La querelle sul contributo una-tantum in favore delle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate durante la pandemia

Published On: 6 Ottobre 2021Categories: Normativa, Pubblica Amministrazione, Salute e sanità

In Italia, gli effetti della pandemia dovuti al Covid-19 hanno comportato l’adozione con decorrenza dal 31 gennaio 2020, della dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria che è stata affrontata dal Governo con l’adozione di Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanze del Ministero della Salute e delle Regioni, aventi carattere urgente e straordinario, volti a contenere gli effetti dei contagi.
Tali provvedimenti si è sono tradotti, in prima battuta, in misure di sorveglianza sanitaria speciale (cd. quarantena con sorveglianza attiva) e in divieti di spostamento soprattutto per i soggetti con sintomi; mentre con l’aumentare dei contagi ed il lockdown, sono stati emanati ed approvati una serie di Decreti-legge con cui è stato incremento il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e si è dato mandato alle Regioni e alle Province autonome di redigere appositi programmi operativi per amministrare tali risorse, con un monitoraggio congiunto del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle finanze.
Le strutture private del comparto sanitario e sociale accreditate, in tale contesto, durante la pandemia, hanno dovuto fare fronte alla diminuzione delle entrate causata da una forte riduzione delle prestazioni erogate in convenzione.
Queste strutture inoltre hanno dovuto ottemperare, come tutti, alle disposizioni sul distanziamento, che ha ridotto ulteriormente la loro capacità ricettiva ed il numero degli ospiti facendo aumentare le spese di assistenza (avendo la pandemia bloccato la ‘consueta’ attività, anche sul fronte delle prestazioni sanitarie).
La contrazione delle attività registrata dalle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate, rispetto ai volumi di prestazioni in convenzione e/o contrattualizzati, è scaturita dai provvedimenti di sospensione delle attività sanitarie o recanti misure per il distanziamento sociale e il contenimento della diffusione del virus, emanati dal Governo centrale e dalle Regioni durante la pandemia, che hanno determinato la progressiva riduzione delle presenze.

L’introduzione del contributo una tantum, per l’anno 2020, a cura del “Decreto Ristori bis”.

Le conseguenze scaturenti da tali provvedimenti, sono state affrontate per l’esercizio 2020 dall’articolo 9 del  Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, c.d. “Decreto Ristori bis”, rubricato “Prestazioni acquistate dal SSN da privati accreditati, che ha introdotto una specifica forma di ristoro per il 2020 (cosiddetto contributo una tantum) in favore delle strutture sanitarie private accreditate che erogano prestazioni sanitarie per conto e con oneri a carico del S.S.N., sulla base di appositi accordi e/o contratti stipulati ai sensi dell’articolo 8 quinquies del Decreto Legislativo numero 502/1992, espressamente legato all’emergenza sanitaria.
In particolare, l’art. 9 de Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, ha modificato l’articolo 4 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 , introducendo il comma 5-bis, con cui ha previsto che, “Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano che, in funzione dell’andamento dell’emergenza Covid, hanno sospeso, anche per il tramite dei propri enti, le attività ordinarie, possono riconoscere alle strutture private accreditate destinatarie di apposito budget per l’anno 2020, fino a un massimo del 90 per cento del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 stipulati per l’anno 2020, ferma restando la garanzia dell’equilibrio economico del Servizio sanitario regionale. Il predetto riconoscimento tiene conto, pertanto, sia delle attività ordinariamente erogate nel corso dell’anno 2020 di cui deve essere rendicontata l’effettiva produzione, sia, fino a concorrenza del predetto limite massimo del 90 per cento del budget, di un contributo una tantum legato all’emergenza in corso ed erogato dalle regioni e province autonome su cui insiste la struttura destinataria di budget, a ristoro dei soli costi fissi comunque sostenuti dalla struttura privata accreditata e rendicontati dalla stessa struttura che, sulla base di uno specifico provvedimento regionale, ha sospeso le attività previste dai relativi accordi e contratti stipulati per l’anno 2020. Resta fermo il riconoscimento, nell’ambito del budget assegnato per l’anno 2020, in caso di produzione del volume di attività superiore al 90 per cento e fino a concorrenza del budget previsto negli accordi e contratti stipulati per l’anno 2020, come rendicontato dalla medesima struttura interessata..”.
La norma riconosce un contributo una tantum a tutte le strutture private accreditate che in virtù di provvedimenti regionali abbiano sospeso, per effetto del COVID-19, le attività di ricovero e ambulatoriali contrattualizzate per l’anno 2020, consentendo alle Regioni e alle Province Autonome, in funzione dell’andamento epidemiologico, la possibilità di riconoscere loro per lo stesso anno, fino ad un massimo del 90% del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti stipulati per l’anno 2020.
Tale riconoscimento tiene conto: a) delle attività ordinariamente erogate dalle strutture nel corso dell’anno 2020, di cui doveva essere rendicontata l’effettiva produzione; b) di un contributo una tantum legato all’emergenza ed erogato a ristoro dei soli costi fissi sostenuti (che sono stati ammessi al pagamento fino a concorrenza del predetto limite del 90% del budget); c) della sospensione dell’attività registrata dalle strutture in questione a causa di provvedimenti regionali espressamente adottati dalla Regione.

