Accesso civico e tradizionale agli atti di gara

Published On: 21 Gennaio 2019Categories: Appalti Pubblici e Concessioni, Tutele

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia di Milano, con la decisione dell’11 gennaio 2019 n. 45 che qui si segnala, ha ritenuto ammissibile e fondato il ricorso per l’accesso agli atti proposto da un operatore economico il quale, pur invitato dalla Stazione appaltante, non aveva presentato offerta alla procedura negoziata, ed aveva successivamente e vanamente chiesto l’ostensione degli atti di gara, tanto in via di accesso civico c.d. generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 33/2013, quanto in via di accesso tradizionale, ai sensi della legge n.241/1990.
Il Collegio decidente – discostandosi dall’orientamento sin qui espresso da altri Giudici Amministrativi – ha in particolare ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento, anzitutto con riferimento alla domanda di accesso civico generalizzato presentata dall’operatore economico e respinta dalla Stazione appaltante provvedimento impugnato.
E ciò, rimarcandosi anzitutto come l’art. 5 commi 2 e 3 del D.Lgs. 33/2013, come modificato nel 2016, consente a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione, potendo l’accesso civico generalizzato escludersi – ai sensi dell’art. 5 bis comma 2 lettera c) del D.Lgs. 33/2013 – solo per evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica.

E quindi, ritenendo che – a differenza di quanto esposto in giudizio dai resistenti – nulla osti alla applicabilità del c.d. accesso civico anche ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016.

Il Collegio decidente, ha quindi ed “in particolare” ritenuto che l’opposta tesi delle resistenti non fosse suffragata dal riferimento al comma 3 dell’art. 5 bis citato, secondo cui l’accesso civico è escluso «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990», osservando come “..tali “condizioni, modalità o limiti”, devono in generale essere correlati sia al principio generale di trasparenza, quale affermato all’art. 1 dello stesso d. lgs. 50/2016, sia al fatto che essi sono coordinati, nell’ambito della stessa previsione a “divieti d’accesso”, e non a restrizioni di minor rilievo: la disciplina di cui al citato D.Lgs. 33/2013 costituisce insomma la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.

Ora, la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti invero essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico: questo potrà essere in subiecta materia temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, e così, prima di tutte, dalla chiara previsione dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013…”.

Il Collegio decidente ha inoltre ritenuto il ricorso fondato anche in ordine alla lamentata violazione della legge 241/1990, rilevando come, anche sotto tale profilo, la motivazione del diniego opposto dalla Stazione appaltante fosse “laconica e frettolosa”, poichè fondata sul mero rilievo che la ricorrente non avesse presentato offerta, pur essendo stata invitata alla gara.

Una tale motivazione è stata ritenuta dal Collegio “..evidentemente insufficiente, in quanto la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti (cfr. TAR Veneto, sez. I, 10.1.2017, n. 16)…”.

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Accesso civico e tradizionale agli atti di gara

Published On: 21 Gennaio 2019

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia di Milano, con la decisione dell’11 gennaio 2019 n. 45 che qui si segnala, ha ritenuto ammissibile e fondato il ricorso per l’accesso agli atti proposto da un operatore economico il quale, pur invitato dalla Stazione appaltante, non aveva presentato offerta alla procedura negoziata, ed aveva successivamente e vanamente chiesto l’ostensione degli atti di gara, tanto in via di accesso civico c.d. generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 33/2013, quanto in via di accesso tradizionale, ai sensi della legge n.241/1990.
Il Collegio decidente – discostandosi dall’orientamento sin qui espresso da altri Giudici Amministrativi – ha in particolare ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento, anzitutto con riferimento alla domanda di accesso civico generalizzato presentata dall’operatore economico e respinta dalla Stazione appaltante provvedimento impugnato.
E ciò, rimarcandosi anzitutto come l’art. 5 commi 2 e 3 del D.Lgs. 33/2013, come modificato nel 2016, consente a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione, potendo l’accesso civico generalizzato escludersi – ai sensi dell’art. 5 bis comma 2 lettera c) del D.Lgs. 33/2013 – solo per evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica.

E quindi, ritenendo che – a differenza di quanto esposto in giudizio dai resistenti – nulla osti alla applicabilità del c.d. accesso civico anche ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016.

Il Collegio decidente, ha quindi ed “in particolare” ritenuto che l’opposta tesi delle resistenti non fosse suffragata dal riferimento al comma 3 dell’art. 5 bis citato, secondo cui l’accesso civico è escluso «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990», osservando come “..tali “condizioni, modalità o limiti”, devono in generale essere correlati sia al principio generale di trasparenza, quale affermato all’art. 1 dello stesso d. lgs. 50/2016, sia al fatto che essi sono coordinati, nell’ambito della stessa previsione a “divieti d’accesso”, e non a restrizioni di minor rilievo: la disciplina di cui al citato D.Lgs. 33/2013 costituisce insomma la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.

Ora, la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti invero essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico: questo potrà essere in subiecta materia temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, e così, prima di tutte, dalla chiara previsione dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013…”.

Il Collegio decidente ha inoltre ritenuto il ricorso fondato anche in ordine alla lamentata violazione della legge 241/1990, rilevando come, anche sotto tale profilo, la motivazione del diniego opposto dalla Stazione appaltante fosse “laconica e frettolosa”, poichè fondata sul mero rilievo che la ricorrente non avesse presentato offerta, pur essendo stata invitata alla gara.

Una tale motivazione è stata ritenuta dal Collegio “..evidentemente insufficiente, in quanto la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti (cfr. TAR Veneto, sez. I, 10.1.2017, n. 16)…”.

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