L’affissione del Crocefisso nelle aule: il frutto di un dialogo

Con la sentenza del 9 settembre 2021 n. 24414, la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è stata chiamata a pronunciarsi sull’annosa questione relativa all’affissione del crocefisso nelle aule scolastiche.

Apparentemente la Corte avrebbe, con tale pronuncia, mutato indirizzo giurisprudenziale, ponendosi in discontinuità con il passato (si legga, a titolo esemplificativo, quanto statuito dal Consiglio di Stato con la decisione n. 566 del 13 febbraio 2006).

Lo si è detto, apparentemente, perché, forse, le cose non stanno proprio così.

La vicenda all’esame delle Sezioni Unite si presenta, infatti, come nuova, almeno parzialmente, atteso che trae origine da una delibera studentesca a favore dell’esposizione del simbolo e quindi vengono esaminati, per la prima volta, “gli effetti simbolici del crocifisso sull’insegnante dissenziente e non sullo studente”.

Il caso riguarda la condotta di un docente che, prima di tenere la lezione, rimuoveva sistematicamente il crocefisso dalla parete, per riappenderlo al termine della stessa.

Condotta che – essendo in contrasto con una circolare del dirigente scolastico con cui si ordinava l’esposizione del crocefisso, recependo una richiesta degli studenti riuniti in assemblea – era stato considerato disciplinarmente rilevante.

Il professore proponeva, pertanto, ricorso, deducendo, non solo il carattere discriminatorio dell’ordine di servizio, ma anche la lesione del diritto alla “libertà negativa” di religione e alla libertà di coscienza, nonché la violazione del principio costituzionale di laicità dello Stato.

Orbene, le Sezioni Unite – dopo avere preliminarmente chiarito che l’esposizione del crocifisso nelle aule è prevista da regolamenti che lo includono tra gli arredi scolastici – richiamano il R.D. n. 965 del 1924, il quale, all’art. 118, dispone che ogni istituto di istruzione espone in ogni aula “…la bandiera nazionale; …l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re”.

Tale norma – frutto di un preciso momento storico, in cui l’obbligo di esporre il crocefisso era espressione di una scelta confessionale – oggi, necessita di una interpretazione conforme alla Costituzione, la quale esclude che l’esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche possa considerarsi compatibile con il principio di laicità dello Stato (poichè lede la libertà religiosa, nella valenza negativa, del non credente).

Per dirla con le parole della Suprema Corte, “L’esposizione del crocifisso non è più un atto dovuto, non essendo costituzionalmente consentito imporne la presenza”, ma “…una facoltà, affidando alle singole comunità scolastiche la decisione circa la presenza dei simboli religiosi nelle proprie aule”.

Insomma, semplicemente, non vi è più un obbligo di affissione, ma ciò non implica automaticamente il contrario, ossia che vi sia un divieto.

Ciò che ritiene fondamentale la Suprema Corte è che, in caso di posizioni contrastanti sull’affissione del crocefisso, deve essere ricercata una soluzione comune che sia frutto di un compromesso – raggiunto con il più ampio consenso possibile, tendendo conto delle concrete esigenze di tutti i soggetti coinvolti, garantendone anche la partecipazione – e che sia rispettoso delle diverse sensibilità.

Alla luce dei principi affermati, le Sezioni Unite, nel caso di specie – dopo avere rilevato l’assenza di un tale “dialogo”, avendo dovuto, il docente dissenziente, limitarsi solo ad una presa d’atto dell’ordine dirigenziale di affissione del crocefisso – hanno conseguentemente dichiarato l’illegittimità di tale ordine e l’invalidità della sanzione disciplinare.

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L’affissione del Crocefisso nelle aule: il frutto di un dialogo

Published On: 29 Settembre 2021

Con la sentenza del 9 settembre 2021 n. 24414, la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è stata chiamata a pronunciarsi sull’annosa questione relativa all’affissione del crocefisso nelle aule scolastiche.

Apparentemente la Corte avrebbe, con tale pronuncia, mutato indirizzo giurisprudenziale, ponendosi in discontinuità con il passato (si legga, a titolo esemplificativo, quanto statuito dal Consiglio di Stato con la decisione n. 566 del 13 febbraio 2006).

Lo si è detto, apparentemente, perché, forse, le cose non stanno proprio così.

La vicenda all’esame delle Sezioni Unite si presenta, infatti, come nuova, almeno parzialmente, atteso che trae origine da una delibera studentesca a favore dell’esposizione del simbolo e quindi vengono esaminati, per la prima volta, “gli effetti simbolici del crocifisso sull’insegnante dissenziente e non sullo studente”.

Il caso riguarda la condotta di un docente che, prima di tenere la lezione, rimuoveva sistematicamente il crocefisso dalla parete, per riappenderlo al termine della stessa.

Condotta che – essendo in contrasto con una circolare del dirigente scolastico con cui si ordinava l’esposizione del crocefisso, recependo una richiesta degli studenti riuniti in assemblea – era stato considerato disciplinarmente rilevante.

Il professore proponeva, pertanto, ricorso, deducendo, non solo il carattere discriminatorio dell’ordine di servizio, ma anche la lesione del diritto alla “libertà negativa” di religione e alla libertà di coscienza, nonché la violazione del principio costituzionale di laicità dello Stato.

Orbene, le Sezioni Unite – dopo avere preliminarmente chiarito che l’esposizione del crocifisso nelle aule è prevista da regolamenti che lo includono tra gli arredi scolastici – richiamano il R.D. n. 965 del 1924, il quale, all’art. 118, dispone che ogni istituto di istruzione espone in ogni aula “…la bandiera nazionale; …l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re”.

Tale norma – frutto di un preciso momento storico, in cui l’obbligo di esporre il crocefisso era espressione di una scelta confessionale – oggi, necessita di una interpretazione conforme alla Costituzione, la quale esclude che l’esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche possa considerarsi compatibile con il principio di laicità dello Stato (poichè lede la libertà religiosa, nella valenza negativa, del non credente).

Per dirla con le parole della Suprema Corte, “L’esposizione del crocifisso non è più un atto dovuto, non essendo costituzionalmente consentito imporne la presenza”, ma “…una facoltà, affidando alle singole comunità scolastiche la decisione circa la presenza dei simboli religiosi nelle proprie aule”.

Insomma, semplicemente, non vi è più un obbligo di affissione, ma ciò non implica automaticamente il contrario, ossia che vi sia un divieto.

Ciò che ritiene fondamentale la Suprema Corte è che, in caso di posizioni contrastanti sull’affissione del crocefisso, deve essere ricercata una soluzione comune che sia frutto di un compromesso – raggiunto con il più ampio consenso possibile, tendendo conto delle concrete esigenze di tutti i soggetti coinvolti, garantendone anche la partecipazione – e che sia rispettoso delle diverse sensibilità.

Alla luce dei principi affermati, le Sezioni Unite, nel caso di specie – dopo avere rilevato l’assenza di un tale “dialogo”, avendo dovuto, il docente dissenziente, limitarsi solo ad una presa d’atto dell’ordine dirigenziale di affissione del crocefisso – hanno conseguentemente dichiarato l’illegittimità di tale ordine e l’invalidità della sanzione disciplinare.

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