Obbligo di gara anche per il servizio pubblico di collegamento marittimo veloce di passeggeri nello Stretto di Messina

Published On: 19 Ottobre 2022Categories: Servizi pubblici e società partecipate

Il diritto comunitario osta a una normativa nazionale che abbia lo scopo di equiparare dei servizi di trasporto marittimo a dei servizi di trasporto ferroviario, qualora tale equiparazione abbia l’effetto di sottrarre il servizio in questione all’applicazione della normativa in materia di appalti pubblici ad esso applicabile.

Questo è il chiaro principio di diritto enucleato, in sede di rinvio pregiudiziale, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X Sezione con la decisione dello scorso 13.10.2022 (nella causa C-437/21), scaturita dall’ordinanza del Consiglio di Stato n.3212/2021, nella vertenza fra il gestore uscente del servizio di “collegamento marittimo veloce di passeggeri” nello Stretto di Messina e il Ministero dei Trasporti relativa all’affidamento, diretto e senza gara, disposto dal Ministero a favore di una partecipata di RFI, alla scadenza del precedente contratto.

La vicenda da cui è scaturita la pronunzia della Corte di Giustizia

Oggetto del contendere – nel giudizio “a quo”, pendente allo stato dinanzi al Consiglio di Stato, in grado d’appello – è la legittimità o meno dell’affidamento, diretto e senza gara, a RFI s.p.a. (e per essa, ad una sua partecipata) a decorrere dal 1° ottobre 2018, del servizio di collegamento marittimo veloce passeggeri nello Stretto di Messina tra i porti di Messina e Reggio Calabria, siccome contestata dal gestore uscente (che aveva svolto il medesimo servizio nel triennio antecedente, a seguito della aggiudicazione di una gara pubblica, per effetto di un contratto, poi non rinnovato/prorogato alla sua scadenza).

Alla scadenza contrattuale, infatti, il MIT, oltre a non esercitare la facoltà, pur espressamente prevista, di prorogare il precedente contratto, non ha neppure indetto una ulteriore procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione del nuovo contratto, ritenendo invece di affidare “direttamente e senza gara”, il predetto servizio ad una partecipata di RFI. Ciò, in virtù della disposizione di cui all’art. 47, comma 11 bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (convertito con la legge 96/2017), a tenore del quale: “al fine di migliorare la flessibilità dei collegamenti ferroviari dei passeggeri tra la Sicilia e la penisola, il servizio di collegamento ferroviario via mare di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 138 T del 31 ottobre 2000 può essere effettuato anche attraverso l’impiego di mezzi navali veloci il cui modello di esercizio sia correlato al servizio di trasporto ferroviario da e per la Sicilia, in particolare nelle tratte di andata e ritorno, Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria, da attuare nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente destinate al Contratto di programma – parte servizi tra lo Stato e la società Rete ferroviaria italiana S.p.a. e fermi restando i servizi ivi stabiliti”.

Tale affidamento diretto è stato quindi contestato, davanti al TAR LAZIO dal gestore uscente, che ne contestava la legittimità anche per violazione dei princìpi euronitari in materia di evidenza pubblica (fra l’altro deducendo che non sussistessero le ragioni dell’urgenza, “quest’ultima essendo stata creata dalla stessa amministrazione che aveva omesso di esperire per tempo una gara comunitaria”).

Il TAR Lazio ha respinto il ricorso con sentenza della Sezione III, n. 2363 del 2020.

In sede d’appello, il Consiglio di Stato ha però dubitato della legittimità comunitaria del quadro normativo di riferimento, ritenendo di interpellare la Corte di Giustizia, sul seguente quesito interpretativo: “se osta al diritto eurounitario, e, in particolare, ai princìpi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma come l’art. 47, comma 11 – bis, del decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito in legge 21 giugno 2017, n. 96, che:

– equipara o quanto meno consente di equiparare per legge il trasporto marittimo veloce passeggeri tra il porto di Messina e quello di Reggio Calabria a quello di trasporto ferroviario via mare tra la penisola e la Sicilia, di cui alla lett. e), dell’art. 2, del decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 138 T del 31 ottobre 2000;

– crea o appare idonea a creare una riserva in favore di Rete ferroviaria italiana S.p.a. del servizio di collegamento ferroviario via mare anche attraverso l’impiego di mezzi navali veloci tra la Sicilia e la penisola” (v. appunto, ordinanza n. 3212/2021).

