Locazione: il comportamento operoso successivo alla proposizione della domanda di risoluzione per morosità non vale a sanare o diminuire le conseguenze del precedente inadempimento
Con la sentenza del 7 Dicembre 2020, la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza in merito all’applicazione della disciplina della risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile ai casi di sfratto per morosità dell’inquilino.
In particolare, ha rigettato la domanda della ricorrente che riteneva erroneo il ragionamento della Corte d’Appello nella parte in cui ha escluso che il pagamento dei canoni eseguito prima dell’udienza di comparizione fosse di impedimento alla risoluzione per inadempimento del contratto.
La Suprema Corte ha sostenuto in realtà che, nel caso dei contratti di durata, non si applica la regola della cristallizzazione delle posizioni delle parti contraenti fino alla pronuncia definitiva, regola che fa divieto al convenuto di eseguire la prestazione e all’attore di pretenderla.
Nel caso del contratto di locazione invece, “… trova applicazione la regola secondo cui il conduttore può adempiere anche dopo la proposizione della domanda, ma l’adempimento non vale a sanare o diminuire le conseguenze dell’inadempimento precedente e rileva soltanto ai fini della valutazione della relativa gravità …”, in tal caso infatti “… come in tutti quelli di contratto di durata in cui la parte che abbia domandato la risoluzione non è posta in condizione di sospendere a sua volta l’adempimento della propria obbligazione, non è neppure ipotizzabile (…) il venir meno dell’interesse del locatore all’adempimento da parte del conduttore inadempiente, il quale, senza che il locatore possa impedirlo, continua nel godimento della cosa locata consegnatagli dal locatore ed è tenuto, ai sensi dell’art. 1591 c.c., a dare al locatore il corrispettivo convenuto (salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno) fino alla riconsegna …”.