I dubbi interpretativi e la Circolare ministeriale del 26.02.2021

L’interpretazione dell’articolo 4 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, come modificato dall’art. 9 de Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, laddove richiede la presenza di un provvedimento della Regione, della Provincia o dei loro enti di sospensione della attività sanitarie erogate in via ordinaria, ha suscitato perplessità presso le Regioni, che sono state chiarite dal Ministero della Salute con la Circolare interpretativa del 26.02.2021.
Il Ministero in particolare, ha chiarito che … l’impatto derivante dalla sospensione delle attività ordinarie, in assenza di specifici provvedimenti regionali/provinciali, possa anche derivare dalle linee di indirizzo emanata a livello nazionale, in Considerazione delle delibere del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, del 29 luglio 2020 e del 7 novembre 2020 con le quali è stato dichiarato e prorogato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; ritenendo valida a scanso di equivoci, “…l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 5 bis e 5 ter dell’articolo 4 del decreto-legge n. 34/2020, ancorchè la Regione/Provincia o i propri enti non abbiano adottato uno specifico provvedimento di sospensione..”.
Ed ha giustificato tale conclusione con la “ratio” sottesa al contributo in parola, che è quella di rimediare al pregiudizio che le strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate conseguono, parimenti dalla sospensione totale o parziale della loro attività in convenzione, a causa della pandemia (ritenendo giustamente che l’introduzione di vincoli all’erogazione delle prestazioni sanitarie attraverso l’adozione di specifici protocolli, limitazioni della capienza e/o della capacità operativa della struttura, discendenti dalla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, inevitabilmente, comporta la riduzione delle attività che le strutture sanitarie potevano erogare in condizioni di normalità sulla base degli accordi sottoscritti se non, addirittura, la sospensione in caso di contagi registrati al loro interno).

La conferma del contributo una tantum per l’anno 2021, a cura dell’art. 1 comma 495 della Legge 178/2020

