Università e rientro dei cervelli in fuga: Draghi contro dinosauri?

Corre alla mente una delle scene capolavoro del film “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, ispirato all’omonima raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini.
Anni ’70, alla cattedra di un’aula universitaria un vecchio professore di medicina (interpretato da un laconico Mario Schiano) termina l’esame a Nicola, uno studente universitario meritevole (ritratto di un giovanissimo Luigi Lo Cascio), gli assegna un bel 30 e gli consiglia di proseguire gli studi all’estero e di lasciare l’Italia­, “…posto bello ed inutile…” – dice il professore – “…destinato a morire e dove tutto resta immobile in mano ai dinosauri…” – auspicandosi, rammaricato, l’apocalisse; sì da esser un po’ tutti costretti a ricostruire.
Il giovane studente, allora, un po’ spiazzato, ingenuamente, domanda: “– …E lei allora, professore, perché rimane? …”. Il professore, con affettuoso sarcasmo, ribatte: “– …Mio caro, io sono uno di quei dinosauri da distruggere…”.
Se la scena, nella sua ordinarietà – come voluto dal regista – riesce ad essere persino distopica, oggi, nella miriade di disposizioni urgenti destinate all’attuazione del PNRR, l’articolo 26 del decreto legge del 6 novembre 2021 numero 152 – rubricato “Sostegno della mobilità, anche internazionale, dei docenti universitari” – è presente e futuro.
Probabile che non si sia ancora in grado di afferrare la portata della nuova norma, ma, da parte del Governo – specie in un tempo in cui (tristemente) l’uomo contemporaneo (inspiegabilmente, contro sé stesso) ha l’ardire di vivere disattendendo i principi più elementari della scienza – appare almeno il segno di un cambio di rotta soprattutto culturale rispetto al passato.
In sintesi, la vera novità dell’articolo 26 è quella di consentire alle università italiane – senza più limiti di contingentamento – di procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta, anzitutto modificando l’articolo 1, comma 9 della legge del 4 novembre 2005 numero 230.
A tal proposito, la norma citata si rivolge a: 1) studiosi stabilmente impegnati all’estero – ovvero presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano – in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere; 2) quelli che hanno già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero dell’università e della ricerca nell’ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata; 3) studiosi risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione.
Inoltre, lo stesso articolo 26, aggiungendo in particolare il comma 5-bis all’articolo 7 della legge del 30 dicembre 2010 numero 240, ha disciplinato l’istituto della chiamata mediante lo svolgimento di procedure selettive in ordine alla rispondenza delle proposte progettuali presentate dal candidato alle esigenze didattiche, di ricerca o di terza missione espresse dalle università, prevedendo che queste ultime procedano rivolgendosi a: 1) professori ordinari e associati già in servizio da almeno cinque anni presso altre università nella fascia corrispondente a quella per la quale viene bandita la selezione (purché in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente per gli aspiranti commissari per le procedure di Abilitazione scientifica nazionale); 2) studiosi stabilmente impiegati all’estero in attività di ricerca o di insegnamento che ricoprono una posizione accademica equipollente presso università straniere.
A tal fine – operativamente – l’università, previa pubblicazione dell’avviso pubblico, raccoglie e valuta le varie manifestazioni di interesse dei candidati, il Consiglio di Dipartimento, col voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori (ordinari od ordinari e associati), delibera la proposta di chiamata e, previo parere del Senato accademico, la sottopone all’approvazione del Consiglio di Amministrazione, che si pronuncia entro il termine di trenta giorni (la medesima proposta di chiamata può anche essere formulata direttamente dal Senato accademico ed approvata dal Consiglio di Amministrazione).
Il nostro Nicola perseverò, non andò via, ma divenne un attento psichiatra.
Chissà se, a questo punto, il Parlamento con la conversione in legge e, in particolare, l’apparato universitario italiano con le più aggiornate offerte didattiche di cui si è dotato, vorranno e riusciranno presto ad attrarre il nostro patrimonio di cervelli in fuga dai “dinosauri”.

