Non fungibilità dei componenti della Commissione degli esami Avvocato

Published On: 27 Novembre 2018Categories: Professioni

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con la sentenza del 29 ottobre 2018 numero 589, ha ripercorso l’excursus normativo, ivi compresa la disciplina transitoria, relativo alla “corretta” composizione della Commissione esaminatrice per le prove di ammissione agli orali dell’Esame di abilitazione alla professione di Avvocato.
Dopo aver richiamato la propria recente pronuncia del 26 febbraio 2018 n. 109, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha accolto il ricorso in appello proposto dall’Avvocatura dello Stato e riformato la sentenza con cui il Giudice di Primo Grado aveva accolto il ricorso di una candidata in merito alla “errata” composizione della Commissione di esami, soffermandosi sulla applicabilità o meno della normativa transitoria corredante la legge n. 247/2012.
Con questa interessante sentenza, il Consiglio di Giustizia Amministrativa – superando l’orientamento giurisprudenziale tradizionale del Giudice di Primo Grado formatosi sulla composizione della Commissione di Esami Avvocati secondo cui vigeva la fungibilità dei Commissari a prescindere dalla categoria di appartenenza – ha oggi rilevato che “..occorre invero por mente alla previsione transitoria dell’art. 49 della legge n. 247/2012 (“Disciplina transitoria per l’esame”), che stabilisce che l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, per i primi quattro anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge (periodo portato a cinque anni, dopo i fatti di causa, dall’art. 10, comma 2-quater, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19), continua a soggiacere alle norme previgenti <<sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame..” e che “..questa previsione, stante l’ampiezza della sua formulazione, si presenta oggettivamente riferibile anche al regime della composizione delle Commissioni di esame..”.
L’Ecc.mo Consiglio di Giustizia Amministrativa ha inoltre richiamato il principio stabilito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la decisione n. 7 del 20 settembre 2017, “..ha osservato con piena ragionevolezza che <<appare evidente che il Legislatore abbia dettato la norma transitoria con l’intento di procrastinare l’entrata in vigore di tutti gli aspetti innovativi della riforma (…) proprio in quanto l’art. 49 della legge non introduce in proposito alcuna distinzione, né espressa, né implicita>>, e ha enunciato la conclusione che <<il Legislatore abbia voluto procrastinare l’entrata in vigore della legge di riforma, complessivamente considerata, con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell’esame suddetto>>. Ne discende che i lavori collegiali di esame oggetto della controversia, svoltisi nel caso di specie in una seduta tenuta il febbraio 2016, e pertanto nell’arco di tempo di operatività della citata norma transitoria, dovevano ritenersi ancora soggetti alla specifica previsione dell’art. 22, comma 5, del R.D.L. n. 1578/1933 sulla piena fungibilità dei membri della Commissione, discendente dalla possibilità, normativamente prevista per tutti i componenti supplenti, d’intervenire <<in sostituzione di qualsiasi membro effettivo>>..”.
La sentenza in questione ha infine chiarito “..per completezza di disamina, che una volta che si sarà conclusa l’indicata fase transitoria il menzionato art. 22, comma 5, del R.D.L. n. 1578/1933 non potrà più trovare applicazione. Come osservato dalla stessa parte ricorrente, infatti, la mancata conferma di simile previsione da parte della nuova legge è indice della volontà legislativa di superarla; e del resto, essendosi pervenuti a una nuova regolamentazione della materia ai sensi dell’art. 15 disp. prel. cod.civ., rispetto alla previsione stessa emergono i presupposti dell’abrogazione tacita. Né potrebbe farsi riferimento, per giustificare un ipotetico supplemento di ultrattività del risalente precetto, alla previsione dell’art. 65 della legge n. 247/2012 (il cui primo comma recita: “Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”), poiché la medesima, come suggerisce il suo condizionante inciso del “se necessario”, sorregge soltanto le previgenti norme concernenti materie la cui disciplina risulti incompleta e, per tale ragione, bisognosa appunto di un’integrazione regolamentare, presupposto che per le norme dettate dalla legge n. 247 in punto di composizione della Commissione, pienamente autosufficienti, non sarebbe dato ravvisare. Sicché nell’ambito del nuovo regime introdotto dalla legge n. 247/2012 – giova ripeterlo, non rilevante ai fini di causa- una persistente applicazione dell’indirizzo della piena fungibilità dei membri di Commissione, secondo il quale i titolari potrebbero essere sostituiti da supplenti anche di categorie professionali diverse, si sostanzierebbe in una non consentita forma di disapplicazione della precisa normativa dettata dalla nuova fonte legislativa, la quale, pur avendo disciplinato ex novo la composizione della Commissione, si vedrebbe privata della piena precettività che le compete e dovrebbe assistere le sue disposizioni.
Nel contesto della nuova disciplina di legge, dunque, l’ingresso di membri supplenti nelle singole sedute non potrà alterare la corretta composizione del collegio esaminatore.