La situazione, permanendo lo stato di emergenza (in atto prorogato sino al 31 dicembre 2021) non è mutata per l’anno in corso, avendo l’articolo 1, comma 495 della Legge n. 178 del 30.12.2020 confermato anche per il 2021, il riconoscimento in favore delle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate, che a causa della pandemia hanno dovuto sospendere e/o ridurre la loro attività, del contributo-una tantum già concesso per il 2020.
L’articolo 1, comma 495 della Legge 178 del 30.12.2020, in particolare, prevede che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  che, in funzione dell’andamento dell’emergenza da COVID-19, hanno sospeso, anche per il tramite dei propri enti, le attività’ ordinarie  possono riconoscere  alle  strutture  private  accreditate  destinatarie   di apposito budget per l’anno 2021 fino a un massimo del  90  per  cento del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  stipulati  per  l’anno  2021,  ferma   restando   la   garanzia dell’equilibrio  economico  del  Servizio  sanitario  regionale.   Il predetto riconoscimento tiene conto, pertanto,  sia  delle  attività ordinariamente erogate nel corso dell’anno 2021 di  cui  deve  essere rendicontata l’effettiva produzione,  sia,  fino  a  concorrenza  del predetto limite massimo del 90 per cento del budget, di un contributo una tantum legato all’emergenza in corso ed erogato dalle  regioni  e province autonome nelle quali insiste la  struttura  destinataria  di budget, a ristoro dei  soli  costi  fissi  comunque  sostenuti  dalla struttura privata accreditata e rendicontati dalla  stessa  struttura che, sulla base di uno specifico provvedimento regionale, ha  sospeso le attività previste dai relativi accordi e contratti stipulati  per l’anno 2021. Resta fermo il riconoscimento, nell’ambito del budget assegnato per l’anno 2021, in caso di  produzione  del  volume  di attività superiore al 90 per cento e fino a concorrenza  del  budget previsto negli accordi e contratti stipulati per  l’anno  2021,  come rendicontato dalla medesima struttura interessata.
La norma in questione ha carattere finanziario e di tutela dell’interesse pubblico al buon funzionamento delle strutture sanitarie convenzionate; con la conseguenza che la stessa espressione “… Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ….  possono riconoscere  ….” va intesa nel senso che le Aziende Sanitarie Provinciali debbono riconoscere alle strutture sanitarie accreditate e convenzionate, un importo sino al 90% del “budget” nel caso in cui non abbiano raggiunto tale percentuale.
Da tale doverosità sorge, quindi, un “diritto soggettivo” delle strutture al relativo pagamento, tutelabile davanti il giudice Ordinario.
Ne discende che il contributo una tantum a titolo di ristoro di cui all’articolo 1, comma 495 della Legge 178/2020 –  risultando l’attività ordinaria delle strutture sanitarie, fortemente incisa dagli interventi di riorganizzazione che vengono assunti in sede nazionale ed anche in sede regionale e locale, in base alla valutazione del rapporto rischio-benefico, – spetta alle strutture accreditate, contrattualizzate, per tutto il periodo di durata dell’emergenza sanitaria, in tutti i casi in cui abbiano registrato una limitazioni o una contrazione dell’attività o delle tipologie di prestazioni erogabili tale da non consentirgli di raggiungere il 90% del budget assegnato, a prescindere dall’emanazione di specifici provvedimenti regionali o locali trattandosi d’un diritto soggettivo al relativo pagamento.

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La querelle sul contributo una-tantum in favore delle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate durante la pandemia

Published On: 6 Ottobre 2021

In Italia, gli effetti della pandemia dovuti al Covid-19 hanno comportato l’adozione con decorrenza dal 31 gennaio 2020, della dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria che è stata affrontata dal Governo con l’adozione di Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanze del Ministero della Salute e delle Regioni, aventi carattere urgente e straordinario, volti a contenere gli effetti dei contagi.
Tali provvedimenti si è sono tradotti, in prima battuta, in misure di sorveglianza sanitaria speciale (cd. quarantena con sorveglianza attiva) e in divieti di spostamento soprattutto per i soggetti con sintomi; mentre con l’aumentare dei contagi ed il lockdown, sono stati emanati ed approvati una serie di Decreti-legge con cui è stato incremento il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e si è dato mandato alle Regioni e alle Province autonome di redigere appositi programmi operativi per amministrare tali risorse, con un monitoraggio congiunto del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle finanze.
Le strutture private del comparto sanitario e sociale accreditate, in tale contesto, durante la pandemia, hanno dovuto fare fronte alla diminuzione delle entrate causata da una forte riduzione delle prestazioni erogate in convenzione.
Queste strutture inoltre hanno dovuto ottemperare, come tutti, alle disposizioni sul distanziamento, che ha ridotto ulteriormente la loro capacità ricettiva ed il numero degli ospiti facendo aumentare le spese di assistenza (avendo la pandemia bloccato la ‘consueta’ attività, anche sul fronte delle prestazioni sanitarie).
La contrazione delle attività registrata dalle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate, rispetto ai volumi di prestazioni in convenzione e/o contrattualizzati, è scaturita dai provvedimenti di sospensione delle attività sanitarie o recanti misure per il distanziamento sociale e il contenimento della diffusione del virus, emanati dal Governo centrale e dalle Regioni durante la pandemia, che hanno determinato la progressiva riduzione delle presenze.

L’introduzione del contributo una tantum, per l’anno 2020, a cura del “Decreto Ristori bis”.

