Decisioni e procedure amministrative robotizzate
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 8 aprile 2019 numero 2270 ha valutato positivamente l’utilizzo del metodo informatico automatizzato nella gestione del procedimento amministrativo, anche in assenza di intervento umano: l’uso di un algoritmo non solo è legittimo ma addirittura è preferibile poiché, escludendo l’elemento umano per operazioni meramente ripetitive e prive di discrezionalità, si evitano interferenze dovute a negligenza e/o dolo del funzionario stesso.
Smentendo la sentenza numero 9227/2018 del TAR Lazio, che confermava per l’ennesima volta la necessità di un apporto umano al procedimento amministrativo, il Consiglio di Stato si è pronunciato favorevolmente sulle procedure automatizzate di assegnazione dei posti ai docenti richiedenti la mobilità nell’ambito del cosiddetto piano straordinario, precisando però la necessità di cautele maggiorate che rendano razionale e verificabile le procedure informatiche.
I ricorrenti hanno lamentato che la procedura di assunzione fosse stata interamente gestita da un sistema informatico per mezzo di un algoritmo – il cui funzionamento è rimasto sconosciuto – ed era sfociata in provvedimenti privi di alcuna motivazione, senza l’individuazione di un funzionario che abbia valutato le singole situazioni ed abbia correttamente esternato le relative determinazioni provvedimentali.
Secondo gli appellanti, tale algoritmo avrebbe disposto i trasferimenti in una provincia piuttosto che in un’altra, in un posto di sostegno piuttosto che in un posto comune, senza tener conto delle preferenze indicate nelle rispettive domande di trasferimento, senza alcuna motivazione e in difetto della benché minima trasparenza.
Il Consiglio di Stato ha effettivamente ritenuto illegittimo il procedimento amministrativo informatizzato del Ministero dell’Istruzione, non già perché l’intervento umano sia essenziale in riferimento ad una procedura dove non vi sia l’esercizio di un potere discrezionale – anzi, nell’ottica di digitalizzazione già avviata con il Codice dell’amministrazione digitale si dovrebbe propendere sempre più ai vantaggi di una e-government – bensì poiché la procedura informatizzata è stata caratterizzata da totale assenza di trasparenza e inconoscibilità dell’algoritmo, non esistendo spiegazioni corredate che potessero tradurre la formula tecnica in “regola giuridica” comprensibili ai cittadini e al giudice.
Il Consiglio di Stato, sottolineati quelli che ritiene essere i vantaggi derivanti dalla robotizzazione del processo decisionale dell’amministrazione mediante l’utilizzo di una procedura digitale, elenca un duplice ordine di conseguenze: a) il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione robotizzata (ovvero l’algoritmo) deve essere “conoscibile”, secondo una declinazione rafforzata del principio di trasparenza, che implica anche quello della piena conoscibilità di una regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico; b) la regola algoritmica deve essere non solo conoscibile in sé, ma anche soggetta alla piena cognizione, e al pieno sindacato, del giudice amministrativo.
Solo attraverso il rispetto di questo duplice ordine di premesse è possibile svolgere, anche in sede giurisdizionale, una valutazione piena della legittimità della decisione; valutazione che, anche se si è al cospetto di una scelta assunta attraverso una procedura informatica, non può che essere effettiva e di portata analoga a quella che il giudice esercita sull’esercizio del potere con modalità tradizionali.
Il Consiglio di Stato prosegue chiarendo che “…la decisione amministrativa automatizzata impone al giudice di valutare in primo luogo la correttezza del processo informatico in tutte le sue componenti: dalla sua costruzione, all’inserimento dei dati, alla loro validità, alla loro gestione. Da qui, come si è detto, si conferma la necessità di assicurare che quel processo, a livello amministrativo, avvenga in maniera trasparente, attraverso la conoscibilità dei datti immessi e dell’algoritmo medesimo.”
Alla luce delle sopraesposte riflessioni, il Consiglio ha ritenuto di accogliere l’appello, sussistendo nel caso di specie la violazione dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza, poiché non è dato comprendere per quale ragione le legittime aspettative di soggetti collocati in una determinata posizione in graduatoria siano andate deluse, ed inoltre “gli esiti della stessa (ndr. procedura) paiono effettivamente connotati dall’illogicità ed irrazionalità denunciate dalle appellanti, essendosi verificate situazioni paradossali per cui docenti con svariati anni di servizio si sono visti assegnare degli ambiti territoriali mai richiesti e situati a centinaia di chilometri di distanza dalla propria città di residenza, mentre altri docenti, con minori titoli e minor anzianità di servizio, hanno ottenuto proprio le sedi dagli stessi richieste”.