Valutazioni scolastiche: il sindacato giurisdizionale si arresta al limite della ragionevolezza.
Il Tribunale Amministrativo di Trento, con la sentenza numero 184 del 14 settembre 2018 che qui si segnala, si è pronunciato in merito alle caratteristiche ed ai limiti del sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni scolastiche ed in particolare, sulla decisione di bocciatura dell’alunno.
Nella vicenda sottoposta all’attenzione dei Giudici trentini, i genitori di uno studente – ritenendo che il figlio non fosse stato ingiustamente ammesso alla classe successiva – hanno impugnato il verbale di non ammissione, lamentando sia la mancata comunicazione da parte dell’Ente scolastico del rischio di bocciatura, che l’illogicità e la contraddittorietà nella motivazione da parte del consiglio di classe.
Il TAR ha ritenuto infondate le pretese avanzate dai ricorrenti, per due ordini di ragioni.
In primo luogo, i Giudici amministrativi hanno chiarito che “…un eventuale difetto nella relazione “scuola-famiglia” non vale ad inficiare la valutazione del consiglio di classe dato che, alla stregua delle norme che governano l’ammissione alla classe successiva ciò che assume rilievo è la possibilità di esprimere un giudizio favorevole sul livello di preparazione e di apprendimento concretamente raggiunto dall’alunno al termine dell’anno scolastico o, in presenza di carenze, un giudizio favorevole sulla possibilità del loro recupero…”.
Al riguardo – prosegue la sentenza – è pacifico in giurisprudenza che “…la valutazione di legittimità del giudizio di non ammissione alla classe superiore deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell’anno scolastico, lo sviluppo degli apprendimenti e l’acquisizione di nuove competenze, senza che su di essa possa incidere il livello della comunicazione scuola-famiglia intervenuta nel corso del medesimo anno scolastico o la mancata attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico dello studente…” (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, n. 257/2016; TAR Pescara n. 256/2014).
Sicchè, secondo i Giudici trentini non sussiste alcun deficit informativo imputabile alla scuola.
Quanto al secondo motivo, i Giudici hanno evidenziato come è ormai acquisito l’ insegnamento giurisprudenziale secondo cui “…l’interesse degli allievi e di coloro che esercitino potestà genitoriale deve identificarsi non nel perseguimento in ogni caso dell’avanzamento alla classe successiva, ma nel corretto svolgimento del servizio pubblico scolastico, finalizzato alla formazione ottimale degli studenti e da valutare con margini di discrezionalità particolarmente ampi…” (C.d.S., Sez. VI, n. 5785/2014; TAR Lazio, Sez. 3 bis, n. 6181/2016; TAR Reggio Calabria, n. 914/2016).
Conseguentemente, “…il corrispondente sindacato giurisdizionale in materia di valutazioni scolastiche – orientate non a selezionare i più meritevoli in base a parametri preordinati, come nelle prove concorsuali, ma a garantire un’efficace formazione dei giovani, secondo le finalità proprie dell’istruzione pubblica – si arresta, pertanto, al limite della ragionevolezza al fine di evitare il rischio di debordare nel merito…”.
I Giudici trentini infine, hanno ritenuto infondata anche l’ulteriore doglianza relativa alla presunta disparità di trattamento data la difficoltà di un confronto tra situazioni scolastiche degli studenti.
Alla stregua delle suesposte considerazioni dunque, il TAR Trento ha respinto il ricorso, ritenendo non illogico né contraddittorio – come preteso dai ricorrenti – il giudizio della scuola, che aveva adeguatamente motivato relativamente alle carenze, ritenute incolmabili, dello studente bocciato.