Sub-concessione di aree e stalli aeroportuali

Published On: 18 Marzo 2019Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Pubblica Amministrazione, Tutele

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia di Catania, con la decisione n.567 del 15 marzo 2019 che qui si segnala, si pronunziato sulla legittimità di una procedura indetta dalla Società che gestisce l’Aeroporto cittadino con avviso pubblico di manifestazione di interesse, per l’individuazione di operatori economici cui affidare in sub-concessione, aree e locali all’interno dell’aeroporto medesimo, da destinare ad attività di noleggio auto senza conducente.
Avviso pubblico che parte ricorrente aveva impugnato in sede giurisdizionale contestando, per un verso, la richiesta – quale requisito di capacità economica e finanziaria – d’un “fatturato medio riferito all’ultimo triennio (2015-2016-2017) per attività di noleggio auto senza conducente non inferiore ad € 2.500.000,00, importo a suo dire sproporzionato (ed in contrasto con le disposizioni del codice dei contratti tendenti a favorire l’accesso di microimprese, piccole e medie imprese); e censurando, per altro verso, la clausola dell’avviso che escludeva il ricorso all’avvalimento.
Il TAR etneo, anzitutto, ha ritenuto che la controversia proposta rientri in effetti nella propria giurisdizione.
E ciò, nonostante l’esistenza di diverso autorevole orientamento (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930, e Cass. SU, 27 febbraio 2017, n. 4884), sulla scorta di quanto ritenuto dal CGARS, Sezione giurisdizionale, con la sentenza del 23 maggio 2017, n. 221.

Con tale sentenza 221/2017, rammenta il TAR etneo, il CGARS ha avuto modo di precisare che «…la giurisdizione, per la fattispecie in esame, non può che appartenere al Giudice Amministrativo […] non v’è dubbio che la fattispecie per cui è causa [in quel caso si trattava di una gara mediante procedura aperta per l’assegnazione in regime di sub-concessione di spazi interni all’aeroporto di Catania da destinarsi all’esercizio di attività commerciali di vendita e somministrazione di alimenti e bevande] sia inquadrabile come “controversia relativa ad un provvedimento adottato dal Gestore di un pubblico servizio” (nella specie: un provvedimento di aggiudicazione di una subconcessione concernente un bene demaniale) […] Sicchè non v’è ragione per dubitare che la giurisdizione in ordine alla condotta (procedimentale e provvedimentale) tenuta dal predetto Ente Gestore ai fini di regolamentare la fase di scelta dei contraenti (aspiranti ad instaurare rapporti di subconcessione), o i rapporti con questi ultimi nel corso di tale fase, appartenga al Giudice Amministrativo […] Né varrebbe rilevare – come fanno gli appellanti incidentali – che, nella fattispecie per cui è causa, l’attività di scelta dei contraenti (o subconcessionari) condotta dal Soggetto Gestore non concerne l’espletamento di pubblici servizi (e non è rivolta all’organizzazione di pubblici servizi), ma il semplice affidamento in concessione di spazi demaniali al fine di consentire agli affidatari l’esercizio, nell’ambito degli stessi, di attività meramente commerciali (e perciò stesso di natura privatistica) […] Soccorrerebbe, infatti, la ancor più specifica e puntuale disposizione di cui alla lettera “b” del più volte richiamato art. 133 del codice del processo amministrativo. Esso stabilisce chiaramente che sono devolute alla giurisdizione esclusiva le controversie aventi atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ed eccezione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Ciò significa, e la disposizione è chiarissima al riguardo, che allorquando si tratti di sindacare non soltanto provvedimenti amministrativi, ma anche atti a struttura negoziale che costituiscano fonti di regolamentazione di rapporti concessori aventi ad oggetti beni pubblici – e si badi: non necessariamente “demaniali”, purchè latamente pubblici (rientrando in tale categoria anche i beni patrimoniali indisponibili e finanche quelli disponibili) – la giurisdizione si incardina in capo al Giudice Amministrativo […] E’ infatti oltremodo evidente che il Legislatore ha inteso devolvere proprio al Giudice Amministrativo la cognizione delle controversie concernenti (rectius: di qualsiasi controversia concernente) l’affidamento in concessione (e dunque anche in subconcessione) di beni pubblici, e quindi anche di aree del c.d. demanio aeroportuale o comunque di aree infra-aeroportuali, e ciò (anche) indipendentemente dall’uso di potere provvedimentale nel corso del rapporto (instauratosi successivamente alla fase volta alla scelta del concessionario o del subconcessionario) e con la sola eccezione delle controversie relative alle indennità ed ai canoni costituenti il corrispettivo per l’uso dei predetti beni e/o delle predette aree…».

