Energie rinnovabili: se la P.A.S. richiede o meno la voltura ai fini del trasferimento del titolo
La Sezione Seconda del Consiglio di Stato, con la sentenza dell’11 gennaio 2024, pronunciandosi sulla questione della decadenza dagli incentivi erogati per la produzione di energia green, afferma l’esigenza di semplificazione amministrativa, confermando altresì il principio della massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili sancito dal Giudice delle leggi.
Il caso concreto
Il 4 ottobre 2012, la società appellante acquisiva cinque impianti “on shore” di produzione di energia da fonte eolica, già abilitati, da agosto 2012, in capo alla precedente proprietà mediante Procedura Abilitativa Semplificata (P.A.S.).
L’odierna appellante, divenutane proprietaria, domandava e otteneva l’iscrizione nel registro informatico tenuto dal GSE, per l’accesso al regime incentivante.
Il Comune competente, solo il 26 giugno 2013, preso atto del trasferimento di proprietà in favore dell’odierna appellante, provvedeva a rilasciare le volture relative alla P.A.S.
Il 27 maggio 2014, l’odierna appellante chiedeva comunque chiarimenti al GSE in ordine alla necessità delle volture per l’iscrizione nel registro.
Pochi giorni dopo, però, l’Amministrazione adottava un provvedimento di decadenza dal regime incentivante, poiché l’odierna appellante, per effetto della voltura, avrebbe conseguito la titolarità delle autorizzazioni successivamente alle richieste di iscrizione nel relativo registro (quindi, in difetto dei requisiti previsti).
Avverso tale provvedimento l’odierna appellante, dapprima, proponeva ricorso al T.A.R. Lazio, che però lo rigettava. Nelle more, a seguito di un mutamento della normativa di settore, avanzava in via amministrativa pure un’istanza di riesame. Infine, proponeva ricorso in appello.
Le tesi contrapposte nei due gradi di giudizio
In primo grado
Secondo la Società ricorrente, la contestata decadenza aveva natura di provvedimento in autotutela adottato dall’Amministrazione in violazione delle garanzie procedimentali/partecipative e del difetto di motivazione.
Inoltre, era viziata nel merito e sproporzionata, poiché era illogico, irragionevole e ingiustificato richiedere la previa voltura nel caso di procedura autorizzativa semplificata (invero soltanto prevista nei procedimenti autorizzativi ordinari).
All’opposto, secondo il GSE e come condiviso in sentenza dal T.A.R., il potere amministrativo esercitato – ritenuto di verifica e controllo (quindi vincolato e scevro da limiti e garanzie) – era volto ad accertare la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall’interessato nella domanda di ammissione al registro.
E inoltre, secondo la normativa di settore, era legittimato all’iscrizione nel registro solo il soggetto titolare del titolo autorizzativo o concessorio dell’impianto, conseguendone l’inidoneità della dichiarazione della ricorrente di essere già titolare delle relative autorizzazioni, risultando dagli atti che le stesse erano state successivamente trasferite per effetto del provvedimento comunale.
In secondo grado
Tesi, queste, che per vero si radicalizzavano ancor più nel corso della controversia.
Secondo l’appellante – stando ai fatti – era infondata l’asserita mancanza di titolo autorizzatorio al momento della richiesta di iscrizione nel registro in questione, non potendosi sostenere che il titolo non fosse idoneo, vista la mancanza della voltura (e ciò non solo perché gli effetti del trasferimento non potevano farsi dipendere dal mero atto di voltura del Comune, ma essendo anche sufficiente il mero possesso del titolo autorizzativo).
Posto in ogni caso che la P.A.S. si perfeziona, attraverso una procedura semplificata, decorsi 30 giorni dalla dichiarazione del privato di voler iniziare un’attività se l’amministrazione non risponde.
Secondo il GSE, invece, la mancanza del titolo autorizzatorio al momento della richiesta di iscrizione nel relativo registro dimostrava che l’appellante non possedeva i requisiti legittimanti richiesti per l’accesso agli incentivi previsti per gli impianti eolici.
Orbene, in breve, per l’appellante la P.A.S. non richiedeva la voltura ai fini del trasferimento, mentre per il GSE era vero l’esatto contrario.
La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, condividendo la tesi dell’appellante, accoglieva l’appello nei seguenti termini.