La pronuncia della X Sezione della Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia, con la recente decisione in rassegna, ricostruito il quadro normativo di riferimento sia a livello eurounitario che interno, ha ritenuto anzitutto di non potersi pronunziare sul secondo profilo enucleato dal Giudice del rinvio, e cioè quello relativo alla eventuale costituzione in favore di RFI di una sorta di “diritto speciale” o “esclusivo”, tale in tesi da realizzare una misura di “aiuto di stato”, che potrebbe falsare la concorrenza; ciò, ritenendo che il giudice del rinvio non avesse fornito “alcun elemento relativo al contratto concluso nell’ambito dell’affidamento diretto del servizio in discussione nel procedimento principale”.

Si è quindi concentrata sui residui aspetti, osservando preliminarmente come “i servizi di trasporto marittimo quali quelli in discussione nel procedimento principale rientrano anche nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1370/2007, sicché, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 6, di tale regolamento, sarebbe consentito alle autorità competenti attribuire direttamente dei contratti di servizio pubblico per questo tipo di trasporto”.

Ed ancora come “è… possibile, in linea di principio, che il regolamento n. 1370/2007 venga dichiarato applicabile al trasporto marittimo mediante navi veloci in circostanze quali quelle in discussione nel procedimento principale, in cui l’articolo 47, comma 11 bis, del decreto-legge n. 50/2017 equipara, a determinate condizioni, il trasporto marittimo mediante navi veloci al trasporto ferroviario”.

Tuttavia”, continua la Corte UE, “risulta parimenti dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento n. 1370/2007 che l’applicabilità di quest’ultimo al trasporto pubblico di passeggeri in acque marine nazionali si realizza «ferme restando» le disposizioni del regolamento n. 3577/92, sicché, in caso di conflitto, queste ultime prevalgono”.

A questo proposito, la Corte ha quindi ritenuto di ricordare che “l’articolo 1 del regolamento n. 3577/92 stabilisce chiaramente il principio della libera prestazione dei servizi di cabotaggio marittimo nell’Unione europea (sentenze del 20 febbraio 2001, Analir e a., C-205/99, EU:C:2001:107, punto 20, e del 9 marzo 2006, Commissione/Spagna, C-323/03, EU:C:2006:159, punto 43)” e che, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detto regolamento, “uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico con le compagnie di navigazione che partecipano segnatamente ai servizi regolari da e verso le isole o imporre loro obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio. Il secondo comma di tale disposizione esige che uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo faccia su base non discriminatoria nei confronti di tutti gli armatori dell’Unione”.

Tanto chiarito e passando alla fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte UE ha ritenuto di puntualizzare come “le norme in materia di appalti pubblici non sono identiche a seconda che si tratti di servizi di trasporto pubblico di passeggeri via mare oppure di servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia”.

Infatti, “soltanto per i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, ad eccezione di altre modalità di trasporto ferroviario, quali metropolitana e tram, l’articolo 5, paragrafo 6, del regolamento n. 1370/2007 autorizza, a determinate condizioni, un affidamento diretto, vale a dire, come viene precisato all’articolo 2, lettera h), di tale regolamento, senza che sia previamente esperita una procedura di gara”.

Ed inoltre, “l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 3577/92 stabilisce che uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria nei confronti di tutti gli armatori dell’Unione e, al contrario del regolamento n. 1370/2007, non prevede alcuna possibilità di affidamento diretto”.

Pertanto, conclude la Corte UE, “dato che gli Stati membri possono applicare il regolamento n. 1370/2007 al trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile soltanto lasciando impregiudicate le disposizioni del regolamento n. 3577/92, i contratti di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile non possono essere conclusi senza che sia previamente esperita una procedura di gara, in conformità a quanto previsto da quest’ultimo regolamento”.

Ne consegue, ad avviso della Corte UE, che “non si può ammettere che una misura nazionale proceda ad una riqualificazione di taluni servizi la quale non tenga conto della natura reale di questi ultimi e che porti a sottrarli all’applicazione delle norme ad essi applicabili”.

Alla luce delle superiori considerazioni, la Corte UE ha quindi risposto alla “questione sollevata”, dichiarando che: “il regolamento n. 3577/92, e in particolare l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che abbia lo scopo di equiparare dei servizi di trasporto marittimo a dei servizi di trasporto ferroviario, qualora tale equiparazione abbia l’effetto di sottrarre il servizio in questione all’applicazione della normativa in materia di appalti pubblici ad esso applicabile”.

La parola adesso torna al Consiglio di Stato, che dovrà risolvere il contenzioso ancora pendente davanti a sé, sulla scorta di tale chiaro “principio di diritto”, già comunque idoneo ad adombrare un improprio utilizzo da parte del MIT dei propri poteri autoritativi (e la necessità di bandire una nuova gara pubblica, rispettosa dei princìpi dell’evidenza pubblica, per il riaffidamento del servizio in esame).

