvedimento, gli interessi e la rivalutazione sulle differenze retributive erogate con ritardo si computano solo a partire dall’emanazione del provvedimento stesso.
Tale tipo di computo degli interessi è imposto dalla peculiare natura dell’atto di ricostruzione di carriera che è costitutivo del credito (ed esclude una eventuale mora dell’amministrazione debitrice).
Qualora invece, l’inquadramento del dipendente nella qualifica superiore sia imposto dal giudicato amministrativo di annullamento di una graduatoria col conseguimento della posizione di vincitore della procedura concorsuale, il diritto di credito al pagamento della maggiore retribuzione, decorre dall’atto di approvazione della graduatoria con conseguente riconoscimento da quella data delle differenze retributive oltre che degli interessi legali.
Ciò in quanto, il provvedimento esecutivo del giudicato che riconosce una qualifica superiore è meramente dichiarativo (e non costitutivo) del diritto del dipendente (come la legge, il regolamento o la contrattazione collettiva) alla nuova posizione all’interno dell’organizzazione dell’ente.
Il Consiglio di Stato infine, conclude ribadendo che in tale ultimo caso non è dovuto alcun ulteriore risarcimento del danno per il ritardo nella corresponsione delle differenze retributive, poichè gli interessi legali vanno a compensare il ritardo con il quale l’amministrazione debitrice ha provveduto alla corresponsione delle somme dovute, secondo la loro comune natura (art. 1224, comma 1, Cod. civ.).