Arma dei Carabinieri: giudizio di non idoneità basato sul solo colloquio finale con la Commissione
Il TAR Lazio – Roma, con la recentissima sentenza n. 4998 del 12.03.2024, si è pronunziato sulla legittimità o meno dei giudizi di inidoneità resi dalla Commissione attitudinale dell’Arma dei Carabinieri, a conclusione dell’iter concorsuale, alla luce delle valutazioni (positive) acquisite dall’ufficiale psicologo e dal perito selettore.
La vicenda
Nella fattispecie esaminata dal TAR Lazio, il ricorrente aveva partecipato al concorso per esami e titoli, indetto dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri per il reclutamento di 4189 allievi carabinieri.
Dopo aver superato con successo la prova scritta, le prove di efficienza fisica e gli accertamenti psico-fisici, il ricorrente veniva però stato giudicato non idoneo dalla Commissione per gli accertamenti attitudinali con conseguente esclusione dalla procedura selettiva secondo il disposto dell’articolo 11, comma 4 del bando di concorso.
Nel provvedimento reso dalla Commissione sopra menzionata è dato leggere che “…nonostante l’esito positivo del colloquio con il perito selettore attitudinale, durante il colloquio collegiale non si è ben disimpegnato, mostrandosi poco consapevole delle prerogative e dei compiti del ruolo per cui concorre e dimostrando di non possedere caratteristiche personali in linea con il profilo attitudinale di riferimento. Alla luce dei risultati delle prove attitudinali, e soprattutto del colloquio collegiale, il candidato al momento non riunisce i requisiti del profilo attitudinale del ruolo per cui concorre…”.
Più in dettaglio, la Commissione con riguardo alle tre aree di valutazione – cognitiva, comportamentale e area dell’assunzione di ruolo – aveva giudicato il candidato “compatibile” per l’area cognitiva ma “non compatibile” per ciò che concerne le restanti due aree.
Il giudizio di inidoneità è stato allora impugnato dal ricorrente innanzi il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio.
L’iter motivazionale e la decisione, di accoglimento, del TAR Lazio
Il Collegio decidente ha preliminarmente analizzato le scansioni attraverso le quali si svolge la procedura per l’accertamento dell’attitudine militare.
La prima fase ha ad oggetto la compilazione del questionario informativo e la somministrazione di test al candidato, i cui risultati sono affidati – dopo una prima correzione ad opera del sistema “single-blind control” – alla valutazione dell’Ufficiale psicologo.
Segue l’intervista tenuta dall’Ufficiale Perito Selettore, ed infine l’iter si conclude con il colloquio collegiale dinnanzi la commissione attitudinale.
Quindi, passando al caso di specie, il Collegio ha osservato come l’Ufficiale psicologo, in riferimento al ricorrente, ha delineato un quadro positivo, affermando che “…nello svolgere le proprie attività sembra scrupoloso e attento; si impegna per raggiungere i propri obbiettivi…”.
Altrettanto positiva è risultata la valutazione resa dall’Ufficiale perito selettore, con riguardo a tutte le tre aree di riferimento.
Viceversa il giudizio collegiale della Commissione per gli accertamenti attitudinale si è discostato integralmente dalle risultanze delle altre prove, pervenendo ad una valutazione finale negativa, con conseguente esclusione del ricorrente dalla procedura concorsuale. Ciò, “basandosi esclusivamente sul colloquio finale con l’aspirante, che ha costituito così il dato decisivo (se non unico) per l’esito della prova, azzerando tutti gli altri elementi che, in senso prevalentemente favorevole al candidato, erano stati sin lì raccolti sulla base anche di elementi oggettivi come la batteria dei test”.
In un tale contesto, il Collegio decidente ha ritenuto viziato un tale esito concorsuale, osservando anzitutto come “…la divaricazione tra le risultanze delle fasi procedimentali è quindi palese e non può risolversi invocando, sulla base della mera lettera del bando, la mera prevalenza della valutazione collegiale rispetto a tutti gli altri dati emersi dal complesso della valutazione psicoattitudinale…”.
Quindi, ha sostenuto come “…diversamente opinando infatti, le fasi precedenti al colloquio finale – nonostante siano basate sulla oggettività delle risposte date nelle prove testologiche – risulterebbero di rango meramente gregario, attività simili alla predisposizione di un fascicolo di informazioni individuali per la Commissione che ad un’autonoma valutazione, sotto specifici aspetti, del profilo psicologico…”.
In buona sostanza, il processo logico-argomentativo seguito dal Collegio è volto a ritenere che: a) le fasi curate dall’ufficiale psicologo e dal perito selettore non sono in alcun modo subordinate alla fase rimessa alla Commissione; b) in ogni caso, ogni qual volta la Commissione intenda discostarsi dalle risultanze precedenti ha il dovere di motivare le proprie ragioni, in modo chiaro e trasparente.
Nel caso di specie il provvedimento di inidoneità emesso dalla Commissione attitudinale nulla specificava quanto alle ragioni a sostegno del differente esito al quale è pervenuta e alla ragionevolezza di un tale scostamento.
Pertanto, il TAR Lazio – alla luce delle argomentazioni sin qui esposte – ha accolto il ricorso, ritenendo illegittimo e quindi annullando il provvedimento di inidoneità del ricorrente al servizio militare quale carabiniere del ruolo di appuntati e carabinieri dell’Arma dei Carabinieri.