Le conseguenze scaturenti da tali provvedimenti, sono state affrontate per l’esercizio 2020 dall’articolo 9 del  Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, c.d. “Decreto Ristori bis”, rubricato “Prestazioni acquistate dal SSN da privati accreditati, che ha introdotto una specifica forma di ristoro per il 2020 (cosiddetto contributo una tantum) in favore delle strutture sanitarie private accreditate che erogano prestazioni sanitarie per conto e con oneri a carico del S.S.N., sulla base di appositi accordi e/o contratti stipulati ai sensi dell’articolo 8 quinquies del Decreto Legislativo numero 502/1992, espressamente legato all’emergenza sanitaria.
In particolare, l’art. 9 de Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, ha modificato l’articolo 4 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 , introducendo il comma 5-bis, con cui ha previsto che, “Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano che, in funzione dell’andamento dell’emergenza Covid, hanno sospeso, anche per il tramite dei propri enti, le attività ordinarie, possono riconoscere alle strutture private accreditate destinatarie di apposito budget per l’anno 2020, fino a un massimo del 90 per cento del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 stipulati per l’anno 2020, ferma restando la garanzia dell’equilibrio economico del Servizio sanitario regionale. Il predetto riconoscimento tiene conto, pertanto, sia delle attività ordinariamente erogate nel corso dell’anno 2020 di cui deve essere rendicontata l’effettiva produzione, sia, fino a concorrenza del predetto limite massimo del 90 per cento del budget, di un contributo una tantum legato all’emergenza in corso ed erogato dalle regioni e province autonome su cui insiste la struttura destinataria di budget, a ristoro dei soli costi fissi comunque sostenuti dalla struttura privata accreditata e rendicontati dalla stessa struttura che, sulla base di uno specifico provvedimento regionale, ha sospeso le attività previste dai relativi accordi e contratti stipulati per l’anno 2020. Resta fermo il riconoscimento, nell’ambito del budget assegnato per l’anno 2020, in caso di produzione del volume di attività superiore al 90 per cento e fino a concorrenza del budget previsto negli accordi e contratti stipulati per l’anno 2020, come rendicontato dalla medesima struttura interessata..”.
La norma riconosce un contributo una tantum a tutte le strutture private accreditate che in virtù di provvedimenti regionali abbiano sospeso, per effetto del COVID-19, le attività di ricovero e ambulatoriali contrattualizzate per l’anno 2020, consentendo alle Regioni e alle Province Autonome, in funzione dell’andamento epidemiologico, la possibilità di riconoscere loro per lo stesso anno, fino ad un massimo del 90% del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti stipulati per l’anno 2020.
Tale riconoscimento tiene conto: a) delle attività ordinariamente erogate dalle strutture nel corso dell’anno 2020, di cui doveva essere rendicontata l’effettiva produzione; b) di un contributo una tantum legato all’emergenza ed erogato a ristoro dei soli costi fissi sostenuti (che sono stati ammessi al pagamento fino a concorrenza del predetto limite del 90% del budget); c) della sospensione dell’attività registrata dalle strutture in questione a causa di provvedimenti regionali espressamente adottati dalla Regione.

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L’interpretazione dell’articolo 4 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, come modificato dall’art. 9 de Decreto-legge 09.11.2020, n. 149, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, laddove richiede la presenza di un provvedimento della Regione, della Provincia o dei loro enti di sospensione della attività sanitarie erogate in via ordinaria, ha suscitato perplessità presso le Regioni, che sono state chiarite dal Ministero della Salute con la Circolare interpretativa del 26.02.2021.
Il Ministero in particolare, ha chiarito che … l’impatto derivante dalla sospensione delle attività ordinarie, in assenza di specifici provvedimenti regionali/provinciali, possa anche derivare dalle linee di indirizzo emanata a livello nazionale, in Considerazione delle delibere del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, del 29 luglio 2020 e del 7 novembre 2020 con le quali è stato dichiarato e prorogato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; ritenendo valida a scanso di equivoci, “…l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 5 bis e 5 ter dell’articolo 4 del decreto-legge n. 34/2020, ancorchè la Regione/Provincia o i propri enti non abbiano adottato uno specifico provvedimento di sospensione..”.
Ed ha giustificato tale conclusione con la “ratio” sottesa al contributo in parola, che è quella di rimediare al pregiudizio che le strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate conseguono, parimenti dalla sospensione totale o parziale della loro attività in convenzione, a causa della pandemia (ritenendo giustamente che l’introduzione di vincoli all’erogazione delle prestazioni sanitarie attraverso l’adozione di specifici protocolli, limitazioni della capienza e/o della capacità operativa della struttura, discendenti dalla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, inevitabilmente, comporta la riduzione delle attività che le strutture sanitarie potevano erogare in condizioni di normalità sulla base degli accordi sottoscritti se non, addirittura, la sospensione in caso di contagi registrati al loro interno).

