Ricostruzioni e riparazioni su edifici privati danneggiati dal sisma del dicembre 1990
Il Tar Catania, con la sentenza del 17 maggio 2019 numero 1171, si è pronunziato – nei limiti della propria giurisdizione – su una controversia relativa alla quantificazione del contributo dovuto al privato per l’intervento edilizio autorizzato su immobile danneggiato dal sisma del dicembre 1990, ai sensi della Ordinanza Ministeriale n.2212/FPC/92, procedendo a conoscere e (ri)qualificare la natura giuridica dell’intervento edilizio assentito.
Nella specie esaminata, il Comune, nell’istruire la pratica, aveva escluso trattarsi di lavori di demolizione e ricostruzione, ritenendo invece effettuate dal privato, sulla scorta del titolo edilizio assentito, semplici riparazioni, con la conseguente applicazione di diversi criteri di calcolo del contributo preteso.
A tal fine, il TAR catanese – il quale aveva in prima battuta, con sentenza poi riformata in appello, declinato la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario (“…ritenendo che le ragioni del contendere fossero “solo ed esclusivamente” attinenti all’entità del contributo che il Comune di Lentini avrebbe dovuto elargire per la realizzazione dell’intervento edile autorizzato con la concessione edilizia rilasciata…”) – ha quindi e preliminarmente riaffermato, sulla scorta di un recente precedente giurisprudenziale del C.G.A. (cfr. sentenza 85/2018), che “…rientra nella giurisdizione del G.A. verificare la legittimità di un provvedimento impugnato sotto il profilo dell’eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, nonché verificare se le “ristrutturazioni edilizie” siano comprensive anche dei lavori di demolizione e ricostruzione, o siano equiparabili a semplici riparazioni…“.
Quindi, sulla scorta di quanto desumibile dagli atti di causa, ha ritenuto che l’intervento proposto dal privato, implicando demolizione e ricostruzione dell’immobile, con fedele sagoma e senza aumento di volumetria, fosse correttamente riconducibile nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art.3 lett. d) D.P.R. 380/2001, rammentando altresì come “…ai fini della distinzione tra gli interventi di demolizione e ricostruzione e quelli di nuova costruzione, deve essere considerato che, nel primo caso, vi è una totale assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio, dovendo invece considerare un intervento che comporti tali variazioni equiparabile a nuova costruzione, da assoggettarsi alle regole proprie della corrispondente attività edilizia» (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 06/11/2018, n.10729; Cons. St., Sez. V, n. 4880/2018; Cons. St., sez. IV, n. 1725/2018; Cassazione civile sez. II, 10/01/2019, n.473; Cassazione civile sez. II, 09/01/2019, n.312)..”.
Da ciò, dunque è derivato l’accoglimento del ricorso con la declaratoria di illegittimità degli atti impugnati, “nei limiti di quanto rientrante nella giurisdizione del Giudice Amministrativo“, “...nella parte in cui qualificano l’intervento edilizio autorizzato con la concessione edilizia n.3 del 4 febbraio 2015 attività di riparazione ai sensi dell’art.3 dell’O.M. 2212 e non attività di ricostruzione ai sensi dell’art.2 dell’O.M. 2212…”.