Sulla prescrizione dei crediti erariali e dei relativi interessi e sanzioni
In materia di crediti erariali la Suprema Corte a Sezioni Unite, con la recentissima sentenza n. 11676 del 30 aprile 2024, si è pronunciata sulla questione relativa al termine di prescrizione, richiamando due consolidati orientamenti della stessa:
a) il consolidato orientamento secondo cui “La mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve – eventualmente previsto – in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397; Cass., 3 maggio 2019, n. 11760; 18 maggio 2018, n. 12200)”;
b) il consolidato orientamento secondo cui “Il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948, n. 4, c.c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi” (cfr. Cass. 15 aprile 2019, n. 10549; 14 maggio 2018, n. 11624; 9 agosto 2016, n. 16713)”.
Partendo dal richiamo di queste pronunce di diritto, la Suprema Corte a Sezioni Unite, con la citata sentenza ha, dunque, confermato che i crediti erariali sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 cod. civ., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, l’art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995, per i contributi previdenziali).
In materia di interessi e sanzioni correlati ai crediti erariali giurisprudenza ormai consolidata ha affermato la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., per quanto riguarda gli interessi, e di cui all’art. 20 D. Lgs. n. 472/1997 per quanto riguarda le sanzioni.
In particolare:
a) già le Sezioni Unite, con la risalente sentenza n. 25790/2009, hanno statuito che “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente e in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D. Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20”;
b) recentemente la Suprema Corte, con la sentenza n. 27055/2022, ha confermato il principio secondo cui “in caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni e agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dal D. Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, comma 3, e, per gli interessi, dall’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4”;
c) con la recentissima sentenza n. 5220, depositata il 27/02/2024, la Suprema Corte ha ribadito che gli interessi sono regolati “da una norma di diritto comune quale l’art. 2948, n. 4, cod. civ., secondo cui l’obbligazione relativa riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale fissato dalla suddetta disposizione”; quanto alle sanzioni, ha confermato che “l’espressa previsione del termine quinquennale è stata oggetto di applicazione, da ultimo, da parte di Cass. 24/01/2023, n. 2095”.