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Obbligo di gara anche per il servizio pubblico di collegamento marittimo veloce di passeggeri nello Stretto di Messina

Published On: 19 Ottobre 2022

Il diritto comunitario osta a una normativa nazionale che abbia lo scopo di equiparare dei servizi di trasporto marittimo a dei servizi di trasporto ferroviario, qualora tale equiparazione abbia l’effetto di sottrarre il servizio in questione all’applicazione della normativa in materia di appalti pubblici ad esso applicabile.

Questo è il chiaro principio di diritto enucleato, in sede di rinvio pregiudiziale, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X Sezione con la decisione dello scorso 13.10.2022 (nella causa C-437/21), scaturita dall’ordinanza del Consiglio di Stato n.3212/2021, nella vertenza fra il gestore uscente del servizio di “collegamento marittimo veloce di passeggeri” nello Stretto di Messina e il Ministero dei Trasporti relativa all’affidamento, diretto e senza gara, disposto dal Ministero a favore di una partecipata di RFI, alla scadenza del precedente contratto.

La vicenda da cui è scaturita la pronunzia della Corte di Giustizia

Oggetto del contendere – nel giudizio “a quo”, pendente allo stato dinanzi al Consiglio di Stato, in grado d’appello – è la legittimità o meno dell’affidamento, diretto e senza gara, a RFI s.p.a. (e per essa, ad una sua partecipata) a decorrere dal 1° ottobre 2018, del servizio di collegamento marittimo veloce passeggeri nello Stretto di Messina tra i porti di Messina e Reggio Calabria, siccome contestata dal gestore uscente (che aveva svolto il medesimo servizio nel triennio antecedente, a seguito della aggiudicazione di una gara pubblica, per effetto di un contratto, poi non rinnovato/prorogato alla sua scadenza).

Alla scadenza contrattuale, infatti, il MIT, oltre a non esercitare la facoltà, pur espressamente prevista, di prorogare il precedente contratto, non ha neppure indetto una ulteriore procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione del nuovo contratto, ritenendo invece di affidare “direttamente e senza gara”, il predetto servizio ad una partecipata di RFI. Ciò, in virtù della disposizione di cui all’art. 47, comma 11 bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (convertito con la legge 96/2017), a tenore del quale: “al fine di migliorare la flessibilità dei collegamenti ferroviari dei passeggeri tra la Sicilia e la penisola, il servizio di collegamento ferroviario via mare di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 138 T del 31 ottobre 2000 può essere effettuato anche attraverso l’impiego di mezzi navali veloci il cui modello di esercizio sia correlato al servizio di trasporto ferroviario da e per la Sicilia, in particolare nelle tratte di andata e ritorno, Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria, da attuare nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente destinate al Contratto di programma – parte servizi tra lo Stato e la società Rete ferroviaria italiana S.p.a. e fermi restando i servizi ivi stabiliti”.

Tale affidamento diretto è stato quindi contestato, davanti al TAR LAZIO dal gestore uscente, che ne contestava la legittimità anche per violazione dei princìpi euronitari in materia di evidenza pubblica (fra l’altro deducendo che non sussistessero le ragioni dell’urgenza, “quest’ultima essendo stata creata dalla stessa amministrazione che aveva omesso di esperire per tempo una gara comunitaria”).

Il TAR Lazio ha respinto il ricorso con sentenza della Sezione III, n. 2363 del 2020.

In sede d’appello, il Consiglio di Stato ha però dubitato della legittimità comunitaria del quadro normativo di riferimento, ritenendo di interpellare la Corte di Giustizia, sul seguente quesito interpretativo: “se osta al diritto eurounitario, e, in particolare, ai princìpi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma come l’art. 47, comma 11 – bis, del decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito in legge 21 giugno 2017, n. 96, che:

– equipara o quanto meno consente di equiparare per legge il trasporto marittimo veloce passeggeri tra il porto di Messina e quello di Reggio Calabria a quello di trasporto ferroviario via mare tra la penisola e la Sicilia, di cui alla lett. e), dell’art. 2, del decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 138 T del 31 ottobre 2000;

– crea o appare idonea a creare una riserva in favore di Rete ferroviaria italiana S.p.a. del servizio di collegamento ferroviario via mare anche attraverso l’impiego di mezzi navali veloci tra la Sicilia e la penisola” (v. appunto, ordinanza n. 3212/2021).