Quindi, il TAR etneo è entrato nel merito del primo motivo di ricorso, vertente sul fatturato specifico richiesto, ritenendolo infondato nel merito.

Oggetto dell’impugnato avviso – rammenta il TAR – “..è la sub-concessione di beni pubblici contro un corrispettivo economico quantificato nel minimo nell’avviso e da aggiudicare in favore dei migliori offerenti a rialzo…”, ricadendosi pertanto nell’ambito dei c.d. contratti attivi, i quali, ai sensi dell’art. 4 del codice dei contratti, risultano esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva di tale codice.

Ad avviso del Collegio, peraltro, ad analoga conclusione circa l’inapplicabilità al caso di specie delle normative di derivazione comunitaria in tema di appalti pubblici si giungerebbe comunque sulla base della Direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 23, ed in particolare alla luce dell’11° considerando («…Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo…»); del 15° considerando («…taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore…») e dell’art. 5, paragrafo 1 («Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti: 1) «concessioni»: le concessioni di lavori o di servizi di cui alle lettere a) e b): a) «concessione di lavori»: un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo; b) «concessione di servizi» si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo…»).

Conseguentemente, ad avviso del Collegio, “…non risultano applicabili alla controversia né le norme specifiche del codice dei contratti né i principi di cui la società ricorrente deduce la violazione…”, nè e tanto meno il principio di favor nei confronti della partecipazione delle piccole e medie imprese alle procedure di scelta del contraente espresso all’art. 30 del codice dei contratti pubblici, invero “…espressamente affermato limitatamente alle procedure di scelta del contraente nell’ambito degli appalti pubblici, da cui esulano le concessioni di beni, oggettivamente escluse dall’ambito delle normative, comunitarie e interne, afferenti le procedure di scelta del contraente nell’ambito degli appalti pubblici…”, non risultando d’altronde “indizi normativi” tali da giustificarne una estensione a settori diversi.

Di talchè i soli principi applicabili a tali procedure sono quelli previsti per i contratti attivi dal citato art. 4 del codice dei contratti, secondo cui «L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica».

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Sub-concessione di aree e stalli aeroportuali

Published On: 18 Marzo 2019

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia di Catania, con la decisione n.567 del 15 marzo 2019 che qui si segnala, si pronunziato sulla legittimità di una procedura indetta dalla Società che gestisce l’Aeroporto cittadino con avviso pubblico di manifestazione di interesse, per l’individuazione di operatori economici cui affidare in sub-concessione, aree e locali all’interno dell’aeroporto medesimo, da destinare ad attività di noleggio auto senza conducente.
Avviso pubblico che parte ricorrente aveva impugnato in sede giurisdizionale contestando, per un verso, la richiesta – quale requisito di capacità economica e finanziaria – d’un “fatturato medio riferito all’ultimo triennio (2015-2016-2017) per attività di noleggio auto senza conducente non inferiore ad € 2.500.000,00, importo a suo dire sproporzionato (ed in contrasto con le disposizioni del codice dei contratti tendenti a favorire l’accesso di microimprese, piccole e medie imprese); e censurando, per altro verso, la clausola dell’avviso che escludeva il ricorso all’avvalimento.
Il TAR etneo, anzitutto, ha ritenuto che la controversia proposta rientri in effetti nella propria giurisdizione.
E ciò, nonostante l’esistenza di diverso autorevole orientamento (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930, e Cass. SU, 27 febbraio 2017, n. 4884), sulla scorta di quanto ritenuto dal CGARS, Sezione giurisdizionale, con la sentenza del 23 maggio 2017, n. 221.

