Revoca del nulla osta all’ingresso per vizi della asseverazione
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la recente sentenza del 22 luglio 2024 n.6568, si è pronunciata su una particolare vicenda di revoca di un nulla osta all’ingresso del lavoratore straniero, per irregolarità dell’asseverazione allegata alla iniziale istanza, ai sensi dell’art. 24 bis, comma 2, del Testo unico sull’immigrazione di cui al decreto legislativo 286/1998.
La vicenda concreta e i motivi di ricorso di prime cure e d’appello
Nel caso di specie, la Prefettura, Sportello Unico per l’immigrazione, ha revocato il nulla osta all’ingresso rilasciato al ricorrente, su istanza del datore di lavoro, in quanto – da controlli successivamente effettuati – era emerso che la relativa istanza era originariamente priva dell’asseverazione di cui all’articolo 24 bis, comma 2, del decreto legislativo 286/1998, e altresì che l’asseverazione – successivamente depositata, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento in autotutela – era invalida, poiché rilasciata da un dottore commercialista non ancora iscritto all’albo dei consulenti del lavoro.
Tale provvedimento di revoca è stato quindi impugnato dal lavoratore dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro, sostenendosi che, dopo la comunicazione di avvio del procedimento di revoca del nulla osta, il datore di lavoro aveva provveduto a depositare l’asseverazione richiesta dalla legge, a firma del dottore commercialista; e peraltro deducendosi che, anche in assenza di asseverazione, la revoca non avrebbe potuto avere luogo, trattandosi solo di una modalità alternativa di espletamento di verifiche già demandate all’Ispettorato del Lavoro.
L’adito TAR Catanzaro ha respinto il ricorso, rilevando in primis la non contestualità tra la presentazione dell’istanza e il deposito dell’asseverazione e, in secondo luogo, che l’asseverazione successivamente depositata è comunque invalida, in quanto appunto proveniente da un soggetto non ancora iscritto all’albo dei consulenti del lavoro.
Conseguentemente, la relativa sentenza è stata impugnata con ricorso in appello, ove l’appellante ha riproposto – in chiave critica – gli stessi motivi dedotti in primo grado, precisando che, ai sensi dell’articolo 44 del decreto-legge 73/2022, l’asseverazione in oggetto può essere rilasciata anche da dottore commercialista, salvo l’obbligo di comunicare l’ambito territoriale dove ha intenzione di operare. Tale comunicazione, ad avviso dell’appellante, non incide sulla validità dell’asseverazione né sulla capacità di rilascio della stessa, derivando tale facoltà direttamente dall’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti.
La decisione
Il Consiglio di Stato, definendo nel merito la controversia, con la sentenza in rassegna ha respinto il ricorso e ha ritenuto di condividere la conclusione cui è pervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale, nel senso della non validità dell’asseverazione del dottore commercialista, siccome trasmessa in data anteriore rispetto alla comunicazione di inizio attività di gestione del personale ex articolo 1 della legge 12/1979.
L’articolo 1 della legge 12/1979, ha ricordato il Collegio, dispone invero che “…tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’articolo 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo articolo 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra…”.
Ne deriva che il commercialista può sì effettuare le attività ora elencate, purché provveda a comunicare la sua intenzione di svolgere l’attività (di asseverazione). Diversamente, il compimento di ogni suo atto prima di tale incombenza risulta invalido (rectius, inefficace).
Pertanto, ha osservato il Collegio, “…la mancata comunicazione ha plurime conseguenze”, anche in seno al procedimento per il quale l’asseverazione era stata resa e la riprova è contenuta nell’articolo 42, comma 2, del decreto-legge 73/2022, convertito dalla legge 122/2022, il quale “…prevede una sanzione per l’inosservanza di tale obbligo, consistente nella revoca del nulla osta rilasciato…”.
Ancora, il successivo articolo 44, comma 2, del decreto-legge 73/2022, sancisce che, unitamente alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero, il datore di lavoro deve depositare l’asseverazione dell’esito positivo delle verifiche di congruità dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni contenute nel contratto collettivo di lavoro e del numero delle richieste presentante di cui all’articolo 30 bis, comma 8, del DPR 39/1999. Trattasi, come specificato dal Collegio, di una normativa specifica in materia di regolarizzazione dei lavoratori stranieri, che prevale, quale ius speciale, sulla disciplina generale contenuta nella Legge 183/2011.
A ciò va aggiunto che l’asseverazione richiesta al professionista “…implica un’attività di tipo sintetico-valutativo, che deve tenere conto di parametri di giudizio articolati e complessi, come ad esempio della capacità patrimoniale, dell’equilibrio economico-finanziario, del fatturato e del numero dei dipendenti…”. Pertanto, “…l’asseverazione è l’esito di una verifica non meramente documentale, ma necessariamente filtrata dal vaglio tecnico di una serie di elementi valutativi complessi, il che ne giustifica e motiva la devoluzione ad un soggetto abilitato sulla base di specifici titoli di qualificazione professionale…”.
Sulla scorta di quanto rappresentato, il Collegio, con la decisione in rassegna, ha respinto il ricorso in appello, ritenendo legittima l’impugnata revoca del nulla osta all’ingresso.