La pronuncia della X Sezione della Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia, con la recente decisione in rassegna, ricostruito il quadro normativo di riferimento sia a livello eurounitario che interno, ha ritenuto anzitutto di non potersi pronunziare sul secondo profilo enucleato dal Giudice del rinvio, e cioè quello relativo alla eventuale costituzione in favore di RFI di una sorta di “diritto speciale” o “esclusivo”, tale in tesi da realizzare una misura di “aiuto di stato”, che potrebbe falsare la concorrenza; ciò, ritenendo che il giudice del rinvio non avesse fornito “alcun elemento relativo al contratto concluso nell’ambito dell’affidamento diretto del servizio in discussione nel procedimento principale”.

Si è quindi concentrata sui residui aspetti, osservando preliminarmente come “i servizi di trasporto marittimo quali quelli in discussione nel procedimento principale rientrano anche nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1370/2007, sicché, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 6, di tale regolamento, sarebbe consentito alle autorità competenti attribuire direttamente dei contratti di servizio pubblico per questo tipo di trasporto”.

Ed ancora come “è… possibile, in linea di principio, che il regolamento n. 1370/2007 venga dichiarato applicabile al trasporto marittimo mediante navi veloci in circostanze quali quelle in discussione nel procedimento principale, in cui l’articolo 47, comma 11 bis, del decreto-legge n. 50/2017 equipara, a determinate condizioni, il trasporto marittimo mediante navi veloci al trasporto ferroviario”.

Tuttavia”, continua la Corte UE, “risulta parimenti dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento n. 1370/2007 che l’applicabilità di quest’ultimo al trasporto pubblico di passeggeri in acque marine nazionali si realizza «ferme restando» le disposizioni del regolamento n. 3577/92, sicché, in caso di conflitto, queste ultime prevalgono”.

A questo proposito, la Corte ha quindi ritenuto di ricordare che “l’articolo 1 del regolamento n. 3577/92 stabilisce chiaramente il principio della libera prestazione dei servizi di cabotaggio marittimo nell’Unione europea (sentenze del 20 febbraio 2001, Analir e a., C-205/99, EU:C:2001:107, punto 20, e del 9 marzo 2006, Commissione/Spagna, C-323/03, EU:C:2006:159, punto 43)” e che, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di detto regolamento, “uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico con le compagnie di navigazione che partecipano segnatamente ai servizi regolari da e verso le isole o imporre loro obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio. Il secondo comma di tale disposizione esige che uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo faccia su base non discriminatoria nei confronti di tutti gli armatori dell’Unione”.

Tanto chiarito e passando alla fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte UE ha ritenuto di puntualizzare come “le norme in materia di appalti pubblici non sono identiche a seconda che si tratti di servizi di trasporto pubblico di passeggeri via mare oppure di servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia”.

Infatti, “soltanto per i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, ad eccezione di altre modalità di trasporto ferroviario, quali metropolitana e tram, l’articolo 5, paragrafo 6, del regolamento n. 1370/2007 autorizza, a determinate condizioni, un affidamento diretto, vale a dire, come viene precisato all’articolo 2, lettera h), di tale regolamento, senza che sia previamente esperita una procedura di gara”.

Ed inoltre, “l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 3577/92 stabilisce che uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria nei confronti di tutti gli armatori dell’Unione e, al contrario del regolamento n. 1370/2007, non prevede alcuna possibilità di affidamento diretto”.

Pertanto, conclude la Corte UE, “dato che gli Stati membri possono applicare il regolamento n. 1370/2007 al trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile soltanto lasciando impregiudicate le disposizioni del regolamento n. 3577/92, i contratti di trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile non possono essere conclusi senza che sia previamente esperita una procedura di gara, in conformità a quanto previsto da quest’ultimo regolamento”.

Ne consegue, ad avviso della Corte UE, che “non si può ammettere che una misura nazionale proceda ad una riqualificazione di taluni servizi la quale non tenga conto della natura reale di questi ultimi e che porti a sottrarli all’applicazione delle norme ad essi applicabili”.

Alla luce delle superiori considerazioni, la Corte UE ha quindi risposto alla “questione sollevata”, dichiarando che: “il regolamento n. 3577/92, e in particolare l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che abbia lo scopo di equiparare dei servizi di trasporto marittimo a dei servizi di trasporto ferroviario, qualora tale equiparazione abbia l’effetto di sottrarre il servizio in questione all’applicazione della normativa in materia di appalti pubblici ad esso applicabile”.

La parola adesso torna al Consiglio di Stato, che dovrà risolvere il contenzioso ancora pendente davanti a sé, sulla scorta di tale chiaro “principio di diritto”, già comunque idoneo ad adombrare un improprio utilizzo da parte del MIT dei propri poteri autoritativi (e la necessità di bandire una nuova gara pubblica, rispettosa dei princìpi dell’evidenza pubblica, per il riaffidamento del servizio in esame).

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