In particolare il Collegio, pur non ignorando “…l’orientamento espresso con la pronuncia del Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2019, n. 2526, circa la necessità che la P.A.S. riguardi il soggetto alla quale è intestato fino alla voltura. La disciplina in materia prevede infatti la voltura per tutti i titoli ivi compresa la P.A.S…” osservava che nella fattispecie del caso concreto “…siano gli stessi elementi fattuali a denotare la fondatezza del gravame, dovendosi rilevare che l’odierna appellante acquisiva la P.A.S. dalla Enerpas S.r.l. con scrittura privata autenticata del 4 ottobre 2012…” e, quindi, che “…Tale circostanza fattuale denota un disallineamento tra autorizzazione e intestazione soggettiva non solo formale, ma anche sostanziale a prescindere dal successivo provvedimento comunale che consacra la voltura del titolo…”, con l’ulteriore effetto che “…Non si può quindi reputare insussistente il titolo sol perché l’atto di voltura, con il quale il Comune si è limitato a dichiarare il già perfezionato trasferimento, è pervenuto in data successiva alla iscrizione al registro…”.
Infine, il Collegio decidente, richiamando un precedente di altra Sezione del Consiglio di Stato, riconosceva pure che “…la P.A.S. è un atto di natura soggettivamente e oggettivamente privata … (Sez. IV, 4 gennaio 2023, n. 130) con la conseguenza che acquista efficacia senza la necessità di un’autorizzazione ad hoc…”.
Giungendo così a queste conclusioni, anche aderendo ulteriormente ad un particolare precedente della Corte Costituzionale.
Sentenza della Corte Costituzionale del 22 ottobre 2020 numero 237
Secondo il Consiglio di Stato, andrebbe comunque seguito anche nel caso a mani quel “…preciso indirizzo interpretativo che si ricava con particolare nitidezza dal recenziore intervento della Corte delle Leggi e in particolare espresso con la sentenza n. 237/2020 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione del d.lgs. n. 28/2011 che ha riservato ai soli impianti eolici, già iscritti al registro EOLN-RG2012, il beneficio della riammissione agli incentivi di cui al DM 6 luglio 2012…”.
In particolare, “…Tale pronuncia, in tema di comma 4-sexies dell’art. 42 – introdotto dall’art. 57-quater del d.l. n. 50/2017, conv. in l. n. 96/2017, al fine di sanare la posizione di alcuni impianti eolici che erano stati esclusi dai suddetti incentivi a causa dell’errata indicazione della data del titolo autorizzativo – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 4-sexies, del d.lgs. n. 28/2011, nella parte in cui – a parità di condizioni, ossia sul comune presupposto che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo non abbia effettivamente portato all’impianto alcun vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria – non prevede la riammissione agli incentivi per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili diversi dall’eolico, ovvero per impianti eolici iscritti in registri differenti da quello relativo all’anno 2012 (EOLN-RG2012)…”.
Per la Sezione decidente, più in dettaglio, era stato dirimente il passaggio della citata pronuncia costituzionale nella parte in cui sanciva che «…il complessivo assetto normativo descritto, e in particolare la ripetuta rimodulazione, in termini generali e non già settoriali, della prescrizione del comma 3 dell’art. 42 citato sul rigetto dell’istanza e sulla decadenza dagli incentivi in caso di violazioni “rilevanti”, dimostrano che la disposizione censurata è riconducibile a una più ampia ratio di sostegno della produzione di energia da fonti rinnovabili, comune a tutte quelle alle quali tale prescrizione si riferisce e non già peculiare del solo settore eolico con riferimento esclusivo al registro EOLN-RG2012. Quindi, opera il principio, anch’esso affermato da tempo nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “il legislatore, … una volta riconosciuta l’esigenza di un’eccezione rispetto a una normativa più generale, non potrebbe, in mancanza di un giustificato motivo, esimersi dal realizzarne integralmente la ratio, senza per ciò stesso peccare di irrazionalità” (sentenza n. 416 del 1996). Nel compiere tale valutazione non può del resto trascurarsi il preminente rilievo, costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, del principio della massima diffusione delle energie rinnovabili, che comporta un’esigenza di semplificazione dei procedimenti autorizzatori (sentenze n. 148 del 2019, n. 177 del 2018 e n. 275 del 2012)…».
Conclusioni
Il Consiglio di Stato, dunque, accogliendo l’appello della Società ricorrente, annullava la sentenza di primo grado e il provvedimento di decadenza, dando così maggiore rilievo alla circostanza dell’intervenuta voltura della P.A.S. in data utile, ancorché formalizzata soltanto successivamente dal Comune competente, favorendo sostanzialmente semplificazione e principio della massima diffusione delle energie green.