La conferma del contributo una tantum per l’anno 2021, a cura dell’art. 1 comma 495 della Legge 178/2020

La situazione, permanendo lo stato di emergenza (in atto prorogato sino al 31 dicembre 2021) non è mutata per l’anno in corso, avendo l’articolo 1, comma 495 della Legge n. 178 del 30.12.2020 confermato anche per il 2021, il riconoscimento in favore delle strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate, che a causa della pandemia hanno dovuto sospendere e/o ridurre la loro attività, del contributo-una tantum già concesso per il 2020.
L’articolo 1, comma 495 della Legge 178 del 30.12.2020, in particolare, prevede che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  che, in funzione dell’andamento dell’emergenza da COVID-19, hanno sospeso, anche per il tramite dei propri enti, le attività’ ordinarie  possono riconoscere  alle  strutture  private  accreditate  destinatarie   di apposito budget per l’anno 2021 fino a un massimo del  90  per  cento del budget assegnato nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  stipulati  per  l’anno  2021,  ferma   restando   la   garanzia dell’equilibrio  economico  del  Servizio  sanitario  regionale.   Il predetto riconoscimento tiene conto, pertanto,  sia  delle  attività ordinariamente erogate nel corso dell’anno 2021 di  cui  deve  essere rendicontata l’effettiva produzione,  sia,  fino  a  concorrenza  del predetto limite massimo del 90 per cento del budget, di un contributo una tantum legato all’emergenza in corso ed erogato dalle  regioni  e province autonome nelle quali insiste la  struttura  destinataria  di budget, a ristoro dei  soli  costi  fissi  comunque  sostenuti  dalla struttura privata accreditata e rendicontati dalla  stessa  struttura che, sulla base di uno specifico provvedimento regionale, ha  sospeso le attività previste dai relativi accordi e contratti stipulati  per l’anno 2021. Resta fermo il riconoscimento, nell’ambito del budget assegnato per l’anno 2021, in caso di  produzione  del  volume  di attività superiore al 90 per cento e fino a concorrenza  del  budget previsto negli accordi e contratti stipulati per  l’anno  2021,  come rendicontato dalla medesima struttura interessata.
La norma in questione ha carattere finanziario e di tutela dell’interesse pubblico al buon funzionamento delle strutture sanitarie convenzionate; con la conseguenza che la stessa espressione “… Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ….  possono riconoscere  ….” va intesa nel senso che le Aziende Sanitarie Provinciali debbono riconoscere alle strutture sanitarie accreditate e convenzionate, un importo sino al 90% del “budget” nel caso in cui non abbiano raggiunto tale percentuale.
Da tale doverosità sorge, quindi, un “diritto soggettivo” delle strutture al relativo pagamento, tutelabile davanti il giudice Ordinario.
Ne discende che il contributo una tantum a titolo di ristoro di cui all’articolo 1, comma 495 della Legge 178/2020 –  risultando l’attività ordinaria delle strutture sanitarie, fortemente incisa dagli interventi di riorganizzazione che vengono assunti in sede nazionale ed anche in sede regionale e locale, in base alla valutazione del rapporto rischio-benefico, – spetta alle strutture accreditate, contrattualizzate, per tutto il periodo di durata dell’emergenza sanitaria, in tutti i casi in cui abbiano registrato una limitazioni o una contrazione dell’attività o delle tipologie di prestazioni erogabili tale da non consentirgli di raggiungere il 90% del budget assegnato, a prescindere dall’emanazione di specifici provvedimenti regionali o locali trattandosi d’un diritto soggettivo al relativo pagamento.

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