La “clausola territoriale” non può essere prevista quale requisito di partecipazione

Published On: 25 Gennaio 2024

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con la delibera numero 1 del 10 gennaio 2024, ha reso un parere motivato (ex art. 220 comma 3 d.lgs. 36/2023) relativo a una procedura di gara per l’affidamento del servizio di recupero di rifiuti biodegradabili, affermando l’illegittimità della sua lex specialis nella parte in cui richiedeva, tra i requisiti di partecipazione, la disponibilità di un impianto di destino autorizzato al ritiro e trattamento dei rifiuti entro una distanza massima di 10 km dalla sede operativa.

Tale clausola è stata ritenuta illegittima nonché limitativa della concorrenza, stante anche il panorama normativo e giurisprudenziale. Infatti, nella vigenza del precedente codice degli appalti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale era considerato illegittimo il requisito di partecipazione condizionato da una clausola territoriale, in quanto quest’ultima era ritenuta limitativa della concorrenza. Inoltre, in materia di appalti di rifiuti, la giurisprudenza aveva talvolta considerato ammissibile un requisito di partecipazione condizionato dalla clausola di territorialità, ma soltanto in via eccezionale e sulla base della considerazione per cui tale clausola fosse concretamente prevista a tutela dell’ambiente, in applicazione del c.d. principio di prossimità.

Il nuovo Codice di cui al d.lgs.36/2023 – nel riservare al principio di accesso al mercato un ruolo centrale e fondante (artt.  3 e 4) – ha d’un canto previsto requisiti di partecipazione tassativi e semmai integrabili prevalentemente in ottica pro-concorrenziale (cfr. art. 100, co.2, art. 102, art. 10, co. 3, per cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”); dall’altro, ha contemplato le c.d. clausole territoriali esclusivamente quale requisito premiale, nel contesto dei criteri di aggiudicazione (cfr. art. 108, co,7).

Attualmente, quindi, il principio concorrenziale sembra prevalere rispetto al principio di prossimità ambientale, sicché, ove nell’ambito dell’evidenza pubblica sia necessario integrare i due princìpi, la clausola territoriale appare declinabile quale criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non potrà mai essere previsto quale requisito di partecipazione.

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About the Author: Salvatore Luca Zappalà

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La “clausola territoriale” non può essere prevista quale requisito di partecipazione

Published On: 25 Gennaio 2024

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con la delibera numero 1 del 10 gennaio 2024, ha reso un parere motivato (ex art. 220 comma 3 d.lgs. 36/2023) relativo a una procedura di gara per l’affidamento del servizio di recupero di rifiuti biodegradabili, affermando l’illegittimità della sua lex specialis nella parte in cui richiedeva, tra i requisiti di partecipazione, la disponibilità di un impianto di destino autorizzato al ritiro e trattamento dei rifiuti entro una distanza massima di 10 km dalla sede operativa.

Tale clausola è stata ritenuta illegittima nonché limitativa della concorrenza, stante anche il panorama normativo e giurisprudenziale. Infatti, nella vigenza del precedente codice degli appalti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale era considerato illegittimo il requisito di partecipazione condizionato da una clausola territoriale, in quanto quest’ultima era ritenuta limitativa della concorrenza. Inoltre, in materia di appalti di rifiuti, la giurisprudenza aveva talvolta considerato ammissibile un requisito di partecipazione condizionato dalla clausola di territorialità, ma soltanto in via eccezionale e sulla base della considerazione per cui tale clausola fosse concretamente prevista a tutela dell’ambiente, in applicazione del c.d. principio di prossimità.

Il nuovo Codice di cui al d.lgs.36/2023 – nel riservare al principio di accesso al mercato un ruolo centrale e fondante (artt.  3 e 4) – ha d’un canto previsto requisiti di partecipazione tassativi e semmai integrabili prevalentemente in ottica pro-concorrenziale (cfr. art. 100, co.2, art. 102, art. 10, co. 3, per cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”); dall’altro, ha contemplato le c.d. clausole territoriali esclusivamente quale requisito premiale, nel contesto dei criteri di aggiudicazione (cfr. art. 108, co,7).

Attualmente, quindi, il principio concorrenziale sembra prevalere rispetto al principio di prossimità ambientale, sicché, ove nell’ambito dell’evidenza pubblica sia necessario integrare i due princìpi, la clausola territoriale appare declinabile quale criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non potrà mai essere previsto quale requisito di partecipazione.

#appaltipubblici #rifiuti #clausolaterritoriale #requisitipremiali #requisitispeciali

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