Cooptazione negli appalti di forniture
Con la pronuncia numero 19 del 15 gennaio 2019, la Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna ha chiarito che l’istituto della cooptazione di cui D.P.R. 207/2010, applicabile anche dopo l’approvazione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, trova applicazione anche in caso di affidamenti diversi da quelli di lavori.
Nel caso di specie, il raggruppamento temporaneo di imprese risultato aggiudicatario di un appalto di fornitura, resistente nel giudizio introdotto dal ricorso del raggruppamento secondo classificato, aveva censurato in via incidentale il provvedimento di ammissione alla procedura del ricorrente secondo classificato, per violazione del principio di corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione dell’appalto, deducendo che una delle imprese non aveva dimostrato il requisito di fatturato corrispondente alla propria quota di esecuzione (nel caso in questione il 20%).
Il Collegio giudicante, nel disattendere la censura proposta, ha in primis rammentato l’applicabilità dell’articolo 92 quinto comma del D.P.R. 207/2010 – che aveva introdotto l’istituto della cooptazione – anche in seguito all’approvazione del decreto legislativo 50/2016, ciò in forza del disposto dell’articolo 216 quattordicesimo comma di quest’ultimo, secondo cui “…se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando , a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati…”.
Tanto chiarito, si è poi rammentato che il modello della c.d. cooptazione era stato ritenuto estendibile anche oltre il settore degli appalti di lavori già dal Consiglio di Stato (con la decisione della V Sezione numero 2014 dell’11 aprile 2006), ciò in quanto “…costituisce applicazione del principio affermato nelle direttive europee, secondo il quale ai raggruppamenti di operatori economici non può essere imposta una determinata veste giuridica…”, concludendo quindi per la sua applicabilità anche al caso deciso.
Da ciò, discende che non può considerarsi onere dell’impresa cooptata quello di dimostrare il possesso dei requisiti specifici richiesti dal bando, che devono comunque essere posseduti dalle altre imprese riunite e conseguentemente, il rigetto del ricorso.