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Università e rientro dei cervelli in fuga: Draghi contro dinosauri?

Published On: 25 Novembre 2021

Corre alla mente una delle scene capolavoro del film “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, ispirato all’omonima raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini.
Anni ’70, alla cattedra di un’aula universitaria un vecchio professore di medicina (interpretato da un laconico Mario Schiano) termina l’esame a Nicola, uno studente universitario meritevole (ritratto di un giovanissimo Luigi Lo Cascio), gli assegna un bel 30 e gli consiglia di proseguire gli studi all’estero e di lasciare l’Italia­, “…posto bello ed inutile…” – dice il professore – “…destinato a morire e dove tutto resta immobile in mano ai dinosauri…” – auspicandosi, rammaricato, l’apocalisse; sì da esser un po’ tutti costretti a ricostruire.
Il giovane studente, allora, un po’ spiazzato, ingenuamente, domanda: “– …E lei allora, professore, perché rimane? …”. Il professore, con affettuoso sarcasmo, ribatte: “– …Mio caro, io sono uno di quei dinosauri da distruggere…”.
Se la scena, nella sua ordinarietà – come voluto dal regista – riesce ad essere persino distopica, oggi, nella miriade di disposizioni urgenti destinate all’attuazione del PNRR, l’articolo 26 del decreto legge del 6 novembre 2021 numero 152 – rubricato “Sostegno della mobilità, anche internazionale, dei docenti universitari” – è presente e futuro.
Probabile che non si sia ancora in grado di afferrare la portata della nuova norma, ma, da parte del Governo – specie in un tempo in cui (tristemente) l’uomo contemporaneo (inspiegabilmente, contro sé stesso) ha l’ardire di vivere disattendendo i principi più elementari della scienza – appare almeno il segno di un cambio di rotta soprattutto culturale rispetto al passato.
In sintesi, la vera novità dell’articolo 26 è quella di consentire alle università italiane – senza più limiti di contingentamento – di procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta, anzitutto modificando l’articolo 1, comma 9 della legge del 4 novembre 2005 numero 230.
A tal proposito, la norma citata si rivolge a: 1) studiosi stabilmente impegnati all’estero – ovvero presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano – in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere; 2) quelli che hanno già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero dell’università e della ricerca nell’ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata; 3) studiosi risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione.
Inoltre, lo stesso articolo 26, aggiungendo in particolare il comma 5-bis all’articolo 7 della legge del 30 dicembre 2010 numero 240, ha disciplinato l’istituto della chiamata mediante lo svolgimento di procedure selettive in ordine alla rispondenza delle proposte progettuali presentate dal candidato alle esigenze didattiche, di ricerca o di terza missione espresse dalle università, prevedendo che queste ultime procedano rivolgendosi a: 1) professori ordinari e associati già in servizio da almeno cinque anni presso altre università nella fascia corrispondente a quella per la quale viene bandita la selezione (purché in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente per gli aspiranti commissari per le procedure di Abilitazione scientifica nazionale); 2) studiosi stabilmente impiegati all’estero in attività di ricerca o di insegnamento che ricoprono una posizione accademica equipollente presso università straniere.
A tal fine – operativamente – l’università, previa pubblicazione dell’avviso pubblico, raccoglie e valuta le varie manifestazioni di interesse dei candidati, il Consiglio di Dipartimento, col voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori (ordinari od ordinari e associati), delibera la proposta di chiamata e, previo parere del Senato accademico, la sottopone all’approvazione del Consiglio di Amministrazione, che si pronuncia entro il termine di trenta giorni (la medesima proposta di chiamata può anche essere formulata direttamente dal Senato accademico ed approvata dal Consiglio di Amministrazione).
Il nostro Nicola perseverò, non andò via, ma divenne un attento psichiatra.
Chissà se, a questo punto, il Parlamento con la conversione in legge e, in particolare, l’apparato universitario italiano con le più aggiornate offerte didattiche di cui si è dotato, vorranno e riusciranno presto ad attrarre il nostro patrimonio di cervelli in fuga dai “dinosauri”.

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