Via libera al manifesto dell'UAAR contro l'obiezione di coscienza
Con la sentenza del 04.03.2019 n. 174, il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria – Genova ha stabilito che il manifesto della campagna informativa nazionale “Non affidarti al caso” , in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario, promossa dall’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti – UAAR, non lede il buongusto e garantisce il rispetto della dignità umana e della persona.
In specie, poiché il manifesto ha associato il simbolo della fede cattolica alla tradizionale posizione teologica e dottrinale contraria all’aborto che le è propria, l’amministrazione ha ritenuto che il bozzetto comunicatole fosse lesivo tanto della libertà di coscienza individuale nonché del rispetto e della tutela dovuti ad ogni confessione religiosa ma anche ai ministri culto e agli oggetti di culto, in lesione dei principi di cui agli articoli 2, 13, 19 e 21 della Costituzione.
Il Tribunale ha ritenuto come tale motivazione fosse generica e pertanto inidonea ad esprimere il concreto ed attuale bilanciamento degli interessi sottesi alla determinazione della pubblica amministrazione, anche in considerazione del singolare tessuto assiologico coinvolto, riguardante l’interazione tra la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di autodeterminazione circa la scelta bioetica di avvalersi della clausola di obiezione di coscienza.
Il parametro interposto alla stregua del quale valutare la legittimità della nota di rifiuto del Comune del Genova è costituito dall’articolo 10 comma 2 del Piano Generale del Impianti Pubblicitari del Comune di Genova, rubricato “limitazioni – divieti”, a tenore del quale “il messaggio pubblicitario di qualsiasi natura, istituzionale, culturale, sociale e commerciale, non deve ledere il comune buon gusto, deve garantire il rispetto della dignità umana e dell’integrità della persona, non deve comportare discriminazioni dirette o indirette, né contenere alcun incitamento all’odio basato su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, non deve contenere elementi che valutati nel loro contesto, approvino, esaltino o inducano alla violenza contro le donne, come da Risoluzione 2008/2038 del Parlamento Europeo“.
La sentenza in commento afferma che l’accostamento del simbolo religioso alla relativa posizione teologica non appare tale da ledere l’integrità della persone, né ad incitare all’odio nei confronti della religione cattolica o – tantomeno – ad incitare la violenza contro le donne, posto che quest’ultime sono – peraltro – le principali destinatarie della campagna di sensibilizzazione; piuttosto, essendo il messaggio circoscritto alla campagna contro l’obiezione di coscienza in campo abortivo, l’unico significato ritraibile è l’invito, razionale e non illogico, ad informarsi presso il proprio medico dei suoi orientamenti in tema di obiezione di coscienza.
Occorre estrarre dal manifesto il suo significato ordinario e valutare sulla base di quello l’idoneità del messaggio a ledere la sensibilità altrui, rimanendo del tutto ininfluenti tutti gli ipotetici significati in relazione alle singole sensibilità soggettive.
In ultimo, chiarito che il messaggio contenuto nel manifesto ha esclusivamente promosso la scelta consapevole, meditata e razionale del ha proprio medico di fiducia, il Tribunale aggiunto ulteriori considerazioni su alcune versioni del manifesto, depositate agli atti del processo ma non vagliate dal Comune e estranee al caso concreto; invero, tali più critici manifesti, supponendo l’accesso alla professione dei medici obiettori proprio in ragione della loro obiezione e non in virtù di criteri selettivi fondati sul merito, avrebbero verosimilmente integrato tanto la discriminazione indiretta vietata dal suddetto articolo 10 quanto il reato di diffamazione.