Con tale sentenza 221/2017, rammenta il TAR etneo, il CGARS ha avuto modo di precisare che «…la giurisdizione, per la fattispecie in esame, non può che appartenere al Giudice Amministrativo […] non v’è dubbio che la fattispecie per cui è causa [in quel caso si trattava di una gara mediante procedura aperta per l’assegnazione in regime di sub-concessione di spazi interni all’aeroporto di Catania da destinarsi all’esercizio di attività commerciali di vendita e somministrazione di alimenti e bevande] sia inquadrabile come “controversia relativa ad un provvedimento adottato dal Gestore di un pubblico servizio” (nella specie: un provvedimento di aggiudicazione di una subconcessione concernente un bene demaniale) […] Sicchè non v’è ragione per dubitare che la giurisdizione in ordine alla condotta (procedimentale e provvedimentale) tenuta dal predetto Ente Gestore ai fini di regolamentare la fase di scelta dei contraenti (aspiranti ad instaurare rapporti di subconcessione), o i rapporti con questi ultimi nel corso di tale fase, appartenga al Giudice Amministrativo […] Né varrebbe rilevare – come fanno gli appellanti incidentali – che, nella fattispecie per cui è causa, l’attività di scelta dei contraenti (o subconcessionari) condotta dal Soggetto Gestore non concerne l’espletamento di pubblici servizi (e non è rivolta all’organizzazione di pubblici servizi), ma il semplice affidamento in concessione di spazi demaniali al fine di consentire agli affidatari l’esercizio, nell’ambito degli stessi, di attività meramente commerciali (e perciò stesso di natura privatistica) […] Soccorrerebbe, infatti, la ancor più specifica e puntuale disposizione di cui alla lettera “b” del più volte richiamato art. 133 del codice del processo amministrativo. Esso stabilisce chiaramente che sono devolute alla giurisdizione esclusiva le controversie aventi atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ed eccezione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Ciò significa, e la disposizione è chiarissima al riguardo, che allorquando si tratti di sindacare non soltanto provvedimenti amministrativi, ma anche atti a struttura negoziale che costituiscano fonti di regolamentazione di rapporti concessori aventi ad oggetti beni pubblici – e si badi: non necessariamente “demaniali”, purchè latamente pubblici (rientrando in tale categoria anche i beni patrimoniali indisponibili e finanche quelli disponibili) – la giurisdizione si incardina in capo al Giudice Amministrativo […] E’ infatti oltremodo evidente che il Legislatore ha inteso devolvere proprio al Giudice Amministrativo la cognizione delle controversie concernenti (rectius: di qualsiasi controversia concernente) l’affidamento in concessione (e dunque anche in subconcessione) di beni pubblici, e quindi anche di aree del c.d. demanio aeroportuale o comunque di aree infra-aeroportuali, e ciò (anche) indipendentemente dall’uso di potere provvedimentale nel corso del rapporto (instauratosi successivamente alla fase volta alla scelta del concessionario o del subconcessionario) e con la sola eccezione delle controversie relative alle indennità ed ai canoni costituenti il corrispettivo per l’uso dei predetti beni e/o delle predette aree…».

Quindi, il TAR etneo è entrato nel merito del primo motivo di ricorso, vertente sul fatturato specifico richiesto, ritenendolo infondato nel merito.

Oggetto dell’impugnato avviso – rammenta il TAR – “..è la sub-concessione di beni pubblici contro un corrispettivo economico quantificato nel minimo nell’avviso e da aggiudicare in favore dei migliori offerenti a rialzo…”, ricadendosi pertanto nell’ambito dei c.d. contratti attivi, i quali, ai sensi dell’art. 4 del codice dei contratti, risultano esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva di tale codice.

Ad avviso del Collegio, peraltro, ad analoga conclusione circa l’inapplicabilità al caso di specie delle normative di derivazione comunitaria in tema di appalti pubblici si giungerebbe comunque sulla base della Direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 23, ed in particolare alla luce dell’11° considerando («…Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo…»); del 15° considerando («…taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore…») e dell’art. 5, paragrafo 1 («Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti: 1) «concessioni»: le concessioni di lavori o di servizi di cui alle lettere a) e b): a) «concessione di lavori»: un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo; b) «concessione di servizi» si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo…»).

Conseguentemente, ad avviso del Collegio, “…non risultano applicabili alla controversia né le norme specifiche del codice dei contratti né i principi di cui la società ricorrente deduce la violazione…”, nè e tanto meno il principio di favor nei confronti della partecipazione delle piccole e medie imprese alle procedure di scelta del contraente espresso all’art. 30 del codice dei contratti pubblici, invero “…espressamente affermato limitatamente alle procedure di scelta del contraente nell’ambito degli appalti pubblici, da cui esulano le concessioni di beni, oggettivamente escluse dall’ambito delle normative, comunitarie e interne, afferenti le procedure di scelta del contraente nell’ambito degli appalti pubblici…”, non risultando d’altronde “indizi normativi” tali da giustificarne una estensione a settori diversi.

Di talchè i soli principi applicabili a tali procedure sono quelli previsti per i contratti attivi dal citato art. 4 del codice dei contratti, secondo cui «L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica».

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