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Published On: 27 Novembre 2018

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con la sentenza del 29 ottobre 2018 numero 589, ha ripercorso l’excursus normativo, ivi compresa la disciplina transitoria, relativo alla “corretta” composizione della Commissione esaminatrice per le prove di ammissione agli orali dell’Esame di abilitazione alla professione di Avvocato.
Dopo aver richiamato la propria recente pronuncia del 26 febbraio 2018 n. 109, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha accolto il ricorso in appello proposto dall’Avvocatura dello Stato e riformato la sentenza con cui il Giudice di Primo Grado aveva accolto il ricorso di una candidata in merito alla “errata” composizione della Commissione di esami, soffermandosi sulla applicabilità o meno della normativa transitoria corredante la legge n. 247/2012.
Con questa interessante sentenza, il Consiglio di Giustizia Amministrativa – superando l’orientamento giurisprudenziale tradizionale del Giudice di Primo Grado formatosi sulla composizione della Commissione di Esami Avvocati secondo cui vigeva la fungibilità dei Commissari a prescindere dalla categoria di appartenenza – ha oggi rilevato che “..occorre invero por mente alla previsione transitoria dell’art. 49 della legge n. 247/2012 (“Disciplina transitoria per l’esame”), che stabilisce che l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, per i primi quattro anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge (periodo portato a cinque anni, dopo i fatti di causa, dall’art. 10, comma 2-quater, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19), continua a soggiacere alle norme previgenti <<sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame..” e che “..questa previsione, stante l’ampiezza della sua formulazione, si presenta oggettivamente riferibile anche al regime della composizione delle Commissioni di esame..”.
L’Ecc.mo Consiglio di Giustizia Amministrativa ha inoltre richiamato il principio stabilito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la decisione n. 7 del 20 settembre 2017, “..ha osservato con piena ragionevolezza che <<appare evidente che il Legislatore abbia dettato la norma transitoria con l’intento di procrastinare l’entrata in vigore di tutti gli aspetti innovativi della riforma (…) proprio in quanto l’art. 49 della legge non introduce in proposito alcuna distinzione, né espressa, né implicita>>, e ha enunciato la conclusione che <<il Legislatore abbia voluto procrastinare l’entrata in vigore della legge di riforma, complessivamente considerata, con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell’esame suddetto>>. Ne discende che i lavori collegiali di esame oggetto della controversia, svoltisi nel caso di specie in una seduta tenuta il febbraio 2016, e pertanto nell’arco di tempo di operatività della citata norma transitoria, dovevano ritenersi ancora soggetti alla specifica previsione dell’art. 22, comma 5, del R.D.L. n. 1578/1933 sulla piena fungibilità dei membri della Commissione, discendente dalla possibilità, normativamente prevista per tutti i componenti supplenti, d’intervenire <<in sostituzione di qualsiasi membro effettivo>>..”.
La sentenza in questione ha infine chiarito “..per completezza di disamina, che una volta che si sarà conclusa l’indicata fase transitoria il menzionato art. 22, comma 5, del R.D.L. n. 1578/1933 non potrà più trovare applicazione. Come osservato dalla stessa parte ricorrente, infatti, la mancata conferma di simile previsione da parte della nuova legge è indice della volontà legislativa di superarla; e del resto, essendosi pervenuti a una nuova regolamentazione della materia ai sensi dell’art. 15 disp. prel. cod.civ., rispetto alla previsione stessa emergono i presupposti dell’abrogazione tacita. Né potrebbe farsi riferimento, per giustificare un ipotetico supplemento di ultrattività del risalente precetto, alla previsione dell’art. 65 della legge n. 247/2012 (il cui primo comma recita: “Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”), poiché la medesima, come suggerisce il suo condizionante inciso del “se necessario”, sorregge soltanto le previgenti norme concernenti materie la cui disciplina risulti incompleta e, per tale ragione, bisognosa appunto di un’integrazione regolamentare, presupposto che per le norme dettate dalla legge n. 247 in punto di composizione della Commissione, pienamente autosufficienti, non sarebbe dato ravvisare. Sicché nell’ambito del nuovo regime introdotto dalla legge n. 247/2012 – giova ripeterlo, non rilevante ai fini di causa- una persistente applicazione dell’indirizzo della piena fungibilità dei membri di Commissione, secondo il quale i titolari potrebbero essere sostituiti da supplenti anche di categorie professionali diverse, si sostanzierebbe in una non consentita forma di disapplicazione della precisa normativa dettata dalla nuova fonte legislativa, la quale, pur avendo disciplinato ex novo la composizione della Commissione, si vedrebbe privata della piena precettività che le compete e dovrebbe assistere le sue disposizioni.
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