Distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate
Il Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria, con la sentenza n. 141 del 4 marzo 2019, ha annullato un permesso di costruire, impugnato per essere stato rilasciato ad una distanza inferiore a dieci metri dalla parete finestrata dell’edificio confinante.
L’articolo 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 secondo il quale “…è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti …”, fissa un limite inderogabile di distanza tra fabbricati a tutela, non del diritto alla riservatezza, bensì di imperative esigenze igienico-sanitarie salvaguardate con un divieto volto ad impedire la formazione di intercapedini nocive (cfr. ex multis, Cass. civ., Sez. II, 22 aprile 2008 n. 10387, 3 marzo 2008 n. 5741 e 28 settembre 2007 n. 20574; Cons. St. Sez. IV, 27 ottobre 2011 n. 5759 e 2 novembre 2010 n. 7731; TAR Abruzzo, Pescara, 3 luglio 2012 n. 328; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 22 giugno 2012 n. 1235).
E’ quindi necessario un distacco minimo di dieci metri nei casi in cui almeno uno dei due muri che si fronteggiano risulti munito di finestre, con la sola esclusione delle costruzioni situate in zona A e dei “…gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.
Il Tribunale ha quindi ribadito che la tassatività e l’inderogabilità della disposizione, precisando che tale distacco va calcolato con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano ed inoltre a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, indipendentemente anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela, purché ne sussista almeno un segmento tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate medesime porti al loro incontro sia pure per quel limitato segmento.
La prescrizione peraltro è sovraordinata rispetto alle disposizioni degli strumenti urbanistici locali ed immediatamente rilevante nei rapporti tra Amministrazione e privati e nei rapporti tra privati, nel senso che occorre disapplicare le eventuali previsioni locali difformi e considerare comunque efficace la norma di cui all’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, divenuta – per inserzione automatica – parte integrante dello strumento urbanistico, anche in sostituzione delle previsioni illegittime.