Ampliamento di stabilimento balneare confinante con Riserva Naturale
La V Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza numero 7292 del 28 dicembre 2018, ha chiarito che se una certa superficie ricade in parte all’interno di un’area protetta come Riserva Naturale, non esiste un potere discrezionale della pubblica amministrazione – né tantomeno del giudice amministrativo – che consenta di escludere la tutela e assentire interventi edificatori nel caso in cui la parte insistente nell’area protetta sia minima; e che comunque, una situazione di incertezza in ordine alla perimetrazione dei confini delle aree protette, non può risolversi in danno dell’integrità e della conservazione dell’ambiente.
Nella fattispecie decisa, l’Ente Riserve Naturali Regionali Foce Sele Tanagro e Monti Eremita Marzano aveva gravato una sentenza del TAR Campania che aveva a sua volta annullato un diniego di nulla osta ambientale emesso in relazione a un progetto di ampliamento di uno stabilimento balneare in parte ricadente in un’area protetta, deducendone l’erroneità in relazione al regime di salvaguardia della riserva e la illegittimità per violazione del principio di precauzione ambientale.
Il Consiglio di Stato, dopo aver evidenziato l’inopportunità della mancata perimetrazione dei confini delle riserve da parte dell’Ente, ha accertato tramite verificazione che il manufatto da realizzare sarebbe ricaduto per oltre un terzo all’interno dell’area protetta, e ha quindi osservato che “… è innegabile che l’intervento da assentire, in quanto idoneo per la sua consistenza a vulnerare il bene protetto dalle norme di salvaguardia ambientale, sia assoggettato a limiti vincolistici…” e che “…in ogni caso anche la ricomprensione di una minima porzione del manufatto da costruire all’interno dell’area di protezione avrebbe implicato l’obbligo di assoggettamento dell’intero intervento alla valutazione di compatibilità con il vincolo cui l’area è assoggettata e alla concreta verifica del suo impatto, unitariamente considerato, sul contesto ambientale nel quale dovrebbe inserirsi…”.
Il Collegio ha quindi chiarito che “…non può .. ammettersi l’esistenza di un potere discrezionale che, in presenza di un dato di fatto certo e obiettivo, cioè il ricadere di una certa superficie all’interno di un’area protetta, possa considerare determinante ai fini dell’assoggettamento alla tutela l’estensione dell’area stessa, escludendone la tutela se minima; tantomeno un simile potere può essere riconosciuto al giudice amministrativo…”.
Nell’accogliere il gravame, i Giudici di Palazzo Spada hanno infine osservato che “… la presenza di una situazione di incertezza (in parte addebitabile anche alla negligenza dell’Ente di tutela) nella perimetrazione della Riserva, nella cui area senza dubbio si colloca l’ampliamento da assentire, non può risolversi in danno dell’integrità ambientale e della conservazione delle aree protette o, comunque, nella dequotazione di tali beni, aventi valore preminente, a vantaggio di interessi meramente speculativi ed edificatori del privato.”
Da ciò, l’annullamento della sentenza gravata con conseguente reviviscenza del provvedimento di diniego di nulla osta ambientale.